Nella bagarre della lotta salvezza arriva una sfida determinante per le sorti stagionali sia della Openjobmetis Varese sia dell’Aquila Basket Trento: la partita di domenica ore 18 all’Enerxenia Arena. Il match vede contrapporsi due tra le squadre più in forma dell’ultimo periodo, con i biancorossi reduci dalla pausa obbligata causa ritiro della Virtus Roma dal campionato, ma galvanizzati da una striscia positiva di ben due vittorie casalinghe contro Sassari e Pesaro che hanno ridato slancio ed entusiasmo all’ambiente. Dall’altra parte, i trentini nelle ultime settimane sono tornati a fare la voce grossa in campionato, con due successi diversi per la qualità di gioco espressa ma uguali nel peso specifico di morale e classifica che hanno generato, ovvero quelli contro l’Olimpia Milano, per 61-60, e la Germani Brescia nello scorso weekend, demolita 91-67.

Varese dovrà riproporre in campo quanto di buono fatto nelle ultime settimane, dimostrando di aver trovato un’identità ben definita fatta di intensità ed energia difensiva, ma anche di tanta qualità tecnica e di scelte in attacco, per superare un avversario che a livello di fisicità può dire la sua su qualunque campo nostrano e non.
E nel momento più importante della stagione serve che la squadra attinga a quello che è lo spirito biancorosso ed interpreti al meglio ciò che sono i valori della Pallacanestro Varese che la figura più iconica ed il giocatore più rappresentativo degli ultimi anni in maglia varesina, ossia il capitano silenzioso Giancarlo Ferrero, racconta a tutto tondo. La sua vita si è tinta dei colori della Città Giardino nel segno della pallacanestro, ma ha origini e fondamenti diversi. 

Quando fai i primi passi su un campetto da basket?
“A sei anni, quando per caso viene proposto nella scuola elementare di Bra, il mio paese, un corso di minibasket. Inizio da lì ad appassionarmi a questa disciplina, una realtà completamente estranea alla mia tradizione familiare. È stato amore a prima vista e non ho mai fatto nessun altro sport che non fosse la pallacanestro. I primi anni non era proprio basket, era più un correre tutti insieme dietro alla palla; poi, crescendo, è stato anche un modo per stare sia con i compagni che da solo sempre con una palla ed il canestro. Penso che questa sia una delle cose più belle del basket: la possibilità di vivere questa passione sia in compagnia che da solo”.

Hai ancora rapporti con il tuo gruppetto storico degli amici del campetto di Bra?
“Sembrerà incredibile, ma la squadra con la quale sono cresciuto a Bra rappresenta tuttora il mio nucleo di amici. Abbiamo fatto percorsi diversi, chi diventando osteopata, chi istruttore di minibasket, chi fa altri lavori al di fuori del mondo dello sport, ma quel nucleo è rimasto e lo rivivo ogni volta che torno a casa. È qualcosa di magico e forse ci ha aiutato il fatto che Bra sia una città a misura d’uomo e la pallacanestro ci ha legato e ci lega ancora oggi. Mi ricordo che un paio di anni fa sono venuti il giorno di Santo Stefano a vedere una partita di Varese organizzando addirittura un pullman ed è stato bellissimo”.

Oltre all’amicizia nella tua vita c’è l’amore, importantissimo e fortissimo con Alessia, con la quale ha un rapporto solidissimo ormai..
“Lei è la mia compagna di vita, è la mia amica, la mia amante. Stiamo trascorrendo la nostra vita assieme e lei mi ha aiutato tanto nel corso della mia carriera. Ci siamo conosciuti quando giocavo a Casale e lei lavorava allo sportello in un centro medico e per incontrarla fingevo di infortunarmi per andare a fare ecografie e lastre. Quando sono stato a Trapani la nostra è stata una relazione a distanza, adesso, invece, è tre anni che è con me stabilmente a Varese e sono contento che lei si sia ambientata benissimo qui e abbia trovato lavoro. È un mio punto fermo, una mia sicurezza e credo che nella mia carriera mi abbia aiutato tanto, perché io ho bisogno di certezze nella vita e lei è una di queste”.

Non solo basket nella tua vita ma anche hobby come la cucina scoperta nel primo lockdown. Come va il percorso da cuoco?
“Mi piace sperimentare. I miei genitori hanno un orto e quindi quando vado a casa faccio rifornimento di prodotti per la mia cucina. Poi tramite Masterchef, vari tutorial su internet e programmi differenti, sto imparando a sperimentare. I miei piatti forti, da buon piemontese, sono i risotti, e adesso, visto che a Natale ho ricevuto un barbecue da Agricola, ho deciso che voglio imparare a muovermi nel mondo del BBQ”.

Facendo un excursus del tuo percorso qui a Varese, qual è il lato dove sei più cresciuto, quello tecnico, caratteriale e di leadership?
“Dal punto di vista tecnico, essendo arrivato dalla Lega A2, le mie doti atletiche erano il mio punto forte. Ma per stare in A1 ho dovuto migliorare moltissimo il tiro da fuori e sento di avere tanta più fiducia e confidenza in questo. Fuori dal campo mi sento di essere cresciuto in quanto prima dovevo dimostrare il mio valore facendo numeri e producendo statistiche, mentre ora mi sento orgoglioso e felice anche dimostrando solo il mio amore per la causa, con iniziative per la società, aiutando Il Basket Siamo Noi, sentendomi responsabile di ciò che succede. Questo è il punto dove sono cresciuto maggiormente e a cui tengo molto”.

Cosa significa essere capitano in campo e fuori lo hai spiegato, ma in una stagione così complicata a 360 gradi, come si mantiene lo status di leader anche a discapito di alcuni momenti a livello personale magari non felici?
“Una delle cose che mi aiuta di più è la razionalità e la capacità di mantenere l’equilibrio nelle situazioni. Non mi faccio prendere dal panico nei momenti difficili o guardando la classifica e vederci all’ultimo posto. Ho imparato a cercare di aiutare gli altri facendo anche un passo indietro personalmente e capendo il loro disagio che possa essere sia a livello di gioco che esterno. Sotto questo punto di vista mi sento responsabile”.

Se tu dovessi definire Pallacanestro Varese con un parola, quale sarebbe?
“Orgoglio. L’ho visto negli anni scorsi, ed a maggior ragione quest’anno, dai tifosi ma molto anche dalla società che, in tutte le sue componenti, sta facendo sforzi enormi per sostenere una situazione davvero complicata”.

Il tuo sogno nel cassetto?
“Bisogna sempre sognare in grande, quindi ti dico alzare un trofeo con questa maglia. Sarebbe il coronamento perfetto di un’intera carriera”.

Alessandro Burin

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