C’è una cosa che si chiama coerenza, è un atteggiamento, una filosofia di vita, un modo di comportarsi. A volte rischia di essere confusa con la testardaggine, in realtà si tratta di convinzione, nelle proprie scelte o idee, da rispettare e seguire anche quando sembrano poco felici. Perché il più delle volte rimanere fedeli a un progetto può portare al suo compimento. La scorsa estate il direttore sportivo Milanese ha puntato su Stefano Sottili e gli ha affidato la panchina del Varese. Dopo la sconfitta di Bari gli ha quasi dato un ultimatum.
Forse mettere in discussione l’allenatore a questo punto della stagione significa fornire un alibi ai giocatori, a quelli che dopo lo spumeggiante avvio sembrano quasi voler campare di rendita. In Puglia il Varese è stato latitante per un’ora, ha dovuto subire il torto di un rigore inesistente e la conseguente ingiusta espulsione di Rea per reagire al fato avverso e a un arbitraggio distratto. A bordo campo le telecamere insistevano sugli occhi sgranati di mister Sottili e le urla continue nei confronti dei giocatori che passeggiavano in campo.
Non tutti però. Prenderei come esempio Franco, partito da lontano, dalla panchina, per guadagnare la maglia da titolare. A Bari ha coperto, difeso, impostato, affondato, lottato fino all’ultimo minuto. E’ questo l’atteggiamento che i tifosi amano. Che si può tradurre in tre parole: attaccamento alla maglia.
Ci sono carenze nell’impostazione della squadra che i gol di Pavoletti hanno nascosto. Tanto per cominciare mancano le ali, gente come Grossi, Carrozza, Rivas, Oduamadi, tanto per ricordare alcuni giocatori che nel recente passato sono passati da queste parti. Chi è in grado di saltare l’uomo, procurarsi la superiorità numerica e fornire assist agli attaccanti? Zecchin da solo non basta, Laazar è tutta potenza ma è ancora acerbo e per questo discontinuo, come Fiamozzi la cui assenza a Bari si è sentita. Quando non c’è Rea si avverte la mancanza di un centrale difensivo d’esperienza (inutile continuare a domandarsi come mai un ritorno di Pesoli o Terlizzi non è mai stato preso in considerazione). In attacco poi siamo ancora lontani dal vedere il vero Neto, quello che fa impazzire le difese, gonfia la rete, ispira i compagni di reparto.
Insomma: c’è molto da lavorare, soprattutto a livello mentale. Nessuno dovrà più scendere in campo con le gambe molli e la testa vuota. In momenti di difficoltà come quello che sta attraversando adesso il Varese è giunto il momento di compattarsi, di fare quadrato, di chiudersi nello spogliatoio e trovare le cause dell’involuzione cominciata nel secondo tempo di Padova. Subito dopo le soluzioni. Questa non è una squadra di fenomeni, ma di gente che deve combattere ogni minuto, ogni secondo, fino a quando l’arbitro non dice che è finita. Quando ha ragionato da prima della classe (appunto dopo l’intervallo di Padova) ha perso quello spirito operaio che ha portato in vetta alla graduatoria.

Vito Romaniello
Direttore AGR