Il presente, si sa, è incerto e la frase più frequente che più si sente sussurrare in questo periodo “bastardo e sospeso” è: “Si naviga a vista”. Del domani, si sa pure questo, “non v’è certezza”. Così, di fatto, se vuoi argomentare di pallacanestro non ti rimane che il passato.
Poi, siccome l’invito è “Restate a casa”, non resta altro da fare che provare a mettere un po’ d’ordine in un archivio sempre troppo incasinato. Dai cassetti e dagli scaffali saltano fuori libri, appunti, foto, ritagli di giornale e chi più ne ha, più ne metta.
Foto. Tante. Ognuna delle quali racconta una storia. Cristallizza un momento. Trascina emozioni. Innesca spunti di riflessione. Ma soprattutto movimenta ricordi. E tanto, molto d’altro ancora.

Ancora qualche giorno e gli appellativi “Professore”, o più semplicemente “Prof”, esclamati in modo garrulo dai suoi allievi, usciranno per sempre dalla vita di Vincenzo Crocetti. E come in un gioco di ruolo applicato al contrario toccherà a Vincenzo ascoltare l’ultima campanella. Quella, per così dire, che metterà nero su bianco l’inizio della “ricreazione definitiva”. Per “Vins” infatti tra, qualche giorno scoccherà l’ora della agognata e meritata pensione anche se a vederlo, non gli daresti 63 anni perché Crocetti sembra il sinonimo vivente della famosa Acqua Fiuggi, quella che bevendola, secondo il celebre slogan pubblicitario, toglieva dieci anni dalla carta d’identità. 

Il trattamento di quiescenza (che brutto termine), mi offre l’occasione di ripercorrere, grazie anche ad una bellissima “Gallery” fotografica, le tappe fondamentali di un personaggio notissimo nell’ambito della pallacanestro varesina e lombarda. 
Apprezzato da tanti, io tra questi, per il suo essere “hombre vertical”, ovvero uomo di carattere, poco incline ai mezzucci e totalmente refrattario all’arte, sempre più in voga, del sotterfugio, della doppiezza. E, non a caso, le sue carriere – prima da giocatore, poi da allenatore – depongono a favore di un uomo con una parola sola che, pur di piegarsi ai compromessi, ha spesso mollato il colpo.

“La mia avventura da giocatore – racconta Crocetti -, inizia abbastanza per caso in Robur et Fides seguendo le orme lasciate da Alessandro, mio fratello più piccolo, mentre di solito accade esattamente l’opposto. Per giocare a pallacanestro, mia grandissima passione, abbandono le giovanili del Varese Calcio e, forse, col senno di poi, non credo di aver fatto ‘sto grande affare perché nel calcio, oltre a qualità tecniche che i “mister” ritenevano più che interessanti, potevo sfoggiare doti fisiche di livello superiore. Le stesse doti che invece, applicate alla pallacanestro, erano considerate normali. Insomma, nella media. Però, al cuore non si comanda e il piacere di giocare a basket supera tutti i possibili calcoli. Poi, me la cavo discretamente anche con la palla a spicchi e in tempi tutto sommato rapidi entro nel giro della prima squadra, allora in serie B”.

Dalla Robur, se non ricordo male, passi alla Pallacanestro Legnano in C: come mai lasci l’Alma Mater?
“A Varese ho davanti giocatori considerati più esperti e importanti e – continua Vincenzo -, in verità il ruolo di cambio non mi esalta granchè pertanto accetto al volo l’offerta di Legnano, club in cui vivo 3 stagioni esaltanti conquistando una promozione in serie B e giocando oggettivamente ad alto livello anche nella categoria superiore, pur con una squadra assai rimaneggiata”. 

Dopo Legnano, comincia una fase “strana” della tua carriera: come mai?
“Vivo in bilico tra il desiderio di iniziare a fare l’allenatore e la voglia di continuare a giocare. Solo in questo modo si spiegano la scelta di andare al Mina Induno, scendendo addirittura di 3 categorie, per fare l’allenatore-giocatore in Promozione. Solo così si spiegano successivamente i campionati davvero belli e da ricordare, solo come giocatore, all’Italiana Macchi Gallarate in serie C e a Bergamo, con un’altra promozione dalla C alla B come playmaker di un gruppo fortissimo accanto a compagni di grande caratura come Boesso, Maffezzoni, Colonnello e Pironti. La serie B, ma soprattutto il tragitto Varese-Bergamo da compiere sei volte la settimana rappresentano, ostacoli troppo gravosi, così faccio ritorno in provincia, a Venegono, per un altro triennio da giocatore, quasi fotocopia di quello legnanese: molto bene i primi due anni allenati da coach Petitti e coach Fabiani, un po’ meno positivo il terzo. Venegono però costituisce una tappa importante perché segna il mio esordio ufficiale solo nelle vesti di coach allenando una squadra molto giovane, che schiera diversi juniores in uscita da Pallacanestro Varese e Robur. Nei primi mesi facciamo un buonissimo lavoro, la squadra cresce a vista d’occhio e grazie all’inserimento di un playmaker di grande valore come Claudio Vasini, peraltro giovanissimo, vinciamo sei partite consecutive e siamo pronti per spiccare il volo. Purtroppo, sul più bello proprio Vasini si frantuma il ginocchio e senza più il regista titolare il “film” della stagione va a farsi benedire con una retrocessione in C2 certamente, sicuramente immeritata. Questa esperienza mi spalanca però però le porte per inaugurare, al momento giusto, un ciclo a Gavirate. I dirigenti della società ripongono la massima fiducia e mi lasciano carta bianca per realizzare tutte le mie scelte e, a quel punto, posso finalmente costruire una squadra che, a mia immagine e somiglianza, nel giro di cinque stagioni, con pochissimi e mirati adattamenti passa dalla serie D alla serie B2. In quegli anni scelgo quello che mi piace definire “cavalli selvaggi”, ovvero giocatori devono essere liberi di dar sfogo a talento e creatività: Antonetti, Orrigoni, Giussani, Di Sabato, Cavalleri, Bottelli, solo per citarne alcuni, che messi di fianco a giocatori più “regolari” come Caneva, Bonza, Mentasti formano una chimica perfetta fatta gioco bello ed efficace, intensità, mentalità e, in fin dei conti, ottimi risultati se è vero, com’è vero, che questo ciclo verrà poi completato al meglio da coach Enrico Piazza con la promozione in B2”.

