Matteo Minetti, general manager della Pallacanestro Virtus Luino, ha ragione da vendere quando afferma che la cosiddetta “Riforma Spadafora”, vista da quella parte del Lago Maggiore ha un effetto decisamente più attenuato. Ha ragione da vendere quando afferma che, vuoi per la logistica legata ai luoghi, vuoi per una necessaria e atavica convinzione, a Luino ormai da tanti c’è un motto: “Grazie, facciamo da soli, se possibile”.

Matteo Minetti, però, è uomo intelligente, equilibrato e soprattutto nutre amore vero per la pallacanestro e in virtù di questa passionaccia non si esime dal fornire un parere personale sulle norme che, se approvate, cambieranno probabilmente il volto del nostro basket.
“Credo che il punto più interessante della riforma, quello in grado di coinvolgere tutte le “voci” della pallacanestro anche ai livelli più bassi, sia quello legato allo svincolo totale dei giocatori. Un punto che – sottolinea Minetti – era nell’aria da tempo e per quanto riguarda noi della pallacanestro comporterà “solo” un adattamento a regole già in vigore. Norme che, come tutti sanno, adesso garantiscono la possibilità di svincolo a tutti i giocatori “over 21”. Fatta questa premessa, mi rendo però conto che il  poter disporre di totale libertà di scelta rappresenterà una sorta di rivoluzione che sarà culturale, prima che di carattere tecnico-burocratico. Volenti o nolenti, eliminare del tutto l’”antica” idea del cartellino significherà entrare in una nuova dimensione per ciò che concerne il rapporto con i giovani giocatori e le loro famiglie”.

Quindi, a tuo giudizio, quali saranno gli effetti di questa “rivoluzione”?
“La risposta a questa domanda propone due direzioni: quella che porta verso la mia società e quella che invece conduce a considerazioni di carattere generale. Parlando delle ricadute che potrà avere sulla Pallacanestro Verbano Luino dico che per noi dovrebbe cambiare poco o nulla perché la scelta del nostro club è sempre stata quella di lasciare piena libertà di scelta ai giocatori e chiunque, per qualsivoglia motivo, voglia andare a giocare per altre società è libero di farlo.
Invece la situazione generale è tale per cui bisognerà studiare bene la materia, confrontarsi e trovare delle soluzioni in grado di salvaguardare e proteggere il lavoro di tutti quelli che, a qualsiasi livello, operano nel settore giovanile. In questo momento il rischio concreto è quello di assistere ad un fuggi fuggi da parte delle tantissime società che formano la base della piramide e lavorano nei settori giovanili con fatica, impegno e senza mai ricevere un riconoscimento. Se questa base dovesse assottigliarsi, se tante di queste società, giustamente preoccupate per il futuro, dovessero farsi da parte, ne avrebbe un danno tutto il movimento cestistico nazionale che, è sempre bene ricordarlo, sta già pagando in termini di riduzione dei tesserati e di produzione di giocatori.
Pertanto, se lo svincolo verrà, dovrà essere accompagnato da regole efficaci e da concreti ritorni economici a favore dei club che lavorando seriamente nei settori giovanili producono giocatori per qualsivoglia categoria. E, aggiungo,questi riconoscimenti economici dovrebbero essere tanto più grandi e consistenti in relazione alla categoria. Mi spiego meglio: se la società A, di livello dilettantistico, produce un giovane che può essere interessante per le giovanili di un club di serie A, A2, DNB e così via, dovrà ricevere un compenso adeguato e congruo. Il tutto ovviamente sarà strettamente correlato agli anni di formazione trascorsi dal giovane suddetto nel club di origine. Tanto, lo sappiamo tutti benissimo, da venticinque anni a questa parte, coi settori giovanili in Italia non si è arricchito nessuno e, nondimeno, le società serie, e ne conosco diverse, quando portano a casa qualche quattrino grazie ai parametri, di solito lo reinvestono di nuovo nel settore giovanile. Così – conclude in tono amareggiato Minetti -, l’idea di perdere anche questi pochi spiccioli, perché di spiccioli si tratta, è davvero delittuosa”. 

Seconda ragione: Luino, come noto, si trova geograficamente ai confini dell’impero e, al netto di queste difficoltà logistiche, l’esigenza di costruirci i giocatori in casa è sempre stata prioritaria.

Massimo Turconi

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