A due anni dalla scomparsa di Peo Maroso, leggenda del Varese di cui è stato calciatore, allenatore, presidente e presidente onorario, il Varese ha voluto ricordarlo con semplicità, con una gita al Sacro Monte e un pranzo con pane e salame come amava lui. Come ha raccontato Mario Belluzzo davanti a staff e giocatori, “Peo quando le cose non andavano amava venire qui al Sacro Monte insieme alla squadra a mangiare un panino. Una volta ci è anche venuto di sabato, giorno di rifinitura. Aveva preferito che i ragazzi si concentrassero lontano da tutti piuttosto che lavorare sul campo. Da ragazzo quando la sua carriera poteva decollare, ha avuto la tragedia di suo fratello Virgilio, giocatore del Gran Torino morto nella tragedia di Superga e poi smise di giocare perché gli diagnosticarono un soffio al cuore. Andò a lavorare alla Fiat e ricominciò dai dilettanti fino a diventare ciò che è stato”.
“Io l’ho conosciuto negli ultimi dieci anni – ricorda il tecnico Stefano Bettinelli -. Quando arrivava un nuovo allenatore veniva negli spogliatoi a dare il benvenuto e capiva subito come sarebbe andata la stagione. Lo definisco uno di noi come modo di pensare”.

Al ristorante Le Colonne la squadra biancorossa, capitanata da Neo, era al gran completo. Presenti anche Paola Frascaroli, dell’ufficio marketing, legata da un profondo affetta a Maroso e alla sua famiglia, il team manager Silvio Papini, il ds Lele Ambrosetti, che Peo Maroso ha fatto esordire in prima squadra, Ottavio Biasibetti e i figli Daniela e Virgilio. Il presidente Laurenze e il dg D’Aniello non hanno potuto presenziare per via della riunione in Lega. L’incontro ha permesso di capire chi è stato Maroso anche a chi non lo ha conosciuto.

 

Di fronte al Varese riunito, la figlia Daniela ha letto questo scritto del giornalista Claudio Piovanelli:

Cari amici, siamo al Sacro Monte, luogo simbolo di Varese, un po’ per rispettare una tradizione che da molti anni ci vuole qui in una sorta di beneaugurante pellegrinaggio ma anche e soprattutto per ricordare Peo Maroso, che ci ha lasciato due anni fa e che del Varese è stato indimenticabile interprete da giocatore, da allenatore, da presidente e infine da presidente onorario, con una peculiarità: in ciascuno dei ruoli che ha occupato nella nostra società, è stato sempre vincente.

Peo ha vinto campionati da giocatore, da allenatore e infine da dirigente; in quest’ultima veste lo ha fatto con il Varese 1910, che è nato solo dieci anni orsono anche grazie al suo impegno e che in un così breve lasso di tempo ha percorso passi da gigante, se pensiamo che partendo dall’Eccellenza si trova quest’anno a disputare il suo quinto campionato di serie B.

Peo, che non era nato a Varese ma che varesino lo era diventato per adozione e per lo straordinario affetto che sempre gli hanno manifestato i tifosi biancorossi, era molto affezionato al Sacro Monte. Ci veniva, con la squadra, da giocatore e da allenatore, poi ha voluto che anche il “1910” salisse quassù, una tradizione rinnovata praticamente ogni anno e che aveva anche un significato beneaugurante se non proprio scaramantico.

Peo, ne sono certa, è felicissimo di vederci qui, tutti insieme, non solo perchè è l’occasione per ricordarlo ma perchè sa perfettamente che queste situazioni aiutano a cementare il gruppo, a stare meglio insieme, aiutano a superare i momenti di difficoltà che ogni squadra si trova ad affrontare o ad accentuare l’entusiasmo quando tutto gira per il meglio.

Certo non basta la visita al Sacro Monte per garantirsi dei buoni risultati. Ma ancora Peo Maroso ci viene in soccorso, con il suo esempio, fatto di abnegazione e di impegno, gli elementi capaci di far superare ogni avversità, come proprio a lui ci ha insegnato nel corso di una vita in cui si trovò ad affrontare tante difficoltà.

E questo Peo chiede adesso anche a voi ragazzi: abnegazione, impegno e amore per i colori che indossate e che (insieme con quelli granata) sono stati i suoi per tanti, tanti anni.

 

Elisa Cascioli