
Il nostro viaggio nel mondo delle arti marziali torna a far tappa a Gallarate, presso il Fuji-Yama, dove l’Insegnante d’esperienza Valerio Sonvilla ci guida alla scoperta del Katori Shinto-ryu, nota arte marziale nipponica che prevede esclusivamente l’utilizzo di armi.
Valerio Sonvilla, come si avvicinò al Katori Shinto-ryu?
“Da bambino, mio padre mi portò a praticare il nuoto e il Judo, attività sportive allora consigliate dai pediatri; iniziai con il Judo, e all’età di quattordici anni ebbi il mio primo approccio all’Aikido. Ho praticato anche Karate e Jiu-Jitsu, ma dell’Aikido apprezzai soprattutto l’utilizzo delle armi tradizionali giapponesi. L’azienda in cui lavoravo mi trasferì a Milano, e lì ebbi l’opportunità di conoscere il Kantori Shinto-ryu grazie al Sensei Claudio Regoli: dal 2004 ad oggi non ho mai smesso di praticarla e attualmente sono Insegnante di Kantori Shinto-ryu, in cui sono previsti in tutto otto dan”.
Quali sono le origini di quest’arte marziale?
“Il suo nome completo è Tenshin Shoden Katori Shinto-ryu e deriva dall’antica scuola shintoista di arti marziali tradizionali giapponesi: si tratta del tempio di Katori, vicino a Tokyo, considerata dai nipponici di provenienza divina shintoista. Il termine giapponese ryu significa scuola, e nel tempio di Katori i monaci si dedicavano all’uso delle armi tradizionali nipponiche: pertanto, si può considerare come quell’arte guerriera che diede origine al metodo bellico dei celebri Samurai, i guerrieri del Sol Levante”.
Quali armi impiegate?
“Quelle che usavano i Samurai, come il bastone lungo chiamato bo, da 1,82 metri, l’alabarda giapponese, la naginata (spada montata su un bastone lungo, ndr), la spada corta, la doppia spada, la katana e le shuriken, ossia le note stelline che lanciavano i ninja. Trattandosi di un’antica scuola, ovviamente, non sono previste le armi da fuoco, ma neppure i sai (pugnali, ndr) o i nunchaku, essendo delle armi di origine cinese. In merito alla katana, all’inizio ci si allena con una spada in legno ma, dal momento in cui la si usa con maggior dimestichezza, si passa alla versione originale di metallo. In generale, il Katori Shinto-Ryu non prevede né tecniche di pugno né di calci né di leve o di proiezioni: tutto si svolge con le armi. Non sono incluse neanche le parate, perché bisogna sempre schivare i possibili attacchi mediante le armi restando fuori dal raggio”.
Svolgete delle forme e dei combattimenti?
“In allenamento svolgiamo solo i katà in coppia o a duo, sempre con le armi, e non sono previsti esercizi a corpo libero. Nel Katori Shinto-ryu i katà sono delle forme molto veloci, che tentano di riproporre un combattimento reale; non si eseguono i combattimenti sportivi, e non c’è la pratica sportiva, a differenza della scherma occidentale che vediamo durante le Olimpiadi. Le finalità di questi katà armati sono sia la simulazione di ciò che potrebbe accadere nella realtà, allo scopo di intuirsi nell’azione a vicenda per poter reagire e contrattaccare correttamente, sia l’apprendimento dell’uso corretto delle armi. Quest’arte marziale è praticata sia da uomini che da donne: nelle fasi di preparazione usiamo le armi, ma non indossiamo le protezioni neanche durante i katà. In ogni caso, nel Katori Shinto-ryu non si svolgono dei veri e propri combattimenti, perché con le armi e senza protezioni sarebbe pericoloso”.
Qual è il senso della vostra uniforme?
“In quest’arte marziale tradizionale giapponese non vi è una divisa obbligatoria: c’è gente che viene in tuta e altri che indossano il ji o judogi. Nello Iai, ovvero il momento in cui si estrae l’arma, si deve indossare l’akama, il noto “gonnellone” dei Samurai, perché include il corretto sostegno per la spada; i nostri akama sono simili a quelli usati nell’Aikido. Non sono previste le cinture di diversi colori, ma vengono attribuiti i dan, i quali non sono particolarmente visibili sulla nostra uniforme. Durante gli esami gli allievi dovrebbero dimostrare di essere in grado di impiegare correttamente le armi, nel momento in cui svolgono dei katà con dei compagni di grado superiore. Ogni dan ha un suo preciso livello nell’abilità d’uso delle armi”.
Prevede per caso un futuro risvolto sportivo del Katori Shinto-ryu?
“No, e non è previsto. Personalmente seguo l’aspetto tradizionale del Katori Shinto-ryu perché credo che una sua futura rivisitazione in chiave sportiva andrebbe a rinnegare la natura stessa di quest’arte marziale, nella quale non esiste un vero e proprio vincitore. Ritengo inoltre che la finalità sportiva di guadagnare i punti in gara comprometterebbe l’antico spirito del guerriero”.
Nabil Morcos