Viaggio all’interno del Fujiyama Club a Caronno Pertusella in cui il presidente, direttore tecnico, Maestro e docente nazionale Giovanni Salafia ci illustra i benefici del karate, arte marziale nipponica, sia dal punto di vista fisico che psicologico.

Maestro Salafia, come si avvicinò al Karate?
“Sono nato nel milanese, mio padre è di origine siciliana, ho sessantun’anni e lo pratico da quando ero quindicenne. Negli anni settanta mi incuriosiva molto il fatto che era una disciplina di provenienza orientale, ed era l’epoca nel quale erano diffusi i film di Bruce Lee sul Kung-fu. Da agonista, in passato ho vinto tre titoli nazionali nel katà, e sono stato anche vice-campione nazionale nel kumitè o combattimento regolamentato. Da cintura nera al sesto dan, ho conseguito anche la qualifica di docente nazionale, che offre la possibilità anche di accedere agli stage nazionali. Nel complesso, ritengo che il Karate di questi tempi, nel quale vi sono diverse scuole con molti maestri, sia più rivolto all’aspetto agonistico. Nel nostro dojo siamo più finalizzati alla crescita umana e individuale”.

Quale stile insegnate?
“Seguiamo la scuola Shotokan, perché da karateka iniziai con lo Shotokan e mi trovai bene. Si basa su posizioni, tecniche basse e forti, sull’ equilibrio e sulla respirazione, aspetti che ritengo molto utili anche per i nostri ragazzi o allievi. Il Karate Shotokan migliora anche l’aspetto socio-relazionale e anche l’autostima. Dal punto di vista estetico, personalmente apprezzo anche la scuola Shito Ryu, per la velocità dei movimenti. Intendiamo far evolvere gli atleti in un ambiente sano e sereno, e prepariamo i nostri agonisti ad affrontare al meglio il vasto pubblico in gara, allo scopo di insegnare loro a gestire bene l’emotività nel momento in cui gareggiano individualmente sulla pedana”.

Perché il vostro club si chiama Fujiyama, come il noto vulcano giapponese?
“Questo nome gli fu attribuito nel 1973 da parte del Maestro Tonino Trotta di Bollate, deceduto lo scorso anno, che fu a sua volta negli anni sessanta allievo del celebre Sensei nipponico Hiroshi Shirai, colui che diffuse il Karate qui in Italia. Io arrivai qui a Caronno Pertusella cinque anni dopo, e abbiamo mantenuto quel nome, Fujiyama, perché ci era piaciuto e anche per il fatto che in quel periodo era molto diffuso, nel mondo delle arti marziali giapponesi. A livello societario, siamo affiliati alla FESIK, ossia Federazione Educativa Sportiva Italiana Karate, che comprende anche delle altre arti marziali e anche al CSI di Varese. Qui, con me insegna il Maestro Paolo Venanzi, anche lui cintura nera al sesto Dan”.

Come concepite il katà e il kumitè?
“Nel katà è presente tutto il bagaglio tecnico del karateka, ne consolida il corpo, ne tonifica ed elasticizza i muscoli e lo rende più consapevole del proprio movimento. Durante il katà, che può essere svolto sia singolarmente che a squadre, si studia l’applicazione delle tecniche rivolta al combattimento e successivamente anche la mutazione di quelle difensive nei contrattacchi. Nel Bunkai, vi è un applicazione delle tecniche previste nel katà, ma che hanno delle molteplici e diverse interpretazioni. Introduciamo al katà anche gli atleti dalle prime cinture e, in seguito, li conduciamo ad una conoscenza più approfondita. Il kumitè, o combattimento regolamentato, anche nell’ agonismo prevede due karateka che si rispettano reciprocamente, che si salutano sia all’inizio che al termine del confronto. Alle prime cinture bianche, gialle e arancioni insegniamo i principi basilari del combattimento, che può essere a cinque e poi a tre passi, allo scopo di abituarli ai movimenti, distanze e traiettorie sia proprie che a quelle del contendente. A partire dalle cinture verdi e blù, si giunge al concetto di combattimento vero e proprio”.

Disponete anche di atleti agonisti?
“Attualmente no, però da noi ci sono anche molti bambini, cinture bianche o gialle, che a partire dai sei anni in su, se conoscono molto bene il primo katà della Scuola Shotokan, hanno già la possibilità di partecipare a delle gare provinciali, regionali o private. In alcune occasioni, anche i bambini svolgono il combattimento, ma con le protezioni: caschetto, corpetto, guantini, conchiglia e paradenti. In generale abbiamo allievi di ogni età, uomini e donne. A loro proponiamo un Karate praticabile da parte di tutti, finalizzato alla crescita, al rispetto delle regole e alla convivialità. Per ora, non abbiamo dei particolari obiettivi agonistici”.

Come svolgete le prove d’esame?
Le prove d’esame, allo scopo di raggiungere i diversi livelli delle cinture, prevedono una parte nel quale l’allievo deve dimostrare una buona esecuzione dei fondamentali o kyon, poi un corretto svolgimento del katà e del kumitè e, infine, una parte teorica nella quale sono chiesti i nomi in giapponese delle tecniche che impara progressivamente. Per le cinture di alto livello, come le marroni e le nere, si valuta anche l’aspetto tattico nel combattimento ed i movimenti durante l’esecuzione dei katà“.

Nabil Morcos

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