Trystan Bertani è sempre stato abituato a volare sulla fascia, ma il suo sogno fin da piccolo è stato quello di volare nel cielo, alla guida di un aereo: passione che non è mai venuta meno e che lo ha portato, ad appena 23 anni, a dire basta con il calcio giocato per dedicarsi a ciò che ha sempre voluto fare: l’attaccante classe ’00 saluta così l’Union Villa Cassano per dedicarsi appieno alla sua nuova carriera lavorativa.

Lo fa con un sorriso, con un velo di rammarico, ma con gli occhi di chi sa che la scelta è quella giusta, anche se separarsi da ciò che per 19 anni è stata una bellissima routine non è mai facile. “Ho sempre saputo che questo momento, per mia volontà, sarebbe arrivato presto – conferma Bertani – ma non mi aspettavo fosse così difficile. Per quasi vent’anni la mia vita è stata un tutt’uno con il calcio, allenandomi in settimana per giocare la domenica, o anche solo vivendo l’estate in ottica della ripartenza di settembre; mi sembra di lasciare un pezzo di me e, per quanto sia entusiasta di scoprire ciò che avverrà dopo, non posso non provare un pizzico di malinconia”.  

Perché il volo?
“Fin da bambino ho sempre detto che da grande avrei fatto il pilota: sono stato coerente. Lo scorso novembre ho finito il corso ATPL (Airline Transport Pilot License, ndr) e nel giro di sei mesi sono stato assunto da Wizz Air: chiaramente mi sarebbe impossibile conciliare sport e lavoro, cosa che finora ho sempre fatto senza problemi con lo studio facendo entrambe le cose al massimo delle mie possibilità, per cui avanti tutta con il mio sogno”.

Tutto al massimo delle tue possibilità: non a caso vanti una carriera di tutto rispetto…
“Per il mio livello non posso lamentarmi. Dopo i primi calci all’Azzate, poi Insubria, sono passato alla Varesina dove sono cresciuto fino agli Allievi, prima di spostarmi a Varese. Il biancorosso è stata una tappa davvero importante per la mia crescita visto che ho potuto competere tra gli Allievi professionisti grazie alla deroga post fallimento 2015/16. Tolta la parentesi in prestito al Busto81, con il Varese ho avuto anche la possibilità di giocare la Juniores Nazionale finché, con il peggiorare delle vicende della Prima Squadra e l’incertezza sul futuro, Ciro Improta mi ha consigliato di andare a Vergiate in Promozione. Ho iniziato davvero bene anche se, con il mercato invernale e nuovi innesti, nel girone di ritorno ho trovato meno spazio; la gioia di aver vinto il campionato è però stata la giusta ricompensa. Poi è toccato a Gavirate, sempre in Promozione: gruppo stupendo e tanta giusta panchina, perché davanti a me avevo tre mostri sacri del calibro di Lercara, Tartaglione e Miele, anche se sono riuscito a ritagliarmi i miei spazi e contribuire alla promozione in Eccellenza. Da lì è iniziata la parentesi con l’Union Villa Cassano: il Covid ha bloccato il primo campionato e l’anno scorso siamo ahinoi retrocessi, ma non ho avuto dubbi, malgrado le richieste, nello scendere in Prima Categoria”.

Perché?
“Sembrerà banale, ma non lo è: per il gruppo. Fin dall’inizio si è subito creata una bella alchimia nello spogliatoio e voglio fare i miei complimenti alla dirigenza, a cominciare dal presidente Luigi Ielmini che è veramente una persona d’oro. Con i ragazzi è poi nato qualcosa di speciale ed è stato un piacere per me poter vivere questa stagione con loro; sono contento, a proposito, che Stefanazzi abbia vinto il Pallone d’Oro di Varese Sport. Non posso non citare Edoardo Cutrignelli o me la farà pagare… (ride, ndr)”.

Veniamo per l’appunto alla stagione: cosa puoi dirci?
“Sapevamo che non sarebbe stata facile, ma portiamo a termine un’annata davvero intesa che, a prescindere dai risultati, ci ha regalato parecchie soddisfazioni. Abbiamo chiuso al terzo posto lasciando per strada qualche punticino che avrebbe potuto valere i playoff, ma soprattutto il cammino in Coppa Italia è stato qualcosa di sensazionale visto il supporto che abbiamo avuto fino alla finale. Vincendo ci saremmo messi in un’ottima posizione per un eventuale ripescaggio e dispiace non esser riusciti a coronare l’impresa”.

Anche se hai 23 anni parliamo di un “fine carriera” per cui la domanda è: cosa ti hanno lasciato tutte queste esperienze?
“Umanamente parlando mi hanno lasciato tanto, a livello sia positivo sia negativo: dal non fidarsi di nessuno con alcuni soggetti all’aprirsi a chiunque e trovare così, come successo negli ultimi anni a Cassano, amicizie sincere da coltivare nel tempo. Anzi, appena il Cassano salirà di livello sarò ben felice di ospitarli a bordo per portarli in trasferta (ride, ndr)”.

Nella scelta tra calcio e volo non hai avuto dubbi: se però il calcio fosse stato a livelli più alti?
“Bella domanda. Diciamo che nella mia carriera non ho mai avuto dubbi e non li avrei avuti nemmeno se fossi andato in Serie C. Se invece mi fossi trovato a scegliere tra una Serie B o una Serie A magari ci avrei pensato, ma non è questo il caso”.

E adesso… si cambia vita.
“Sarà senz’altro un drastico cambio della mia routine. Finora posso dire di essere stato nella mia comfort zone accompagnato da amici e famiglia: tutti continueranno a darmi il loro supporto, ma ora inizierò a muovere i primi passi in un mondo che ancora conosco oggettivamente poco sperando di aprire il periodo più bello della mia vita. Al momento l’unico pensiero che ho è quello di iniziare, perché mi basta stare a bordo di un aereo e volare per essere felice. Dove andrò? Al momento non so ancora. Wizz Air ha cinque basi in Italia, a Malpensa, Venezia, Fiumicino, Napoli e Catania. Ogni pilota lavora vicino alla base in cui viene inviato avendo una volta al mese un volo per tornare a casa”.

Come ti senti quando voli?
“Libero. È una sensazione difficile da spiegare, ma questo mondo mi ha sempre affascinato e, una volta iniziati gli studi, me ne sono davvero innamorato: mi affascina la complessità meccanica che c’è dietro, la necessità di stare sempre attivo e aggiornato. La gente tende ad immaginare che una volta messo l’autopilota il gioco sia fatto, ma non è proprio così e studiare quotidianamente è fondamentale per rimanere costantemente sul pezzo”.

La tua famiglia come ha preso questa scelta?
“Sono stati il mio motore. All’esterno tutti hanno sempre avuto dubbi sulla mia scelta anche perché la scuola non è che fosse proprio il mio forte, almeno fino all’Istituto Tecnico Areounatico, ma i miei genitori non hanno mai smesso di sostenermi sia a livello economico, perché il percorso di studi è stato senz’altro impegnativo, sia a livello emotivo ed empatico. Il ringraziamento va a tutti: da mio papà Maurizio a mia mamma Emanuela, dalle mie sorelle Sharon e Hillary alla mia fidanzata Anastasiya, senza dimenticare mio nonno Gigi”.

Il calcio ha fatto parte della tua vita per 19 anni: lo abbandonerai definitivamente?
“Penso di aver fatto più partitelle con gli amici in queste settimane che in tutta la mia vita: non riesco a staccare e non staccherò mai. Sapevo che sarebbe arrivato il momento di questa decisione forzata, ma già adesso mi manca l’adrenalina della domenica. Per cui continuerò a seguire il calcio, a vedere quante più partite possibili e a sperare che il mio Varese possa tornare ad alti livelli. Sì, sono tifosissimo del Varese e, pur giocando ogni domenica, ho sempre fatto l’abbonamento: mi auguro che i colori biancorossi tornino nel professionismo perché la piazza se lo merita e spero di tornare all’Ossola per andare a vedere una partita di categoria ben diversa rispetto a quella attuale”.

Matteo Carraro

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