Nonostante la crisi societaria, l’ipotesi del fallimento, la retrocessione quasi certa, i “fattacci” dello stadio, il nostro viaggio nel mondo del Varese prosegue. Dalla storica figura dalla quale siamo partiti, ovvero Silvio Papini, abbiamo deciso di fare un balzo tra i giovani volti biancorossi. E così siamo approdati direttamente all’Ufficio Comunicazione del quale, oltre a Marcello Vitella e Michele Marocco, fanno parte Stefano Ferré e Omar Valentini.
Laureato alla Bocconi in Economia e Marketing, Stefano, nato a Legnano il 16 agosto 1988, è approdato in biancorosso proprio grazie al suo percorso di studi. Nei corridoi di via Manin ha, infatti, iniziato come stagista nell’aprile del 2012.
Come è stato il tuo percorso?
“Ho iniziato con tre mesi di stage all’ufficio marketing guidato dalla preziosa Paola Frascaroli. Il calcio è da sempre la mia passione e ho sempre sognato di lavorare in una società professionistica. Mandai diversi curriculum e il Varese mi contattò. Terminata quella stagione con la Serie A sfiorata, rimasi in società come addetto alla biglietteria e poi passai all’Ufficio Stampa dando una mano a Michele Marocco”.
Parlaci del tuo “indimenticabile” incontro con Beppe Sannino…
“Un episodio storico, per il quale ancora oggi Silvio Papini mi prende in giro. Ero in sede da pochi giorni, arrivai in punta di piedi, con la timidezza di chi sta realizzando il suo sogno. Un giorno Sannino, approfittando di una giornata di pausa della Serie A, si presentò in sede per salutare tutti. Mi presentai e mi disse: ‘E tu chi ca.. sei?’. Io rimasi letteralmente scioccato perché non conoscevo il suo modo di fare. Subito dopo mi mandò a quel paese e non la presi benissimo. Proprio in quel frangente mi fi chiara la sua personalità”.
Qualche altro aneddoto da raccontare?
“Non dimenticherò mai la qualificazione alla finale playoff ottenuta a Verona. Ero in tribuna stampa ad un passo dai tifosi di casa e fu stato difficile trattenermi dopo quel gol di testa di Terlizzi. Rischiai davvero grosso. Un altro episodio curioso è successo lo scorso anno quando a Novara ho avuto un battibecco con un ‘giornalista locale’ che ci aveva ferocemente attaccati. Io risposi a parole, Pavoletti sul campo. Direi che in questi tre anni ho vissuto emozioni incredibili”.
ferréCosa ti rimarrà sempre nel cuore?
“In particolare ci sono state due iniziative bellissime realizzate dalla società lo scorso anno. La prima fu portare 2.500 bambini allo stadio in occasione di Varese-Juve Stabia, l’altra il progetto A regola d’arte culminato con una mostra bellissima”.
Considerate le innumerevoli vicende che hanno caratterizzato le ultime due stagioni, in particolare quella attuale, qual è stato il momento più difficile da gestire dal punto di vista della comunicazione?
“Quest’anno ne sono successe di ogni. Abbiamo fatto un grande bagaglio di esperienze e sembra siano passati 20 anni. Gestire il doppio cambio di allenatore nel giro di una settimana (Bettinelli-Dionigi-Bettinelli) non è stato facile. Saper comunicare con le giuste parole senza che le decisioni vengano travisate o mal interpretate non è semplice”.
Stipendi in ritardo, fallimento probabile, retrocessione ad un passo, tifosi che distruggono lo stadio. Come si lavora in un clima del genere?
“Lavorare in una situazione così mi sta temprando. Ho imparato cosa significa essere un professionista. Sui libri leggi come gestire le crisi, ma viverle è tutta un’altra cosa. Gli ostacoli incidono sulle performance di ognuno di noi, ma siamo ancora tutti lì. La mattina ci svegliamo e andiamo a lavorare in sede dove a guidarci c’è Giuseppe D’Aniello. Ce la stiamo mettendo tutta. E’ il miglior esempio di professionalità”.
A proposito di professionalità. Dal punto di vista della comunicazione il Varese è sempre più “social”…
“Abbiamo migliaia di persone che ci seguono tramite facebook, twitter e instagram. I nostri profili sono aperti e quindi consentiamo ai tifosi di commentare. Vista la stagione difficile alcuni di loro si scatenano e si lasciando andare alla rabbia. Tramite i social network abbiamo un contatto diretto con l’umore della piazza e purtroppo quest’anno abbiamo sofferto insieme ai nostri tifosi”.
E’ inutile nasconderlo. Al primo posto nel tuo cuore c’è l’Inter…
“L’Inter è il mio grande amore e l’ho sempre seguita da vicino sia nel bene che nel male. Sono sempre presente al Meazza e per questo motivo posso dire che capisco benissimo la rabbia dei tifosi del Varese e la loro sofferenza. Spesso dalla passione e dal dolore nascono cose positive. Non a caso due giovani tifosi del Varese hanno creato due bellissimi blog: Una donna nel pallone e Un amore così Varese. Per molti tifosi non si tratta solo di una partita di calcio, ma è una vera e propria ragione di vita. Un qualcosa che condiziona anche lo stato d’animo”.
Il tuo sogno?
“Come tutti mi auguro che il Varese possa risolvere i problemi e spero di continuare qui la mia carriera professionale. In questi anni mi sono costruito tante amicizie e diventerebbe difficile per me dover salutare. Se devo sognare in grande, mi auguro una carriera nel mondo del calcio, magari in Serie A o all’estero. Mi è sempre piaciuta la figura del Team Manager, stare a stretto contatto con la squadra….”.

Ad aiutare Ferré nelle sue mansioni c’è Omar Valentini, laureato in Economia e Commercio all’Università degli Studi dell’Insubria, anche lui approdato in biancorosso tramite uno stage. Nato a Luino il primo giugno 1987 è entrato a far parte della famiglia biancorossa da questa stagione.
“Seguo da sempre il calcio, anche se ho sempre giocato a basket – racconta -. Tifo la Pallacanestro e il Varese da quando sono nato e ho avuto la possibilità di realizzare il mio sogno, ovvero lavorare per la mia squadra del cuore. Ho sempre visto le partite del Varese allo stadio e adesso viverle da dentro è ancora più bello. Negli ultimi anni sono arrivate gioie immense che il dolore di questa annata maledetta non cancellerà. Credo che essere prima di tutto tifosi aiuti a sopportare meglio i carichi di lavoro che altrimenti sarebbero difficili da gestire. Lavorare accanto a Stefano è fantastico. Siamo giovani, abbiamo le stesse idee e oltre ad essere colleghi siamo anche diventati amici. La nostra notevole intesa mi ha agevolato e mi sono inserito bene nel gruppo di lavoro. Di quest’anno non dimenticherò mai la gioia e l’esultanza al gol di Zecchin a Brescia. Era la mia prima trasferta e mi sono davvero sentito parte di una squadra. Sogno di rimanere in questo campo e come tutti mi auguro che il Varese possa risollevarsi”.

Elisa Cascioli