La stagione di gare nel mondo del nuoto sincronizzato è entrata ormai nel vivo e la Busto Nuoto si trova impegnata su tantissimi fronti, con tutte le squadre della società bustocca impegnate a tenere alto lo standard di prestazione ed il nome di una delle realtà più importanti in Italia in questo sport.
Tra le atlete più esperte che fanno parte delle draghette rientra Costanza Brogioli, in vasca dall’età di 4 anni e che ci racconta il suo legame con la società, la crescita sportiva, l’esperienza da allenatrice e gli obiettivi futuri, con un solo verbo sempre in testa, vincere e non mollare mai.
Come nasce la sua passione per il nuoto sincronizzato?
“I primi anni di vita li ho passati in Sardegna, quindi diciamo che con l’acqua ho sempre avuto un rapporto particolare. Quando sono venuta qui a vivere a 4 anni, sono andata in Manara a fare una prova di nuoto normale e Stefania e Paola mi hanno viste e hanno pensato fossi un po’ più predisposta per fare nuoto sincronizzato. Ho fatto una prova che è andata bene e da lì è iniziato tutto. Diciamo anche che ho avuto una predisposizione naturale a questo sport che mi ha permesso di vincere le prime gare e questo mi ha aiutato ad appassionarmi sempre di più. E’ chiaro che quando fare uno sport ti riesce bene, ti diverti e vedi dei risultati è più facile andare avanti e continuare. Non ho mai avuto dubbi sul fare altri sport, ho scelto il nuoto sincronizzato fin dall’inizio”.
Quali sono state le tappe sportive più importanti che ha vissuto?
“Senza dubbio la prima esperienza che ho fatto in Nazionale con le giovanili. Parlo della Coppa COMEN nel 2015, io ero molto piccola, avevo pochissima esperienza in campo nazionale quindi figurati in campo internazionale. Mi aiutò molto per crescere e per affrontare poi al meglio le altre manifestazioni a livello internazionale a cui ho avuto la fortuna di partecipare, come due Mondiali e tre Europei, che mi hanno formato più di tutto a livello atletico. Quando partecipi a competizioni del genere, a parte la gara in sé per sé, ciò che davvero ti fa crescere moltissimo è tutta la preparazione all’evento”.
C’è una gara in particolare che l’è rimasta di più nel cuore?
“Una delle gare che porto nel cuore con un ricordo meraviglioso, sono i Campionati Italiani che ho fatto a Savona nel 2016, categoria Ragazze terzo anno. E’ stata una competizione in cui la mia allenatrice mi ha detto chiaramente che puntava su di me e che avrei dovuto fare determinate cose senza se e senza ma. Per me è stata un’assunzione di responsabilità importantissima, con obiettivi specifici e difficili da raggiungere ma che mi ha permesso di alzare tantissimo il mio livello di perfomance, infatti sono riuscita a vincere gli Obbligatori, che sono un tipo di gara che non è mai stato il mio forte. E’ stato bellissimo perché ero con un gruppo di compagne tutte molto legate. Altra gara che mi è rimasta nel cuore è la vittoria dei Campionati Italiani lo scorso anno, la prima vera manifestazione dopo il covid. Dopo i due anni di pandemia passati ad allenarsi in spazi ridotti, dovendoci spostare da Busto, arrivate al mese prima della gara senza mezza squadra in quarantena non è stato semplice affrontare la competizione, quindi la vittoria finale è stato davvero qualcosa di unico per tutte noi”.
Come sono stati invece gli Italiani che avete vinto qualche settimana fa?
“Un’emozione fortissima, senza dubbi. Rispetto agli scorsi anni mi è sembrato che il livello di competizione si fosse abbassato, nonostante il tasso di difficoltà rimanga molto elevato, anche perché non bisogna mai guardare gli altri ma nuotare come se si dovessero vincere i Mondiali. Penso che su questo il covid abbia influito ed anche un po’ di mancata organizzazione. E’ stato comunque bellissimo, soprattutto poi per le piccoline che sono scese con noi in vasca per la prima volta quest’anno e vederle così contente è qualcosa di davvero appagante”.
