A gennaio il Covid-19 ci sembrava qualcosa di lontano, molto lontano. In Cina si erano verificati i primi casi e solo parzialmente si era intuito il pericolo che l’epidemia potesse arrivare anche da noi e svilupparsi rapidamente e con così tanta violenza. Cosa che, invece, purtroppo, è avvenuta in Italia, nella nostra regione e nella nostra provincia dove ha mietuto e sta ancora causando innumerevoli vittime.
Chi è passato attraverso questo inferno e ne è uscito è Massimo Longo, conosciutissimo nel mondo del basket varesino perchè ha gestito per anni il bar del palazzetto e ora è titolare del locale “Catà Sü” in centro a Varese.
Come stai, innanzitutto?
“Adesso sto bene. Ho recuperato appieno dal punto di vista polmonare e respiratorio e l’unica cosa che mi è rimasta è solo un po’ di intorpidimento alle gambe. Clinicamente, però, sono completamente guarito: poco prima di Pasqua i due tamponi ai quali mi sono sottoposto sono risultati negativi e il test sierologico che ho fatto mercoledì ha dimostrato che ho sviluppato gli anticorpi IgM e IgG, ossia quelli che l’organismo produce contro alcune proteine dell’involucro virale, e che ho raggiunto l’immunità. La mia dottoressa mi ha detto che finalmente posso tornare ad abbracciare i miei cari e che posso donare il mio sangue che potrebbe essere utile nella cura di persone ancora ammalate. Ho dato la mia disponibilità e a breve potrei donare”.
Com’è iniziato il tutto? Ti va di raccontarlo?
“Ho lavorato nel mio bar finché le leggi l’hanno consentito. Non so se ho contratto il virus lavorando, ma ricordo che, proprio l’ultimo giorno di apertura, sono venute a bere un caffè due persone che tossivano molto e le ho servite al tavolo io. Non so se c’entra qualcosa e se mi sono ammalato in quella situazione, ma qualche giorno dopo, dunque ai primi di marzo, ho cominciato ad avere la febbre. Non era altissima e solo a volte ho toccato i 38°, ma non mi sentivo bene. Ho qualche patologia respiratoria e sono andato dalla mia dottoressa per farmi auscultare e lei mi ha prescritto antibiotici e cortisone e una lastra urgente ai polmoni perchè ha sentito che qualcosa non andava. Ma non ho fatto in tempo a farla perchè la situazione è precipitata prima”.
Che cosa ti è successo?
“La sera del 7 marzo mi è ritornata di colpo la febbre e soprattutto facevo molta fatica a respirare, man mano sempre di più. Avendo in casa il saturimetro, ho misurato l’ossigenazione del mio sangue che era 89, un valore che indica una moderata ipossia, e ho chiamato il 112. In quel momento non ero del tutto cosciente, ma mi ricordo che, proprio mentre mi stavano portando via, ho preso e ho messo nella tasca della maglietta che indossavo una piccola Madonna di Lourdes che ho sopra al mio comodino. L’ho portata con me”.
Dove ti sei risvegliato?
“Mi hanno condotto all’ospedale di Tradate e mi sono ritrovato in una stanza ricavata dietro al Pronto Soccorso e che non era attrezzata per lo stato in cui io e gli altri 8-9 pazienti versavamo. I medici e gli infermieri sono stati tutti premurosi, efficienti e sempre presenti, nulla da dire, ma purtroppo con pochi macchinari a disposizione. Sono rimasto per tre giorni in quella stanza, aiutato a respirare con l’ossigeno e con un apparecchio per la ventilazione che mi ero portato da casa. Per fortuna non sono stato trasferito in Terapia Intensiva perchè il mio corpo ha reagito bene alla terapia a base di antibiotici; ho visto, però, alcuni miei compagni di stanza aggravarsi, essere trasportati in altre stanze e non tornare più. Sono stati giorni duri e l’esperienza che ho vissuto è stata fortissima, non la dimenticherò mai”.
Dopo tre giorni sei stato dimesso ed è iniziata la tua quarantena a casa?
“Esattamente. Già prima di essere ricoverato, mi ero autoisolato dalla mia famiglia e mi ero ricavato un mio spazio in una stanza della casa perchè temevo di essere stato contagiato. Anche al ritorno dall’ospedale ho fatto altrettanto: dal 10 di marzo mi sono isolato di nuovo in una camera e ho seguito alla lettera la terapia farmacologica che mi avevano prescritto. Anche ora che sono guarito preferisco stare un po’ a distanza perchè la prudenza non è mai troppa e non voglio mettere a rischio i miei familiari. Il mio medico mi ha chiamato tutti i giorni per sapere i miei parametri vitali e per fortuna non ho mai avuto una crisi o una ricaduta della malattia”.
Quanto è durata la quarantena?
“Trascorsi almeno 20 giorni dal mio ritorno a casa dall’ospedale e terminata la terapia, ho chiamato l’ASST Sette Laghi per poter definire un controllo, ma solo al terzo tentativo sono riuscito a farmi fissare la data del primo tampone. Purtroppo, non so per quale motivo, non risultava che fossi stato dimesso dall’ospedale e il mio nome non compariva. Sistemato l’inghippo, ho potuto fare due tamponi di verifica che sono risultati entrambi negativi”.
Hai sconfitto il Covid-19, ma come stai dal punto di vista psicologico? Che strascichi ti ha lasciato?
“Per giorni non ho voluto guardare nessun telegiornale né sapere nessuna notizia. Quelle che mi capitava di ascoltare erano tragiche e io, che stavo combattendo con il virus, non ne avevo bisogno. Avevo paura che potesse succedere anche a me qualcosa di irreparabile e non volevo aumentare il mio timore. Dei tre giorni trascorsi in quella stanza in ospedale ho ricordi vividi e non certo belli né rassicuranti. Avevo sempre con me la Madonnina che ho portato via da casa e quello mi ha dato forza e coraggio. Inoltre, fortunatamente, le mie condizioni mi hanno sempre consentito di rimanere in contatto con i miei familiari e vederli e sentirli mi ha dato grande conforto”.
Che messaggio ti senti di dare?
“E’ fondamentale rispettare le norme che ci impongono e stare a casa. Quando si esce e si uscirà si dovrà prestare la massima attenzione e i gesti che per tutti sono automatici, come toccarsi la faccia, dovranno essere controllati se non evitati. Spero vivamente che presto possa tornare tutto alla normalità, che io possa riaprire il mio bar di cui, per altro, sto pagando l’affitto e le bollette come se lavorassi, ma è giusto andare per gradi e soprattutto tenere tutti altissima l’allerta. Con questo virus non si scherza”.
Laura Paganini