Chi non demorde e a 39 anni continua ad attendere con impazienza la ripresa è Luca Gelli, attaccante cuore rossoblù che da 10 anni veste con passione la maglia del Ceresium Bisustum. Luca sembra aver preso alla lettera il detto “l’età è solo un numero”, perché di appendere gli scarpini al chiodo non ci pensa minimamente, anzi, la pandemia lo ha incentivato maggiormente a tenersi pronto per quando si potrà iniziare.

Ci troviamo ancora in questa situazione di stallo, te lo aspettavi? Come la stai vivendo?
“Speravo di no. La prima volta che è successo c’era la motivazione per continuare e dire ‘va bene, vediamo che succede dopo’ e lo stare fermi e l’allenarsi da solo mi aveva stimolato a riprendere. Ad ottobre ho sentito la pesantezza ma non sarà sicuramente la pandemia a fermarmi, voglio provare a continuare. In più, a fine ottobre doveva tesserarsi mio figlio, sempre col Ceresium, e sarei stato il più vecchio tesserato e lui il più giovane. Speriamo ad agosto di riprendere così tessereremo pure lui e avremo questa storia carina da raccontare”.  

E in quest’anno ti è mai passata l’idea di non voler più riprendere?
“Sinceramente no, non ci ho mai pensato, ho sempre pensato di continuare anche se fare gli allenamenti da soli dopo un po’ non è facile. In pausa pranzo vado sul lungo lago di Gavirate a correre per 40 minuti. Il mese scorso hanno provato a riprendere gli allenamenti singoli, iniziando dal settore giovanile e poco dopo anche noi della prima squadra abbiamo iniziato alla domenica alle 10.00 e siamo riusciti a fare quattro allenamenti. È stato molto emozionante ritrovarsi dopo quattro mesi, condividere il rettangolo verde e la stessa passione. Ora siamo in zona rossa e la speranza è che la campagna vaccinale prenda ritmo così da cercare di ritornare ad una sorta di normalità”.  

Che cosa hai voglia di dare ancora al calcio?
“Cosa voglio trasmettere? Passione, voglia di andare all’allenamento col sorriso e impegnarsi per vedere alla domenica i risultati. I ragazzi di oggi magari hanno meno voglia di sacrificarsi ma per me non è affatto un sacrificio e lì sta la differenza. Capisco i ragazzi che ora fanno più fatica e il vero traino è la voglia di allenarsi. Di contro, con loro vedi altri mondi e ti fanno rimanere giovane, non che io sia vecchio (ride, ndr) ma con loro guardi le cose diversamente”.

Futuro in ambito sportivo magari come allenatore?
“Lì ancora non riesco a vedermi, forse perché mi vedo tutt’ora come calciatore. Mia moglie mi dice di provarci ma lo affronterò quando non avrò più voglia di giocare. Non so ancora quando smetterò, vedrò di anno in anno, ma una cosa è certa: non sarà questa situazione a farmi smettere. Com mister Devardo sono riuscito ad accumulare tanto minutaggio; prima iniziavo a giocare meno, giustamente perché il tempo passa, però il tecnico mi ha dato fiducia e mi sento bene. La forza di questa società, come tante altre immagino, è il gruppo e a Porto Ceresio ha fatto la differenza. Ci sono quei 4/5 giocatori più grandi che trascinano gli altri e l’armonia tra tutti è forte. Pure con la dirigenza arrivata sette anni fa si è creato un bel legame”.

E tuo figlio ha la tua stessa passione?
“Lui frequenta la scuola primaria e all’inizio continuava ad andare ad allenarsi ma quando gli hanno tolto il calcio la prima volta siamo andati in difficoltà. Ha 5 anni e vedo che ha ancora più passione di me. Davanti a casa c’è un oratorio con un campo che aprono durante la messa come parcheggio e noi andavamo lì un’oretta e giocavamo. Dopo un po’ di mesi si era un po’ annoiato ad andare solo con me perché giustamente è più bello farlo con i bambini della sua età”.

Roberta Sgarriglia

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