La voce di Silvia Motta è quella di chi sa di aver dato tutto al suo sport. E a 32 anni ha appeso la calottina al chiodo. La pandemia altro non ha fatto che accelerare, forzare i tempi di una decisione già annunciata: quella del ritiro per la pallanuotista varesina, in forza alla SIS Roma. Diciotto anni dopo, e con una Coppa Italia in più nel palmarès, Silvia è pronta alla sua personale “ripartenza”. Questa volta, ancora una volta, la direzione è la propria vita.  

Silvia, dire basta non è l’esercizio più semplice che ci sia. Quando e perché hai deciso di smettere?
“L’anno scorso mi sono detta che questo sarebbe stato il mio ultimo anno. La quarantena mi aiutato a capire che in effetti ho proprio finito un ciclo con la pallanuoto. Non ho più vent’anni e ad oggi solo il pensiero degli allenamenti, dei sacrifici, mi fa stare male. Mi ero anche accorta ultimamente di non entrare più con la stessa giusta in acqua e non riuscire a sostenere il ritmo degli allenamenti mattina e sera, inframezzati dal lavoro. Mi è capitato anche di stare male fisicamente per questo e ho realizzato di dover dare una svolta alla mia vita”.

Ti rimane dell’amaro in bocca per essere stata forzata a decidere in fretta dalla pandemia?
“Mi sarebbe piaciuto terminare la stagione prima di dire addio. Anche perché quest’anno era già cominciato in maniera particolare per via dell’impegno olimpico in estate”. 

Famiglia e sport per te sono praticamente sinonimi. Il tuo papà ti ha introdotto a questo sport, il tuo compagno è anche il tuo allenatore. Che ruolo hanno avuto i tuoi familiari nella tua decisione?
“Forse mio padre è quello che ha sofferto più di tutti la decisione. Ma ha compreso le mie esigenze. Lo stesso vale per il mio compagno, Marco. Essendo lui anche l’allenatore della squadra, sentirà tanto la mia mancanza, ma sa anche che se non hai più il fuoco dentro è inutile continuare in questo sport. E lui preferisce avere al suo fianco una persona che sta bene ed è felice per le proprie scelte”. 

Una decisione che arriva in un momento complesso. Come hai affrontato la quarantena e il ritorno alla normalità?
“Abbiamo fatto l’ultimo allenamento l’8 marzo scorso. Poi hanno chiuso le piscine e ci siamo allenate da casa con il preparatore che ci mandava i messaggi. È stato un momento per riflettere e prendere una decisione non semplice dopo diciotto anni di carriera. Qui a Roma per fortuna ci sono stati meno contagi rispetto a Lombardia e Veneto, ma in ogni caso la situazione non è stata delle più rosee. Ad oggi non siamo ancora al sicuro, di certo poter uscire senza essere controllati da un senso di libertà straordinario. Soprattutto a me che odio i limiti”. 

Hai scoperto qualcosa di nuovo che di te non conoscevi?
“Direi di no, purtroppo o per fortuna. Sono sempre io, una ragazza che non si abbatte mai, cerco sempre il positivo anche nei momenti peggiori. Mi sono accorta di dover cambiare vita e confesso che ho pianto tre giorni di seguito. Ma faccio le mie scelte, in questo non sono cambiata”.

Esiste o esisterà per le tue compagne del timore nel ritornare in acqua a praticare la pallanuoto?
Penso sia più una questione personale che di paura in senso stretto. Le ragazze adesso si allenano al mare in spiaggia la mattina presto o la sera. In piscina solo nuoto, il contatto fisico ripartirà a metà mese. Per fortuna noi stiamo in acqua e siamo “protette” dal cloro”. 

È tempo di bilanci. Cosa rappresenta per te la pallanuoto e cosa pensi ti mancherà di più?
“Se sono la persona che sono oggi, e cioè positiva, energica e determinata nel perseguire i propri obiettivi, lo devo anche e soprattutto alla pallanuoto. Sento dire che la cosa che più manca dopo il ritiro è l’adrenalina della partita. Non ho ancora realizzato il tutto. Forse quando vedrò il gruppo, alla prima partita senza di me in campo, sentirò la mancanza dello sport che mi ha fatto crescere, viaggiando per l’Italia e per il mondo, conoscendo persone nuove”. 

Due anni fa eri a Cosenza, poi sei ripartita dalla SIS Roma dove hai conquistato la Coppa Italia. Che squadra lasci?
“Avevo smesso due anni, poi mi sono rimessa in gioco per due anni a Roma grazie anche al presidente. Quando ho intrapreso questa nuova avventura avevo ancora quel fuoco dentro. Mi è dispiaciuto per lo scudetto perso all’ultimo, ma siamo una squadra molto giovane con un livello qualitativo molto alto che se lavorerà bene potrà costruire una base ottima per il futuro”. 

Il futuro di Silvia Motta coincide con…
“La professione dell’estetista che voglio continuare, concludendo prima la scuola professionale qui a Roma. E ovviamente costruirmi una famiglia. In ogni caso rimarrò comunque all’interno della società al fianco delle mie compagne. Non darò un taglio netto con lo sport”. 

C’è la speranza di rivederti in piscina come allenatrice?
“In passato ho allenato i piccolini e mi è piaciuto veramente tanto. Ma c’è bisogno di gente molto esperta e più competente di me. Tutto può succedere, ma per ora lo escludo”. 

Alessio Colombo

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