Massimo Bulleri è il giocatore in attività con più presenze e più minuti nel massimo campionato. Veterano di lungo corso del basket italiano, è stato una colonna della nazionale nel primo decennio degli anni 2000. I traguardi più prestigiosi li ha raggiunti con Treviso: due Scudetti, quattro Coppe Italia, due Supercoppe Italiane, una Coppa Saporta, due premi di MVP del campionato (per le stagioni 2002/2003 e 2004/2005) e un riconoscimento come miglior giocatore della Coppa Italia (2005). In azzurro è stato protagonista del bronzo agli Europei del 2003 e dell’argento alle Olimpiadi del 2004. Nella nazionale di Recalcati si alternava in cabina di regia con Gianmarco Pozzecco.
Bulleri è arrivato a Varese dopo 16 stagioni di Serie A e porta in dote un bagaglio di esperienze che nessun altro componente del roster può vantare. Inizialmente aggregato per il training camp, il playmaker di Cecina ha convinto Moretti e il suo staff ed è stato confermato per la stagione. Nelle ultime giornate è cresciuto il suo minutaggio e il suo impatto difensivo ed offensivo è stato importante per la squadra.

Quali emozioni e motivazioni ti spingono ancora su un campo da basket?
“Ho intrapreso questa avventura perché sento un grande desiderio di competere e un grande spirito di sfida. Ritengo sia una sfida stimolante perché ho la possibilità di mettermi in gioco ad un’età non più verdissima con ragazzi più giovani. I giocatori con cui condivido questa stagione hanno per forza di cose motivazioni diverse e un futuro da scrivere. Ho la volontà di aiutarli in questo percorso, di fare la mia parte”.

Hai sempre conosciuto Varese da avversario. Arrivare qui ha confermato le impressioni che avevi da fuori?
“Sì, l’impatto con questo club le ha mantenute e persino rafforzate. Varese è una città che vive per la pallacanestro, anche perché gli altri sport o non ci sono o non stanno vivendo momenti particolarmente gloriosi. Inoltre, qui c’è un passato leggendario a cui tutti fanno riferimento e trovo che sia giusto così, la tradizione è una parte importante di questo club. In questa città la gente è estremamente conscia di quello che dice quando parla di basket, c’è un pubblico competente. Lo avverti al palazzetto e persino per la strada. Già da avversario avevo avuto la sensazione che Varese fosse così”.

Come si spiega l’importanza di Varese-Cantù ai giovani e agli stranieri?
“Il concetto di derby in fondo esiste anche in America, basti pensare alle grandi rivalità che animano il college basketball: partite come Kansas-Kansas State e Kansas-Missouri o Duke-North Carolina e tutte le altre rivalries di quella zona. Gli americani conoscono bene il sapore di sfide come questa. In questo senso è facile trasferirlo senza particolari sforzi. Basta nominare i grandi duelli americani e capiscono subito di quale livello si stia parlando. Oltre alla bellissima atmosfera che ci sarà, però, dobbiamo capire che la partita ha anche altri aspetti importanti: è fondamentale vincere per muovere una classifica che si sta facendo difficile”.

Quali problemi ci sono stati finora e come si può uscire da questo momento?
“Di problemi ce ne sono stati tanti a diverso livello, ma considerando la mia posizione non penso che sia il caso di esternarli. Non spetta a me un certo tipo di analisi, io da parte mia devo solo cercare di fare il meglio possibile in allenamento e in partita. Devo mantenere un atteggiamento propositivo e cooperativo nei confronti di chi lavora al mio fianco”.

Filippo Antonelli