Nello scorso mese di febbraio, in seguito alle dimissioni di Ciavarrella, avevamo raccontato tutti i cambi di vertice degli ultimi anni del Varese, anni complicatissimi e senza pace tra retrocessione, fallimento, continui cambi di allenatori e infinite guerre interne. Vi riproponiamo lo stesso articolo con l’aggiunta dell’ultimo ‘atto’, quello che riguarda Baraldi. Il 2 febbraio avevamo concluso con il capitolo “Avanti un altro…” in cui ci eravamo chiesti se la bandiera biancorossa avrebbe potuto sventolare senza timori verso il futuro: ancora una volta la risposta è stata negativa.
Ci sono tornate in mente le parole scritte da alcuni, pronunciate da altri, urlate dai tifosi durante una dura manifestazione nell’estate del 2014: “Ripartiamo dal basso, serve fare piazza pulita, Varese ai varesini”, un desiderio, un bisogno impellente che all’epoca fu effettivamente soddisfatto. Peccato si sia finiti dalla padella alla brace, in balia di chi pur con tutto l’amore possibile verso i colori biancorossi non ha potuto mettere in campo competenze, forse perchè sprovvisto di esse.
L’estrema richiesta del momento quale potrebbe essere? Di sparire? Di fare un anno di purtagorio per poi tornare “puliti”? E chi decide chi ha le “mani pulite” e chi no?

ERA ROSATI – Estate del 2008, Antonio Rosati arriva ai piedi del Sacro Monte, affiancato dal braccio dentro Enzo Montemurro, e diventa presidente della squadra ripartita nel 2004 dall’Eccellenza con la famiglia Sogliano. La squadra, iscritta in Seconda Divisione vince il campionato. L’anno dopo, quello del centenario, il Varese festeggia la promozione in Serie B attraverso i playoff.
Rosati rimane alla guida del club per altre tre stagioni che coincidono con semifinale playoff per la Serie A, finale playoff per la Serie A e playoff sfiorati. Poi l’esperienza al Genoa e in seguito l’arresto con Limido e Montemurro.

PERIODO LAURENZIANO Nel frattempo si avvicina Nicola Laurenza come main sponsor. Mister Oro in Euro diventa presidente nell’estate 2013 raccogliendo il testimone di Rosati che un anno e mezzo dopo, insieme a Montemurro, sarà coinvolto in un’inchiesta su una maxi evasione che gli costa il carcere.
Laurenza resta ai vertici per due stagioni e mezzo: nella prima la squadra riesce a salvarsi ai playoff, a metà della seconda, ritrovandosi con debiti insanabili, lascia l’incarico poco dopo l’arrivo di Antonio Imborgia col ruolo di vicepresidente esecutivo. Anche quest’ultimo però abbandona la nave tre mesi più tardi.

VULCANO CASSARA’ A questo punto sale in cattedra, siamo a marzo 2015, Pierpaolo Cassarà; un incarico breve, il suo, che passa alla storia per le sue sparate finite anche su Striscia la Notizia. Una su tutte? “Il genoma esplosivo”. La squadra non riesce a salvarsi in Serie B. Nel frattempo il direttore generale Giuseppe D’Aniello cerca di salvare il salvabile.

LAMPO ALI’ – A fine giugno ecco che spunta il personaggio misterioso Alì Zeaiter. Si presenta a Palazzo Estense come nuovo presidente, vi ricordate la sua parola d’ordine? “Business!”; al suo fianco c’è Massimo Trainito. La sua è una vera e propria apparizione perché scomparirà letteralmente dai radar poco dopo dimettendosi senza iscrivere la squadra in Lega Pro.

LA GUERRA AI TEMPI DI CIAVARRELLA – Il Varese fallisce e riparte dalle stanze del Comune. La città fa nascere una nuova società (lo storico tifoso Enzo Rosa è tra i fondatori) e la iscrive al campionato di Eccellenza. L’incarico di presidente va a Gabriele Ciavarrella, imprenditore varesino che guida il gruppo Life e che si avvicina al calcio per la prima volta. Arriva la vittoria e poi la Serie D; durante la stagione aumenta il peso specifico del dg Paolo Basile ed entra in società il numero uno della Ital, Aldo Taddeo come vicepresidente. In società però non c’è armonia e manca un accordo di massima sul futuro, questo spinge Ciavarrella a dare le sue dimissioni in lacrime.

L’INCOGNITA BARALDI – Il pallanuotista 27enne è arrivato in pompa magna facendo proclami sui progetti futuri, garantendo il ripianamento dei debiti, parlando di risalita verso la Serie B. Parole in cui probabilmente credeva ma che evidentemente si sono scontrate con la realtà. Il suo addio c’è stato appena 60 giorni dopo l’insediamento, al termine della finale playoff persa dal Varese col Gozzano: “I mie impegni mi portano altrove, cambierò nazionalità” le sue motivazioni che non hanno convinto. “Una visione diversa di vita e di sport mi porta da un’altra parte” ha poi aggiunto lasciando intendere, come se ce ne fosse il bisogno, che i perché stanno da un’altra parte. Cosa non ha funzionato nell’alleanza con Taddeo e Basile? E soprattutto come cambierà il Varese? Domande che ad oggi non hanno ancora una risposta. Riuscità mai il Varese ad avere un lieto fine?

Elisa Cascioli