Che lo sport in generale abbia pagato e stia pagando un prezzo alto alla pandemia in atto è fatto noto ormai benchè abbia effetti diversi e non del tutto paragonabili, a seconda della disciplina praticata. Il calcio dilettandistico, infatti, probabilmente è quello che più di tutti ha subito perdite ingenti e ovviamente non solo economiche ma soprattutto formative, di crescita tecnica ed agonistica nonchè sotto il profilo della salute mentale e fisica di decine di migliaia di ragazzini. D’altro canto per capire la portata del fenomeno del calcio giovanile nel nostro paese basta dare un occhio alla pagina web di presentazione del settore giovanile e scolastico (SGS) della FIGC che parla, includendo per il vero anche tutti gli atleti impegnati in società professionistiche, di numeri che nessuna altra federazione può nemmeno lontanamente vantare ovvero circa 830 mila atleti.

Una parte decisamente minoritaria di questi, impegnata in società di livello professionistico e quindi definite di “interesse nazionale” di fatto, quantomeno sotto il profilo dell’allenamento ma in alcuni casi anche del campionato tranne che per alcuni momenti, ha in parte proseguito a svolgere attività anche di contatto, mentre invece la grandissima fetta di ragazzi dell’attività di base e soprattutto della attività agonistica di livello generale sono rimasti sostanzialmente al palo da marzo dello scorso anno. Il che ha significato e significa che hanno perso un terzo della scorsa stagione e, dopo l’ufficiale alt definitivo giunto dalla LND settimana scorsa, anche tutta la stagione 2020-2021. Nessuno ha colpa dell’accaduto naturalmente. Ma che questo abbia cancellato nei fatti quasi una stagione e mezza di impegno sportivo è evidente.

Tralasciando di approfondire come lo sport dilettantistico di contatto di altre federazioni sia stato capace di far ripartire addirittura alcuni campionati proprio in queste settimane (basket per esempio), la vera domanda che tutto il movimento calcistico giovanile si pone ora, ed in particolare per quanto concerne il quadriennio di attività agonistica ovvero i due anni di Giovanissimi ed i due anni di Allievi, è questa: ci sarà lo slittamento-congelamento delle annate?
In altre parole chi in questa stagione, per esempio, era anagraficamente in età per essere allievo secondo anno, la prossima stagione sarà uno juniores e le società dilettantistiche dovranno considerare di tesserarlo passando per il premio di preparazione dopo una intera stagione non disputata?

Domande, queste relativamente diverse a seconda delle regioni, si dirà, ma nemmeno poi così tanto visto che per l’agonistica, format a parte, l’età di coinvolgimento è la stessa. Ci siamo quindi presi la briga di scrivere e chiamare direttamente la segreteria nazionale della SGS della FIGC per provare a capire se e come, in caso, ci stanno eventualmente pensando perchè sarebbe logico farlo. L’unica risposta che abbiamo avuto invece è stata, “al momento stiamo solo valutando quando e se si potrà re-iniziare con il Coni e il Governo nazionale. Per adesso abbiamo profuso uno sforzo per far ripartire l’Eccellenza“. Stessa, o quasi, musica sentita anche dopo un contatto telefonico con il SGS territoriale lombardo.

A microfoni spenti, però, il segnale che la questione non sia considerata una priorità sul tavolo appare drammaticamente evidente. E, sempre a microfoni spenti, il non considerarla una ipotesi di lavoro significa una sola cosa: con alta probabilità non ci sarà nessun blocco delle annate. Davvero sarebbe quindi pensabile catapultare avanti di un anno e mezzo ragazzini che non hanno giocato a calcio per una stagione e mezza? Evidentemente si perchè “burocraticamente sarebbe complicato affrontare una situazione come questa e bloccare le annate diverrebbe molto difficile” ci è stato detto. Eppure, come già ora si prende atto che molti ragazzi smetteranno di giocare dato l’accaduto, il fatto che alcuni tra quelli intenzionati a proseguire (quando si potrà) possano trovarsi catapulatati in categorie giovanili superiori senza la adeguata formazione rischia di rendere gli abbandoni numericamente ancora più consistenti e di questo la FIGC dovrebbe tener conto. Se, come v’è da sperare, abbia davvero a cuore il bene del calcio autentico e genuino che si gioca ancora in età giovanile ovvero dove gli interessi economici sono secondi al bene dello sport. Speriamo quindi che ci pensino bene…..

Massimo Gnocchi

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