La notizia è che non c’è una notizia. Cioè, no news is good news. A seconda dei punti di vista. La Pro Patria 2018/2019 sarà parecchio simile a quella che ha appena chiuso la stagione con il double promozione/Scudetto. Facciamo pure identica sul piano societario, molto prossima su quello tecnico. Come era chiaro il 4 giugno nelle dichiarazioni rese a Palazzo Gilardoni (“Sarebbe molto facile per me lasciare adesso da vincente. Ma non posso farlo a certe condizioni”), Patrizia Testa aveva già da tempo tratto il dado della nuova regata in (semi)solitaria. Rimbalzando come aveva fatto l’anno passato con il binomio Galli/Simonini, anche le più o meno recenti avances del tandem Calleri/Gravina. Corretto, azzardato, lungimirante? Ognuno si dia la risposta che crede. Tanto l’unica che conta è quella della presidentessa tigrotta.

Dopo i successi a nastro degli ultimi mesi, il patto d’onore con gli uomini che li avevano permessi (Turotti e Javorcic su tutti), era troppo forte per metterlo a rischio con ribaltoni nel cda di via Cà Bianca. Non era stato fatto 12 mesi fa quando i risultati avrebbero anche potuto legittimarlo. Figuriamoci oggi con il tricolore pronto ad essere cucito sull’attesissima maglia del Centenario. Nella certezza che per trovare compagni di strada, c’è sempre tempo.

Non sarà però un’avventura. Non potrà esserlo per le sfide (tecniche ed economiche) che la Serie C comporta. E per l’esperienza che il vertice societario biancoblu ha maturato nell’ultimo triennio. Senza il timore di svelare chissà quale retroscena, qualche settimana fa chiacchierando con Sandro Turotti a margine della firma al Wall of Fame del Pro Patria Museum, il biellese fece le carte al suo futuro confidando: “Se si fanno le cose per bene, io ci sono”. Lui è rimasto. Quindi…                                    

Giovanni Castiglioni