Varese c’è. Questa è la notizia più importante che esce dalla stratosferica trasferta di Trento, in cui la OJM è riuscita di battere la quarta in classifica con un roster limitato e rimaneggiato, puntando però su una cosa che fino ad oggi era mancata, ovvero una propria identità, un’anima di squadra.
Sia chiaro, stiamo parlando di sole due vittorie, comprendendo anche quella con Venezia di due settimane fa, ma è indubbio sottolineare il cambio di passo che i biancorossi hanno iniziato a mostrare dall’arrivo di coach Roijakkers. Una svolta che passa da un concetto molto semplice quanto basilare: non importa chi tu sia, che stipendio abbia o che nomi porti sulla maglia, giochi per quello che mi dimostri in settimana durante gli allenamenti.
Un diktat chiaro, che ieri sera ha trovato la sua sublimazione grazie alle prove di Librizzi e Virginio, ma che soprattutto sta portando i biancorossi a unirsi sempre più e a trovare quella connessione di squadra che può essere determinante nella lotta salvezza. Tolte le prime donne, eliminati i così detti parafulmini, senza più avere un capro espiatorio, la squadra sembra liberata sia mentalmente che tatticamente, dove sta ripartendo dal sacrificio, dalla voglia di sudare tutti insieme, da una coralità ricercata costantemente.
La vittoria su Trento è stato solo il secondo passo di un percorso lungo e tortuoso è vero, ma comunque decisivo per rilanciare emozionalmente anche una piazza che ha vissuto mesi davvero complicati, fatti di pochissimi hype e molti down.
Allora è giusto esaltarsi e poter gioire di una vittoria sulla carta quasi impossibile ma che Varese e le idee del suo nuovo coach hanno reso realtà.
Proprio Roijakkers è il manifesto di quella novità che si sta attuando in casa Openjobmetis, con il suo coraggio e la sua conoscenza cestistica che lo han portato a lanciare due ragazzi giovani nei momenti cruciali del match, che gli stanno permettendo di vedere le difficoltà come un’opportunità di crescita, che vince due partite nella lotta a rimbalzo senza un centro di ruolo titolare, che porta un modello di basket forse a noi lontano, ma che nei Paesi del Nord è quotidianità.
Ripartire dall’entusiasmo delle nuove leve, dalla fame e dagli occhi della tigre di chi vuole salvare questa stagione, senza scuse o alibi ma mettendoci la faccia, a differenza di chi ha sempre messo solo tante parole e tanti cari saluti al parafulmini che oggi a Varese non serve, visto che sull’Enerxenia Arena splende il sole.
Alessandro Burin