Torniamo a Ispra presso il Budokai, in cui l’Istruttore Azzini, cintura nera, fresco del quarto dan, ci illustra i principi morali del Karate, e anche come questa nota e diffusa arte marziale sia concepita dai più celebri Sensei giapponesi, oltre ad evidenziarne i benefici sul piano psicologico e sportivo.

Come si avvicinò al Karate?
“Iniziai a praticarlo all’età di quindici, nella palestra dell’istituto tecnico elettronico che all’epoca frequentavo. Fui allievo del Maestro Gino Mori, che fu a sua volta discepolo del Sensei Mario Fanizza e che mi insegnò i principi morali del Karate. Noi ragazzi eravamo un gruppo di amici che lo concepivano come un metodo di confronto con gli altri, educativo e ne cogliemmo anche il valore sportivo. Il Karate è soprattutto rispetto verso il prossimo. Dopo aver frequentato per tre anni il corso per Istruttori alla FIKTA, ente alla quale noi del Budokai siamo affiliati, ho ottenuto la qualifica d’Istruttore di Karate FIKTA. Secondo il Sensei giapponese Shoshin Nagamine, ex militare e poliziotto, originario di Naha, sull’isola di Okinawa, il Karate è una lotta contro sé stessi, che dura tutta la vita; personalmente ritengo che questo conflitto interiore abbia lo scopo di liberarsi dalle proprie ansie, paure ed angosce e anche di raggiungere la serenità mentale, una condizione fattibile solo dopo un lungo e costante allenamento e molta esperienza nella sua pratica”.

Quali principi ne tramandate?
“Seguiamo quei dieci del Maestro giapponese Hiroshi Shirai, originario di Nagasaki e fondatore dell’Istituto Shotokan Italia o ISI, ente morale della FIKTA, per lo studio del Karate Shotokan. Tra questi valori morali vi sono la fiducia e la fedeltà, il rispetto verso ogni cosa, lo spirito amichevole, pensiero positivo, il non dimenticare chi ci aiuta, la rettitudine, aiutare dal cuore una persona, servizio massimo per i genitori, energia mentale, non aver paura di morire, l’altruismo e la grande pazienza quando si deve superare una difficoltà. Oltre al lato sportivo, il Karate è intrinsecamente un sistema di difesa personale, che invita ad allontanarsi dalle reali situazioni di pericolo, senza usare la violenza ed anche a evitare lo scontro; occorre reagire solo nelle ipotetiche gravi situazioni di emergenza, quando si è proprio costretti e nel momento in cui non sia possibile mediare, neanche a parole o verbalmente. Dal punto di vista psicologico, il Karate favorisce l’aspetto relazionale, impedisce l’atteggiamento introverso e aiuta anche a superare le proprie insicurezze. Per l’ambito fisico, svolgiamo molta preparazione atletica, perché è propedeutica alla pratica di tutti gli sport. Credo che nelle scuole, oltre al calcio, alla pallavolo o al basket, sarebbe opportuno insegnare anche i principi sportivi delle arti marziali”.

Quale stile insegnate?
“Lo Shotokan, perché è lo stile che mi insegnarono i Sensei. Anche gli altri hanno il loro fascino, ma lo Shotokan tenta di trasmettere, in ogni sua tecnica, eseguita con il baricentro basso, il suo significato atletico o sportivo, al fine di far acquisire ai karateka una maggiore destrezza fisica. Non usiamo le armi, perché il significato del termine Karate è mano vuota, in questo caso non armata. Siamo un bel gruppo e un altro successo sportivo del nostro Karate è il fatto che i nostri karateka siano brave persone anche nella società e non solo nel dojo o palestra. Attualmente non dispongo di allievi agonisti, ma prima del Covid, ne ho avuti alcuni che parteciparono a delle gare Provinciali e Regionali”.

Quali cinture segue?
“Tutte, dalle bianche alle nere e sono molto soddisfatto perché due miei allievi hanno conseguito recentemente la nera. Sono supportato, e a volte anche alternato, dall’Istruttore Giampiero Duchini, il quale, oltre ad insegnare tutte le tecniche del Karate, effettua dei calci spettacolari, frontali, laterali e circolari, spiegando bene anche agli allievi il modo di eseguirli. Ho persone di tutte le età, a partire dagli otto fino ai settant’ anni. Il nostro dojo, della commissione europea, è multiculturale e comprende anche dei ragazzi lituani, francesi e belgi; a loro devo spiegare dei concetti in inglese. Ho notato che le ragazze sono molto brave, e che del Karate apprezzano tutto, fondamentali o kyon, katà e kumitè”.

Cosa sono per voi il katà e il kumitè?
“Il katà, forme, sequenze o dimostrazione di tecniche, è un modo sicuro di tramandarle nei secoli, perché è la sintesi di tutto ciò che i Sensei o Maestri hanno insegnato agli allievi, come metodi idonei ad affrontare le situazioni di combattimento. Nei katà svolti dalle cinture superiori, si nota come il karateka esegua con maggiore abilità ed esperienza le stesse tecniche apprese in precedenza, al fine di svolgere i katà per conseguire le cinture basilari. Ad esempio, il primo katà, che si esegue durante il passaggio dalla cintura bianca alla gialla, si chiama in giapponese Heian Shodan, nel quale si impara la tecnica del pugno a martello, che durante lo svolgimento dei katà successivi, si evolve e si consolida, grazie alla dedizione del karateka. Svolgiamo anche i katà a squadre, che rendono il Karate uno sport di squadra, pur essendo uno sport individuale, e sono felice del fatto che i nostri bambini, cinture blù, ne abbiano migliorato l’esecuzione, e che siano anche più in sintonia fra loro. Il kumitè, o combattimento regolamentato, si svolge anche durante gli esami”.

Come svolgete gli esami?
“Nei passaggi tra le diverse cinture, dalle bianche fino alle marroni, li valuto io, qui nel Budokai di Ispra. A partire dalla cintura nera primo dan, sono invece valutati da una commissione esterna, proveniente dalla FIKTA. Nel complesso, per superare gli esami, occorre prepararsi sul programma stabilito dalla FIKTA, che include i fondamentali o kyon, parte del kumitè e il katà, a seconda del diverso livello o colore di cintura. Ho appena conseguito il quarto dan della cintura nera a Monza e nella commissione era presente anche il Maestro Shirai. Per ottenerlo, ho svolto i kyon, che prevedevano delle tecniche avanzate di pugno e calcio, il katà dei ventiquattro passi, e il kumitè libero, il combattimento con tutte le tecniche, nel quale non è possibile toccare o colpire l’ avversario. Per il futuro, intendiamo tramandare i principi del nostro karate, disporre di più iscritti e preparare dei nostri allievi per le gare”.

Nabil Morcos

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