Altro giro, altro “ciclo”: questa volta a Bosto, giusto?
“Esatto: al Basket Bosto, grazie alla perfetta regia di Claudio Bellani vado per un’altra promozione, dalla C2 alla C1, lavorando su un gruppo di Under arrivati da noi grazie all’accordo con Pallacanestro Varese: Allegretti, Lombardi, Gorini e altri ancora crescono all’ombra di senior di valore come Dario Frasisti o Luca Merli, solo per citarne un paio e fanno benissimo sia con i senior, sia a livello giovanile conquistando una Finale Nazionale Juniores. Poi, purtroppo, con la progressiva uscita di scena di Bellani il “meccanismo” Bosto, fin lì perfetto, si inceppa fino a bloccarsi. Così cambio strada e vado in Piemonte per mettere insieme altre buoni campionati a Verbania e al Don Bosco Borgomanero, club con cui conquisto un’altra promozione dalla C2 alla C1 e, in seguito chiudo di fatto col basket senior”.

Non a caso però, a Varese e in tutta la provincia sei noto e apprezzato per il tuo progetto Ba.Co.Lu.Ca.
“Un progetto nato in collaborazione con una persona di buon senso nonché grandissimo appassionato di pallacanestro come Fabio Tedeschi, Sindaco di Comerio. Grazie alla sua lungimiranza e collaborazione siamo riusciti a coalizzare altri comuni – in prima battuta Barasso, Luvinate e Casciago, più avanti anche Monvalle e Travedona – regalando la possibilità di avvicinarsi alla pallacanestro a centinaia e centinaia di bambini i quali, terminato il minibasket, trovano collocazione a livello giovanile nelle squadre di Varese Young Eagles a cui vorremmo davvero poter offrire uno sbocco di qualità a livello senior. Questa attività molto capillare nel minibasket affonda però la sue radici nelle idee, davvero illuminate, di Toto Bulgheroni e Marino Zanatta, grandissima coppia di dirigenti che, agli inizi degli anni ’80, nei loro primi passi da dirigenti della Pallacanestro Varese diedero al sottoscritto e ad altri “le chiavi” per allestire quello che per anni, in termini di numeri e qualità, è stato a mio giudizio il più importante settore minibasket e settore giovanile d’Italia. E non voglio aggiungere altro”.

In verità devi aggiungere l’ultimo capitolo: quello della scuola che, appunto, stai per lasciare.
“Per descrivere la mia avventura nell’istituzione scolastica servirebbero un volume appositamente dedicato. Però, facendo un brevissimo riassunto occore partire da una considerazione: considero la nostra una generazione di “pionieri” dell’insegnamento dell’Educazione Fisica in provincia. Il professor Zagonia, che si occupava delle nomine, lanciò in tutto il territorio varesino nomi noti come Chiapparo, Lenotti, Schena, Arena, Zanzi, Piazza, il sottoscritto e chissà quanti altri che adesso dimentico. Tutti quanto abbiamo vissuto anni belli, importanti e formativi poi ognuno ha scelto la sua strada. Io, dopo una ventina d’anni passati tra Liceo Scientifico, ITIS e Magistrali, ho scelto di fare l’insegnante di sostegno alla scuola “Villa Valerio” a Casciago. Consapevole di esercitare un ruolo delicatissimo e fondamentale a favore di quei ragazzi che, pur alle prese con qualche forma di disabilità, devono essere aiutati in tutti i modi per costruire un loro percorso di autonomia e dignità. Per quanto mi riguarda posso affermare, senza alcun dubbio, di aver ricevuto da questi ragazzi molto, molto più di quello che sono riuscito a dare in cambio”.

Ti propongo un gioco: prima di andare in pensione hai la possibilità di fare il ministro della Pubblica Istruzione per una settimana con 3 mosse a disposizione. Cosa fai?
“La prima cosa, la più importante e determinante, chiederei risorse economiche ingenti per migliorare strutture e attrezzature scolastiche che in tanti, troppi edifici, sono fatiscenti, decadenti e spesso pericolose. Poi, farei grandi investimenti nella formazione del personale. Infine eliminerei seduta stante i dirigenti “omnia”, quelli cioè che dirigono tutto, dalla scuola elementare fino al Liceo, e tornerei ad una grande specializzazione, e ovviamente formazione, delle diverse figure”.   

In chiusura, come da prassi ti chiedo di citarmi i tuoi quintetti ideali: quello da giocatore e quello da coach.
“Da giocatore, siccome porto il pallone e voglio assolutamente giocare scelgo: Crocetti playmaker, Mentasti guardia, Boesso ala piccola, Colonnello ala grande e Campanaro centro. Da coach, per simpatia, empatia e, ovviamente, bravura scelgo: Orrigoni, Antonetti, Dino Boselli, Mentasti e Campanaro”.

Massimo Turconi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui