Quasi diecimila spettatori si sono
riversati nel catino di Masnago per
la gara di ritorno playoff con il Padova.
Tutti pronti a sostenere la rimaneggiata
truppa di Sannino nell'impresa di ribaltare
la sconfitta di gara-uno.
Anche il sole vuole godersi lo spettacolo.
Il cielo si apre al fischio di inizio dell'arbitro
Tozzi, le nuvole che hanno bagnato
la giornata si fanno da parte per tutta la
durata del match. Il Padova scende in
campo con la stessa formazione dell'andata,
Dal Canto (beato lui) non ha problemi.
Carrozza si è “strappato” allo Stadio
Appiani, Zecchin non è riuscito a battere
la pubalgia, Sannino è senza ali ma la sua
squadra vola ad alta quota. In neppure
cinque minuti il rione di Masnago trema
due volte. In occasione dei gol di Pisano
e Neto Pereira. All'11' il portiere Cano
ribatte una punizione di Nadarevic, raccolta
da Pisano e spedita in porta da
distanza ravvicinata. Al 15' è Pisano a
fuggire lungo la fascia, mette in mezzo un
cross teso, Neto fa il velo e chiude il triangolo
con Nadarevic che lo libera davanti
la porta: 2-0! E' tutto facile, troppo. Al
20' Italiano non trova ostacoli lungo il
suo cammino, riparte dalla propria area e
supera palla al piede la metà campo, serve
El Shaarawy dimenticato nella trequarti,
il gioiellino di proprietà del Genoa con un
destro a giro supera Zappino da fuori area
e dimezza le distanze. Passano pochi
secondi e Neto si infortuna, abbandona la
lotta lasciando il posto alla “formica atomica”
De Luca. Dopo un paio di tentativi
di Ebagua (missile alto dalla distanza e
mezza rovesciata non riuscita) si va negli
spogliatoi con il Varese in vantaggio.
Neppure il tempo di riprendere a giocare
che il Padova approfitta di una distrazione
difensiva su punizione e trova il pari
con Legati. Tutto da rifare. Nadarevic
dalla sinistra mette in mezzo un pallone
che coglie impreparata la difesa veneta,
De Luca è libero in area e dal dischetto
segna il 3-2 con la freddezza di un veterano.
Masnago è nuovamente in orbita, ma
il pubblico biancorosso torna presto con i
piedi per terra. El Shaarawy, ancora lui,
vince un rimpallo con Dos Santos e infila
ancora Zappino sul primo palo: 3-3. Dal
paradiso all'infermo per la seconda volta.
Ci sarebbe anche il tempo per recuperare,
ma le energie cominciano a mancare. Il
pubblico se ne accorge e negli ultimi cinque
minuti di recupero intona cori di ringraziamento
per i Sannino-boys. E' tutto
scritto, come ama ricordare il tecnico,
anche un finale che mai avremmo voluto
leggere. Lacrime negli occhi, incredulità
nei volti, vuoto nell'anima. Ci vuole un
quarto d'ora perché il Varese abbandoni
quel terreno di gioco inviolato e crudele.
L'impresa è solo sfiorata. Non sempre le
favole hanno il lieto fine. Ma quando si prova a raccontare quello che la
Varese sportiva ha vissuto negli ultimi
tre anni si sfiora la leggenda. Gli
elementi giusti perché la rinascita
calcistica biancorossa assomigli alla
sceneggiatura di un film ci sono
tutti. Una squadra allo sbando che
giace nell'ultima posizione della
classifica. Una società nuova che
cerca la via di uscita per superare la
crisi con cui ha cominciato il cammino.
Un allenatore reduce da due
promozioni consecutive e rimasto
senza squadra. Un finale dal sapore
amaro, che rende ancora più dolce
una pellicola scritta dalla quotidianità.
Quello che è successo dal 5
ottobre 2008, giorno del debutto di
Sannino sulla panchina del Varese,
ad oggi è cosa nota. Lo slancio con
cui il tecnico di Ottaviano è tornato
ai piedi del Sacro Monte ha portato
ad una risalita immediata, incredibile,
travolgente. Partendo dai margini
del calcio professionistico il Varese
è arrivato fino ai playoff per accedere
nell'Olimpo della pedata nostrana.
Il domani è già qui e il futuro del
Varese dovranno scriverlo altre persone.
Non passano neanche ventiquattro
ore dal pareggio-sconfitta
con il Padova che mister Sannino
convoca la stampa e annuncia il suo
addio al Varese: “Ci siamo lasciati
ieri con tanto pathos e vi garantisco
che anche per quello che sto per
dirvi non ho dormito. Ho voluto
incontrarvi perché ho sempre avuto
con voi, con i tifosi, con la città un
rapporto schietto, speciale. Mi sono
sempre esposto in prima persona e
ritengo giusto che quanto sto per
dirvi venga fuori dalle mie labbra e
non da una agenzia di stampa.
Voglio mettervi subito al corrente di
quanto è successo.
Quello che vi sto per dire io volevo
farlo con il Varese. Non solo per la
città, la società o la squadra, ma
per i ragazzi. Conquistare le serie
A sul campo sarebbe stata una
cosa bella e straordinaria. La
telefonata mi è arrivata ieri sera,
poco dopo la partita. Mi hanno
invitato a Roma, ho comprato un
biglietto al volo ed ho raggiunto la
capitale per un colloquio. Appena
rientrato a Malpensa mi hanno
richiamato offrendomi di allenare
il Siena. Ora potrò sedere su una
panchina di serie A, obiettivo che
fino all'ultimo respiro ho cercato
di raggiungere con il Varese. Non
ho potuto gioire di una cosa per
me così importante dal punto di
vista professionale, dopo poche
ore dall'eliminazione con il Padova.
È accaduto troppo presto. Da
quei pochi appassionati che ci
seguivano in C2, abbiamo portato
un fiume di persone allo stadio.
Tifosi storici accanto ad
altri nuovi, uniti dalla propria
squadra di calcio. Vorrei che
ognuno di loro si possa sentire
orgoglioso: se io vado in Serie A,
il top per un allenatore, è perché
migliaia di persone mi hanno
spinto attraverso l'entusiasmo e
l'affetto con cui sono stato circondato.
Varese resta la mia
casa, la mia storia, la mia città”.