Juventus, ricordi di Varese e del Varese, prospettive future del club bianconero e del calcio italiano: sono questi i temi principali che Giuseppe Marotta ha toccato nel primo pomeriggio di oggi a Varese nell’Aula Magna dell’Università degli Studi dell’Insubria nell’ambito di un incontro-intervista condotto dal giornalista varesino Gianni Spartà. L’Amministratore Delegato della Vecchia Signora è stato ospite del secondo appuntamento di “L’Insubria intervista i vip”, una serie di tre appuntamenti organizzati dall’università bosina per gli studenti del Corso di Laurea triennale e magistrale in Scienze della Comunicazione (il terzo e ultimo meeeting è in calendario martedì 13 maggio e vedrà come protagonista il giornalista Franco Abruzzo, storico presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia). La sala, però, non si è riempita soltanto di studenti, ma anche di molti tifosi juventini, curiosi di sentire qualche novità in particolare sul prossimo mercato estivo: “Dobbiamo sempre mantenere il bilancio in equilibrio e non faremo spese folli”; e ancora: “Siamo una società compratrice e non venditrice”, ha dichiarato Marotta, allontanando, almeno per il momento, il pericolo di una possibile cessione di qualche pezzo da novanta.
Ad introdurre l’incontro Alberto Coen Porisini, rettore dell’Università degli Studi dell’Insubria, che ha ricordato come Marotta sia “uno dei tanti varesini che ora sono conosciuti in ambito internazionale e di cui siamo orgogliosi”. E proprio dalla varesinità del dirigente bianconero è partito il piacevole dialogo tra Gianni Spartà e Giuseppe Marotta, che per tanti anni ha risieduto ad Avigno dove ancora torna nei momenti di pausa. “Sono partito come magazziniere al Varese Calcio – racconta Marotta – e poi, poco a poco, mi sono fatto strada come dirigente e anche presidente biancorosso. Poi le strade si sono separate e ho lavorato al Monza, al Como, al Ravenna, al Venezia, all’Atalanta, alla Sampdoria e poi ora alla Juventus. Da ognuno dei presidenti delle società in cui sono stato ho imparato tanto; tutti mi hanno trasmesso non solo conoscenza, ma anche veri valori”. Sollecitato sulla vittoria per 5-0 del Varese sulla Juventus nel ’68, afferma: “Quella domenica ero alla stadio e facevo il raccattapalle. È stata una vera e propria impresa del Varese che andò in gol con una tripletta di Anastasi e le marcature di Vastola e Leonardi. Una giornata indimenticabile per me che allora ero un grande tifoso della squadra della mia città”.
Dai ricordi di Varese alla stretta attualità calcistica, con la Juventus che, dopo il 2-0 rifilato ieri sera al Livorno, sembra indirizzata verso la conquista del terzo scudetto consecutivo: “Abbiamo un buon margine, ma non dobbiamo abbassare la guardia. È tre anni che facciamo la lepre e alla lunga questo ci può costare un grande logorio mentale; il nostro condottiero Antonio Conte, però, è sempre riuscito a tenere tutti sotto pressione ed è anche grazie a lui che stiamo ottenendo questi ottimi risultati”. La Juventus, in un momento in cui “il calcio italiano è in grande involuzione, cosa che ci fa scivolare sempre più in basso nel ranking”, è un modello vincente anche fuori dal campo: lo stadio di proprietà, i centri commerciali ad essa collegati e anche il Liceo Juventus, una scuola fortemente voluta proprio da Marotta “per evitare la dispersione scolastica di molti ragazzi che coltivano la speranza, spesso solo l’illusione, di diventare calciatori professionisti. Per raggiungere questo obiettivo spesso trascurano la scuola, che invece è un aspetto che riteniamo fondamentale nel percorso di crescita e di maturazione di ogni ragazzo. Per questo motivo, abbiamo fondato il Liceo Juventus dove si conciliano bene attività sportiva e attività scolastica. È attraverso la scuola, in generale, inoltre, che si impara la cultura della sconfitta; si può vincere ma si può anche perdere e lo si deve accettare non scadendo nella violenza fisica e verbale. E noi italiani dobbiamo imparare molto su questo punto”.
Inevitabile, poi, una domanda sul possibile ritorno di Del Piero: “Chissà – chiosa Marotta -, non si può mai sapere cosa riserva il futuro. Di lui posso parlare soltanto bene come calciatore e come persona”. Se tra i giocatori più forti cita Maradona e Pelè, il manager più stimato è Alex Ferguson “non tanto perché è stato tanti anni al Manchester United, quanto piuttosto perché ha trasmesso valori importanti a chiunque gli sia stato a contatto, dallo staff, ai calciatori, alla dirigenza”. Colantuoni è invece la persona più importante della sua vita: “Mi ha aiutato a salire sul treno che mi passava davanti”.
Saper cogliere le opportunità è l’invito che Marotta, prima di congedarsi, dà alla platea di ragazzi che ha di fronte. “Oltre alle qualità, alle competenze, alla fortuna e alle motivazioni, ci vogliono valori umani forti. Il mondo del calcio, ad esempio, ti porta al vertice velocemente, ma non tutti hanno le qualità umane e l’umiltà per saper confermarsi in vetta. È questo il consiglio che vi do: siate umili e semplici, con buone ambizioni e traguardi, ma abbiate sempre rispetto delle persone che vi circondano”. Una lezione di calcio, di sport e di vita firmata Bebbe Marotta, uno che ce l’ha fatta, che è arrivato, ma che si ricorda sempre da dove è partito.
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Laura Paganini