Sentendola parlare si percepisce il fortissimo legame che ha con la sua allenatrice Stefania Speroni..
“Assolutamente sì, lei per me è come una seconda mamma. E’ la persona che ha creduto in me più di tutti, nei momenti difficili in particolare, anche quando le altre allenatrici o quelle della Nazionale le dicevano che non avevo le gambe abbastanza lunghe o iper estese, o le facevano notare qualche mio difetto. Lei non ha mai avuto dubbi, ha sempre creduto in me e questo glielo riconoscerò per la vita. Se io sono l’atleta che sono ora è solo grazie a lei. Non è la solita frase fatta, perché non parlo solo della preparazione tecnica che mi ha dato, quanto per la testa che ho oggi e che è quella che ti fa fare davvero la differenza. Superare ogni sforzo, andare oltre la fatica, è questo che davvero ti fa fare uno step in più nella vita agonistica e che io ho fatto grazie a lei. Non solo, perché è un qualcosa che poi mi serve nella vita di tutti i giorni: io ora sono una persona che pretende molto da se stessa e dagli altri, se ho un obiettivo lo devo raggiungere. Vivo ogni giorno a pieno grazie alla mentalità che lei mi ha dato”.
Oltre ad atleta lei è anche allenatrice. In questo ha influito il suo rapporto proprio con l’allenatrice di cui ha parlato poc’anzi?
“Sicuramente sì. Mi aveva chiesto lei di iniziare ad allenare e io non ci ho pensato nemmeno due minuti ad accettare, perché volevo scoprire l’altra faccia della medaglia. Sono sempre stata un’atleta, ho avuto tante allenatrici e volevo capire come fosse stare dall’altra parte. Sto scoprendo come, per essere una brava allenatrice, non basti saper insegnare bene la tecnica quanto devi saper lavorare sulla testa delle ragazze. Io lavoro con atlete che hanno dodici anni ed in quella fase della vita non è facile accettare di dover andare tutti i giorni in piscina o in palestra ad allenarsi. Devi essere in grado di prenderle e farle appassionare a quello che stanno facendo. Oltre a questo, allenare mi sta aiutando tantissimo anche nell’essere atleta. Faccio un esempio, insegnare a fare una remata base, vedendola ripetere più e più volte da fuori dalle mie ragazze, mi aiuta a capire dove sbaglio e riesco a correggere cose a cui prima davo poca importanza, ho molta più consapevolezza di quello che faccio”.
Il tuo soprannome è Coci, perché?
“E’ nato quando ero piccola perché mi chiamavano coccinella e quindi il soprannome è diventato così, Coci. Adesso più che un soprannome è quasi ormai il mio secondo nome perché tante persone nel mondo del nuoto mi chiamano così senza magari sapere che mi chiamo Costanza (ride, ndr)”.
Chiudiamo con gli impegni che arrivano adesso, in particolare il campionato Italiano Assoluto Estivo di inizio giugno a Savona. Quali sono le prospettive?
“Vincere. Siamo abbastanza pronte per gareggiare al meglio, l’unico problema di quest’anno è che nell’organizzazione delle gare c’è un grosso assembramento, con tutte le gare una dopo l’altra. Ad esempio, alcune ragazze che gareggiano nel campionato Juniores in questi giorni, dovranno venire con noi a Savona ma non potranno fare la preparazione come la facciano noi. Come dicevo prima la preparazione è importantissima, noi abbiamo un periodo di carico che dura un mese e poi uno di scarico, ovvero le due settimane prima della competizione, in cui devi cercare di lavorare per arrivare al massimo alla gara. E’ chiaro che gareggiando in questi giorni queste ragazze non potranno fare scarico come dovrebbero e saranno più stanche. Dove però pecca il fisico deve compensare la mente, perché l’atleta sa che a metà dell’esercizio il fisico non terrà più e lì dovrà intervenire la forza mentale. Io penso che sotto questo punto di vista siamo tutte atlete con grande esperienza e saremo in grado di finire al meglio la gara anche a Savona”.
Alessandro Burin