
Il nostro viaggio nel mondo delle arti marziali torna a far tappa a Gallarate, presso il Fuji-Yama, dove l’Insegnante Andrea Pasolini ci guida alla scoperta dello Iaido, una disciplina giovane in Italia ma che sta riscuotendo sempre più consensi grazie ai risvolti filosofici, morali e tecnici che implica.
Andrea Pasolini, come si avvicinò allo Iaido?
“L’ho scoperto soprattutto per la passione che da piccolo avevo nei confronti del Giappone, dei Samurai e delle katane. Ho praticato il Karate dall’età di otto anni fino ai trenta, poi ebbi il primo approccio con lo Iaido: svolsi una lezione di prova e mi piacque molto, soprattutto per il fatto che in quest’arte marziale nipponica bisogni continuamente cercare la perfezione interiore. Il suffisso nipponico do è la retta via allo scopo del miglioramento di sé stessi: lo Iaido segue la filosofia Zen e si può considerare come l’arte di estrazione della spada giapponese, una sorta di meditazione in movimento. Attualmente sono Insegnante di Iaido, il quale è diffuso in tutto il mondo ed praticato sia da uomini che da donne; in particolare quest’ultime se la cavano davvero bene, perché si tratta di una disciplina basata sull’armonia dei gesti e sulla precisione. Tuttora pratico anche il Katori Shinto-ryu”.
Quali sono le origini di quest’ arte marziale?
“Il codificatore fu il Samurai Shingenobu Jinsuke Hayashizaki, che decise di viaggiare per il Paese del Sol Levante allo scopo di apprendere le tecniche delle varie scuole di scherma giapponese, inclusi i katà di Iaijutsu. Quest’ultimo era insegnato ai Samurai nell’epoca Feudale allo scopo di difendersi da un attacco inaspettato nel momento in cui si era seduti o mentre si indossava un’ armatura. Hayashizaki fondò poi una propria Scuola, e alcuni di quei katà sono tutt’oggi studiati in molte Scuole Antiche”.
Impiegate altre armi oltre alla katana?
“No. Usiamo solo ed esclusivamente la katana con cui eseguiamo tecniche d’attacco diretto dopo lo sfoderamento e di difesa o parata. Non sono previste tecniche a corpo libero, neanche duelli o combattimenti fra iaidoka perché le tecniche sono dimostrate durante lo svolgimento di un katà individuale eseguito con una katana in metallo non affilata. Nello Iaido ci sono diversi dan: si parte dal primo kyu, che equivale alla cintura marrone del Karate, e si prosegue fino all’ottavo dan, attualmente riconosciuto solo in Giappone”.
Cosa svolgete in allenamento?
“Studiamo dodici katà di Iaido federali. Alcuni fra questi furono codificati da alcuni maestri giapponesi negli anni ’60, mentre gli ultimi due sono stati aggiunti negli anni 2000 allo scopo di insegnare ai principianti ad usare la katana. Ogni dojo di Iaido segue un’antica e diversa scuola nipponica: noi gallaratesi, ad esempio, ci ispiriamo alla Muso Shinden Ryu, ma anche ciascun maestro ha una propria metodologia d’insegnamento. Nei dodici katà federali si usa la spada, e in quest’arte marziale si affinano sia la precisione nella tecnica sia la ricerca dell’evoluzione fisica e interiore”.
Si svolgono le gare di katà?
“Sì. Qui in Italia lo Iaido è una disciplina giovane promossa dalla CIK (Confederazione Italiana Kendo, ndr). Nell’agonistica vi sono due aree, nelle quali due sfidanti, dopo il saluto alla spada, eseguono cinque katà dei dodici previsti dalla Federazione che vengono scelti dalla commissione. I concorrenti, dopo il saluto finale, vengono votati da tre giudici che alzano le bandierine relative ai colori del partecipante che per loro ha svolto meglio e con maggior disinvoltura questi katà. In Italia si svolgono campionati nazionali italiani di Iaido, anche Europei, ma non è ancora tempo di Mondiali”.
Lo Iaido risente per caso di influssi da parte del Kendo?
“Lo Iaido e il Kendo sono due arti marziali quasi sorelle. Lo Iaido fu appunto codificato in origine anche allo scopo di insegnare ai kendoka ad utilizzare la vera spada in metallo affilata, poiché nel Kendo si impiega la spada di bambù. Nei katà del Katori Shinto-ryu e nelle forme previste nello Iaido, invece, ci sono delle differenze: il Katori Shinto-ryu risale all’epoca Feudale del Giappone e ai principi marziali, mentre nello Iaido si studia il modo corretto di reagire all’attacco da parte dell’ avversario, ed è anche una ricerca per combattere le proprie angosce, quasi una lotta contro la propria interiorità. Nello Iaido non sono previste le protezioni: si indossa il Ji e l’Akama, il “gonnellone” dei Samurai”.
Obiettivi futuri?
“Senza dubbio la crescita del nostro gruppo, per ora formato da molti iaidoka principianti. Ritengo che per loro sia ancora prematuro il fatto di svolgere delle gare, ma in futuro parteciperanno senz’altro alle competizioni agonistiche. Al momento preferisco concentrarmi soprattutto sulla loro evoluzione interiore”.
Nabil Morcos