Servono le parole dal Cap”. Nel momento forse più difficile della stagione, dopo la sconfitta più brutta e la prestazione più anonima, la voce unanime che si è alzata dal mondo biancorosso è stata proprio questa: “Servono le parole dal Cap”. E Francesca Vaccaro risponde con un sorriso alla chiamata caricandosi il suo Varese sulle spalle e tranquillizzando subito tutti: “Non è sicuramente un momento semplice, ma nemmeno così tragico: già in passato abbiamo vissuto e superato periodi simili. Bisogna essere più positivi”.

Tra l’essere positivi e negativi guardiamo al realismo dei numeri: si cercava di capire se stare in alto o stare in basso. La classifica al momento dice che siete in mezzo.
“Siamo in mezzo, ma con la consapevolezza che possiamo e dobbiamo fare meglio. Il girone d’andata non è ancora finito, siamo in corsa per migliorare il rendimento dello scorso anno, e nel cammino di ritorno possiamo riprenderci tutti i punti che abbiamo lasciato indietro”.

Se dovessimo creare un podio virtuale delle partite che proprio non ti sono andate giù, quale sarebbe?
“Dico subito Crema perché è un risultato inaccettabile per noi contro una squadra del genere che, con tutto il rispetto, non è il Lesmo; contro di loro, faticando, magari arriviamo al pari ma con il Crema avremmo dovuto giocarcela alla pari. Metto poi il Cesano Boscone: non abbiamo perso, ma dovevamo affrontarla diversamente seppur consapevoli di giocare su un campo diverso da quello cui siamo abituate e contro avversarie decisamente più fisiche di noi. A proposito di questo, l’ultimo ko contro il 3Team Brescia ha palesato tutti i nostri limiti nei confronti di squadre più strutturate fisicamente”.

Gap fisico a parte, cosa sta mancando?
“L’esperienza. Nel calcio femminile, probabilmente molto più che in quello maschile, l’80/90% è fatto dalla testa. Personalmente nello spogliatoio non vedo una ragazza che possa giocare a calcio, ma tutte noi dobbiamo crescere di testa e farlo insieme. Dobbiamo unirci ancor di più e ripartire”.

A scanso di equivoci, l’unione c’è già nonostante i nuovi innesti; dico bene?
“Assolutamente sì, è un aspetto che davo per scontato. L’invidia non piace a me così come non piace alle mie compagne e l’armonia all’interno dello spogliatoio, al netto delle delusioni per qualche risultato amaro, è sempre la stessa. Se qualcuna non gioca si arrabbia con sé stessa, non con le altre, e mi fa piacere che anche le ragazze nuove si siano integrate bene. Anzi, paradossalmente se ci fossero dei problemi interni sarebbe più semplice risolvere il problema, ma tra di noi va tutto a gonfie vele come sempre. Mi sento ancora la mamma del Varese? Forse qualche ragazza nuova non mi conosce ancora così bene, ma dal canto mio cerco di essere disponibile come sempre nei confronti di tutte: c’è chi si apre di più e chi di meno, ma se c’è bisogno di qualcosa io ci sono e ci sarò sempre”.

A proposito di mamma… adesso c’è un’intera famiglia biancorossa.
“Sì, ma le cose non si sono certo semplificate; anzi, la mia vita è sempre un macello (ride, ndr) perché non sempre riesco a vederli. Federico gioca nell’Under15 Regionale di mister Civita, mentre Mattia fa parte del gruppo Esordienti Under13 di Calvia: entrambi sono al settimo cielo e non saltano né un allenamento né una partita, facendo loro stessi in primis tanti sacrifici”.

Un vostro weekend tipo?
“Se entrambi giocano in casa sono facilitata perché tendenzialmente uno ha la partita alle 14.00 e l’altro alle 16.00, mentre a me tocca il giorno dopo. Se invece uno dei due gioca fuori casa allora diventa un problema, perché magari Federico scende in campo la domenica mattina. Però è bello tornare a casa, stanchi morti, e confrontarsi su come è andato il weekend; addirittura se la mia partita non è ancora iniziata e, so che entrambi hanno vinto, sono stimolata a far ancora meglio. En plein di vittorie? È successo. Credo che quella volta vinse anche la Prima Squadra, per cui tornammo tutti a casa felici e sorridenti”.

Torniamo al tuo Varese. Escludendo la Coppa Italia, restano tre partite da qui a Natale: 9 punti?
“Sono nove punti da prendere. Non solo per la classifica, ma soprattutto per il morale. Sulla carta sono tre sfide sicuramente alla nostra portata, ma come dico sempre ogni partita è a sé ed è un attimo trasformare le più facili nelle più difficili anche perché, concedimelo, noi siamo il Varese e tutte contro di noi trovano quello stimolo in più”. 

A proposito di stimoli: cosa serve per segnare?
“Buttarla dentro, ho pure detto al mister di provare a mettermi in attacco che magari è la volta buona (ride, ndr). Qui torniamo al discorso precedente: non me lo so spiegare. In squadra ci sono ragazze che sanno calciare e che sanno come segnare, eppure quest’anno il pallone sembra non voler mai entrare. Do ragione al mister quando dice che la sfortuna non esiste: sembra che ci manchi la cattiveria necessaria, aspetto che invece in allenamento è sempre presente. Domenica, ad esempio, il mister si è fatto sentire all’intervallo e nella ripresa siamo tornate in campo con maggior grinta, ma quella voglia è scemata in appena una decina di minuti. Sono sincera, fatico a capire il perché: è come se dagli spogliatoi al campo perdessimo la ferocia di andare su ogni pallone come se fosse l’ultimo”.

Come si esce da questa situazione?
“Restando unite e con la testa sempre concentrata, ricominciando da domenica consapevoli che siamo noi le padrone del nostro destino. Non è facile, lo so, ma voglio essere ottimista: sono certa che andremo a prenderci la posizione che meritiamo. Quale sarebbe? A bocce ferme dovremmo essere terze. Partendo da dove siamo ora credo che la quinta/sesta posizione sia alla portata”.

C’è un messaggio finale che vuoi dare?
“Rialziamo la testa. Anzi, ti do l’assist, mi aspetto di aprire Varese Sport domenica sera e leggere “Il Varese rialza la testa”. Non sarà semplice, come abbiamo detto, ma dobbiamo svoltare e bisogna farlo subito contro l’Albosaggia. Oltretutto, concedimi la chiosa finale, giocheremo qui alle Bustecche dove sta nascendo un Centro Sportivo di tutto rispetto. Quest’anno la società si è fatta sentire ancor di più e grazie ai nuovi sponsor possiamo avere molte più cose a disposizione; per questo il dispiacere è maggiore  vogliamo rifarci rendendo giustizia al nome e ai colori che rappresentiamo. Stadio? Sono vecchia (ride, ndr) anche se fosse pronto nel giro di due o tre anni il massimo che potrei fare è portare le borracce”. 

Matteo Carraro

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui