Maestra a scuola, Maestro in palestra: Elisa Bortesi ha il Karate e l’insegnamento nel sangue, passioni che confluiscono alla perfezione sui tatami del dojo Impero del Sole a Saronno. Il Maestro Bortesi è infatti ben attenta alla formazione fisica e psicologica dei giovani atleti che scelgono la nota arte giapponese come autentica scuola di vita.

Maestro Elisa, come si avvicinò al Karate?
“All’età di sei anni, siccome ero molto timida, i miei genitori mi hanno fatto approcciare al Karate, sport che pratico ormai da molto tempo. Mi appassionarono in particolare le cinture colorate degli atleti e, soprattutto, la figura del Maestro, rispettato anche da coloro che avevano conseguito quelle di alti livelli. In generale, mentre gli adulti combattevano, trovavo quei duelli sorprendenti e spettacolari. Sono una karateka dell’Impero del Sole e ciò che mi ha condotto all’insegnamento di questo sport è stato l’affiancamento al mio Maestro dell’epoca, in particolar modo riguardo all’introduzione dei bambini più piccoli a quest’arte marziale giapponese. Sono laureata in Scienze Motorie: attualmente insegno matematica, scienze e geografia alla Scuola Primaria”.

Secondo lei, come concepiscono il Karate i bambini?
“Vedendo i film d’azione o di arti marziali si incuriosiscono e, su indicazione dei genitori, vengono qui in palestra. A questo punto assistono a delle lezioni di prova, nelle quali dimostriamo tutto ciò che svolgiamo durante gli allenamenti, come la ginnastica di riscaldamento, le tecniche di pugno, calcio, parate, prime posizioni, avanzamenti, arretramenti, e delle basi di kumitè o combattimento regolamentato. Di solito molti di loro scelgono poi di praticarlo, mentre altri optano per delle attività sportive diverse”.

Perché il vostro dojo si chiama Impero del Sole?
“Il nome è stato scelto dal presidente Massimo Della Patrona e fa ovviamente riferimento al Giappone, patria del Karate, paese del Sol Levante che così fu definito dai cinesi per la sua posizione geografica. Il nostro logo comprende anche un pino che richiama la Casa del Pino, dimora nella quale il celebre Maestro Gichin Funakoshi codificò a metà del 900’ lo stile Shotokan. Abbiamo due sedi operative, una a Rho e l’ altra a Saronno, della quale io sono la responsabile. Insegniamo principalmente lo stile Shotokan perché è il più famoso al mondo e lavora su aspetti psicologici ed educativi, come l’autocontrollo e il rispetto delle regole. Siamo una società dilettantistica, ma abbiamo anche una squadra agonistica che svolge delle gare provinciali, regionali ed europee. Nel Karate sportivo, rispetto a quello tradizionale che è più statico, sono privilegiate le posizioni alte e i duelli sono molto più dinamici e coinvolgenti”.

Cosa sono per voi il Katà e il Kumitè?
“Nel Katà, o dimostrazioni di tecniche, sono visibili i diversi stili del Karate. Introduciamo i bambini al Katà a partire dall’età di sei anni e insegniamo loro quelli di base, noti come Heian; svolgiamo sia Katà singoli che di squadra, e li definiamo anche come delle simulazioni di combattimento contro degli avversari immaginari. Nei bambini il Kumitè, o combattimento regolamentato in coppia, avviene senza contatto fra loro ed è prevista l’esecuzione delle tecniche restando distanti dall’ avversario, visto che vige la regola di non colpirsi. Il contatto fra i karateka è consentito solo a partire dai quattordici anni e si indossa un’attrezzatura omologata che prevede il casco, i guantoni e il paradenti. Il nostro Karate è finalizzato anche alla difesa personale e, a partire dal conseguimento della cintura marrone, sono incluse anche le proiezioni”.

Il Karate include anche delle leve, come il Judo?
“In generale no, ma c’è la possibilità di insegnarle solo per propria conoscenza nell’ambito della difesa personale, in cui sono viste come delle trattenute. Il Karate è una sintesi di tecniche sia d’attacco che di difesa, nel quale non si prevede un combattimento da terra; il Judo, più che un vero combattimento, è invece nel complesso più una lotta fisica. Pur svolgendo i Katà a mano nuda, a volte usiamo anche i bastoni che ci aiutano a capire meglio la finalità della tecnica effettuata”.

Come si svolgono da voi gli esami?
“Tra una cintura e l’altra è prevista una prova di fondamentali, o kyon, che comprende le tecniche di pugno, calcio, parate alte e basse, cui seguono i differenti Katà e il Kumitè; le marroni svolgono anche due o più Katà. Alla fine c’è anche un’interrogazione orale e teorica in merito al Bunkai, o tecniche del Katà impiegate a scopo difensivo; di solito, ai karateka agonisti sono rivolte delle domande anche in merito al comportamento sul tatami in gara, o all’ arbitraggio. Intendiamo evolverci, promuovendo specialmente la pratica sportiva del Karatè”.

Nabil Morcos

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