Sono due dei personaggi più rappresentativi della Openjobmetis Varese 2020-2021: Alessandro Gentile e Giancarlo Ferrero. Uno la stella da cui dovrebbero pendere le sorti dei biancorossi, l’altro il capitano di lunga data, simbolo di un gruppo, di una società e di una città intera che in lui vede una chiara rappresentazione di quella che è la varesinità ed il rispetto del valore della pallacanestro nella Città Giardino.

Due giocatori e ragazzi molto diversi, con storie di vita e professionale completamente opposte e lontane l’una dall’altra che si sono incontrati nel bel mezzo del nuovo magazine cestistico targato Discovery+, ovvero Basket Zona, condotto da Gianluca Gazzoli con la partecipazione di un’altra grande stella varesina, Andrea Meneghin.

Ferrero e Gentile hanno così fatto parte di una doppia intervista molto divertente, che mette in luce proprio le differenze tra i due, così raccolta in alcuni spunti riportati sul sito della Lega Basket, partendo da quello che è il primo ricordo di uno e dell’altro della pallacanestro nella loro vita. Per Gentile è: “Le partite in casa in giardino con mio fratello Stefano in estate” mentre per Ferrero “Un autocanestro realizzato appena dopo la rimessa”.

Andando su un giudizio ai tempi della giovanili, più precisamente il più duro ricevuto, Gentile risponde: “A Bologna, under 16, coach Giordano Consolini mi prendeva in giro perché ero un po’ sovrappeso e quindi lento”, mentre il capitano biancorosso dice: “Sopravvalutato, fortunato ad essere lì… queste cose che vengono dette a chi deve fare un passo alla volta e quindi ogni passo sembra chi gli sia stato regalato”.

Non solo bastone ma anche carota, così andando sul complimento più bello ricevuto Gentile afferma: “L’ho ricevuto da Marco Crespi dopo aver vinto le finali con Milano. Lui allenava Siena e mi disse che l’Olimpia aveva vinto soprattutto per merito mio”, mentre Ferrero dà una risposta decisamente diversa: “A me fa piacere ogni volta che mi viene detto che posso essere un esempio con tutti i miei limiti”.

Immancabile poi la domanda sugli idoli di gioventù, per il 5 biancorosso: “Dejan Bodiroga. Giocava con mio padre. Lo guardavo come un Dio, sembrava in grado di fare tutto”, mentre il capitano non poteva esimersi dallo scegliere il mancino per eccellenza: “Manu Ginobili, perché essendo mancino provavo ad imitarlo ma con risultati così e così [ride, ndr]”.

Alessandro Burin

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