Io sono ancora qua, eh già. Il buon Vasco Rossi cantava così qualche anno addietro e non potrebbe esserci colonna sonora più appropriata per raccontare del ritorno in panchina di mister Fabrizio Baratelli.
Qualche settimana fa la società jeraghese scelse proprio il tecnico ex Besnate, fra le altre, per dare una nuova impronta ad una squadra che la scorsa estate si è trovata catapultata in prima categoria con un doppio salto carpiato. Tanti i dubbi prima di dire di sì con quella passione per il calcio ridotta al lumicino dopo una serie di avventure poco fortunate negli ultimi anni, finché la “miccia” è tornata ad esplodere in fuoco ardente. 
“Ho titubato prima di accettare, non ero sicuro, oggi invece sono maturate una serie di circostanze che mi stanno rendendo felice, sono tornato ad allenare in un ambiente sano e che a poco a poco stiamo strutturando per crescere”.
All’orizzonte, infatti, un nuovo sponsor pronto a dare solidità ad un club in difficoltà ma volenteroso. “Stiamo lavorando per fare calcio proprio come piace a me” ha aggiunto il tecnico.

Dopo qualche anno di stop sei tornato in prima categoria, che campionato hai trovato?
“Innanzitutto ho trovato un campionato ridotto, con meno squadre, e questo pesa non poco soprattutto per formazioni come la nostra che puntano alla salvezza, ma oltre ad un discorso numerico il livello è verso l’alto, ci sono tante squadre attrezzate, allenatori preparati, giocatori di altre categorie, sulla carta credevo che Ispra e Ferno avessero qualcosa in più ma poi mi sono reso conto che le formazioni di questo girone, seppur con caratteristiche diverse, possono fare tutte benissimo, sono contento che anche post covid questo campionato non abbia subito particolari ‘svalutazioni’“.

C’è una squadra che ti ha stupito in particolar modo?
“Senza ombra di dubbio il Bosto. Hanno tutto per fare benissimo e sono certo che prima o poi arriveranno in promozione. È una società sana, con le persone giuste al posto giusto, dall’allenatore, ai dirigenti, ai giocatori, crescono in casa ‘talenti’ per poi farli approdare in prima squadra anche in età giovane, credo siano davvero un esempio in provincia, bisognerebbe prendere esempio da società così”.

Focalizziamo l’attenzione sulla tua squadra, la Jeraghese. Perché hai scelto di tornare e ripartire da qui? E che gruppo hai tra le mani?
“Ventisei anni fa chiusi qui la mia esperienza da giocatore in una società che mi aveva dato tutto, avevo una certa riconoscenza nei confronti di questi colori e devo dire che hanno riacceso in me una certa passione che pensavo smarrita, c’è un ambiente che somiglia tanto a quelli che mi piacciono do più, con un paese, seppur piccolo, che tifa per la propria squadra; per rendere l’idea contro l’Arsaghese c’erano 230 paganti. Il mio gruppo? Ragazzi eccezionali, disponibili, pronti a sacrificarsi, con dei limiti, certo, mica possiamo dimenticarci che questa squadra è praticamente salita di due categorie senza giocare, però ora che all’orizzonte si intravede un progetto viviamo tutto con più serenità, magari ad aprile salutiamo e torniamo in seconda ma non è questo che mi e ci spaventa, sarebbe più compromettente non avere idee per il futuro”. 

Tra i progetti a breve termine, invece, c’è anche quello di rinforzare la squadra?
“Dicembre è sempre un mercato difficile, noi ci stiamo muovendo per rinforzare ogni reparto, non è facile lo sappiamo benissimo, ma vogliamo provarci avendo qualche pedina in più per combattere”.

Domenica scorsa contro il Cantello Belfortese è arrivata la prima vittoria in prima categoria, che emozione è stata?
“Premesso che mi dispiace molto che in seguito a questo successo sia stato esonerato mister Pantelis, ma avrà tutto il tempo per rifarsi, sono arrivati i tre punti che volevamo e che a mio avviso abbiamo meritato, ad oggi abbiamo un vestito nuovo e somiglia tanto ad una corazza, lo sappiamo che questa salvezza equivale ad un miracolo, ma forse è proprio questo il fascino che mi sta suscitando questa sfida”.

Una sfida totalmente nuova visto che sei sempre stato abituato a lottare per i piani alti…
“È proprio così, è una sfida nuova soprattutto per questo, ho quasi sempre giocato per vincere i campionati e mi sono tolto le mie soddisfazioni, qui è diverso, ho nuovi stimoli, dopo 25 anni da allenatore avevo perso entusiasmo, l’ho ritrovato. Jerago potrebbe essere la mia nuova isola felice”.

Tu che sei un allenatore di grande esperienza come te li spieghi tutti questi esoneri? Hai citato Pantelis ma ad oggi, in prima categoria, sono stati sollevati dall’incarico ben sei tecnici. 
“È un ruolo delicato e non lo scopriamo oggi, il mister paga sempre per tutti, non si dà il tempo di seminare che già si punta al raccolto, bisogna avere pazienza, bisogna utilizzare gli utensili giusti per coltivare la terra, poi, come dico sempre io, deve nevicare, devi aspettare che si sciolga la neve, che torni il sole, quello è il momento decisivo di ogni stagione”.

Per chiudere: cosa significherebbe raggiungere la salvezza con questa squadra?
“Significherebbe aver compiuto un miracolo e probabilmente avrebbe più valore di qualsiasi titolo, il mio obiettivo è insegnare qualcosa a questi ragazzi, vederli crescere e poi vediamo che succede, come si suol dire ‘Rispetto per tutti, paura di nessuno’ e noi abbiamo un rispetto enorme per tutti”.

Mariella Lamonica

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