Esperienza e competenza, qualità mai abbastanza elogiate, che elevano ancor di più una persona già di per sé speciale, semplice, spontanea e sincera: è difficile non voler bene ad Andrea Scandola visto che ovunque vada riesce a lasciare un bel ricordo di sé. Lo ha fatto a Varese, al netto di un’esperienza sportiva travagliata, e lo ha fatto a maggior ragione alla Varesina: in un triennio nel ruolo di responsabile dell’area tecnica (di fatto direttore sportivo insieme a Damiano Micheli) ha infatti contribuito alla vittoria dell’Eccellenza e a trasformare le Fenici in una delle più belle realtà di Serie D.

Ogni storia, però, ha un inizio e una fine: al termine di una super stagione (chiusa al quinto posto e con la sconfitta in finale playoff di Desenzano) la decisione di comune accordo di dividere le proprie strade. “È finito un ciclo – inizia Scandola –, una bellissima esperienza durata tre anni fatta di tante soddisfazioni, tra cui un campionato d’Eccellenza vinto, una semifinale di Coppa Italia e i playoff di Serie D conquistati e giocati fino alla fine. Forse anche per questo sentivo di essere arrivato al massimo che potevo offrire alla Varesina: il confronto con Damiano, Max (Massimiliano Di Caro, ndr) e tutta la società è stato quotidiano e già prima che finisse il campionato avevo maturato questa scelta. Abbiamo voluto aspettare il momento opportuno per comunicarla”.

Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
“Porto con me amicizie importanti che resteranno, e questa credo sia la cosa più bella. Poi, sicuramente, c’è stata una forte crescita personale: questi tre anni mi sono serviti per maturare e, a mia volta, spero di aver lasciato qualcosa avendo contribuito alla crescita di tutto l’ambiente che sento un po’ anche mio. Sono arrivato in un momento di stallo in cui non si riusciva a vincere l’Eccellenza: l’abbiamo vinta al primo anno abbastanza agevolmente e poi ci siamo consolidati in Serie D, aspetto sicuramente non scontato. Sono esperienze di vita, ancor prima che di sport, che restano in maniera indelebile”.

Se dovessi scegliere il ricordo più bello quale sceglieresti?
“Sicuramente la vittoria dell’Eccellenza, proprio perché era un obiettivo che la società inseguiva da tempo. Vincere un campionato, a prescindere dalla categoria, non è mai facile ed è stato il primo importantissimo tassello che siamo riusciti a mettere. Poi di momenti belli ce ne sono stati, tra cui non posso non citare l’aver raggiunto il primo posto a nove giornate dalla fine e la vittoria di Piacenza ai playoff. In generale conservo ottimi ricordi di ogni stagione e lascio con un pizzico di orgoglio una società che, per quanto può ancora crescere tanto, è già una bella realtà di Serie D”.

C’è, pertanto, un augurio che vuoi fare alla Varesina?
“Parliamo di una società fuori categoria per impostazione e organizzazione: lo era in Eccellenza e secondo me lo è anche in Serie D. Ad oggi posso solo dire grazie alla società, ai ragazzi che hanno fatto parte di questo triennio, a tutto lo staff e alle persone che hanno lavorato con me quotidianamente: la Varesina arriverà sicuramente nel professionismo perché se lo merita e auguro il meglio a chiunque ne faccia parte, a cominciare da Damiano che conosco da ben undici anni e con cui ho lavorato quotidianamente negli ultimi tre. I giocatori? Ho parlato con ognuno di loro dicendo ciò che mi sentivo di dire: il gruppo di quest’anno ha potenzialità immense e mi auguro di vedere presto questi ragazzi in categorie superiori. Che sia C, B o A non importata: tutti loro sanno che devono solo continuare su questa strada”.

E quale sarà invece la strada di Andrea Scandola? Hai detto che sei in cerca di nuovi stimoli: dove li troverai?
“Nella società che mi proporrà un progetto di valore e di prospettiva ma, ti anticipo (ride, ndr), non c’è ancora nulla di concreto: qualche chiacchiera c’è stata e qualche proposta l’ho già declinata perché non mi dava quel brivido di cui ho bisogno. Se non do il 120% non mi sento soddisfatto e ho quindi bisogno di una sfida che mi dia adrenalina: mi auguro che arrivi e, se così non fosse, aspetterò. Ho però tanta voglia di mettermi in gioco”.

Pur non essendoci legato direttamente hai fatto parte della storia biancorossa: cosa ne pensi del Varese?
“Con la dirigenza sono rimasto in ottimi rapporti, soprattutto con Giovanni Rosati che conosco da tanti anni. Non c’è stato nessuno contatto “lavorativo”, ma resta un bel rapporto di amicizia e non posso che augurare il meglio al Varese: ho fatto personalmente i complimenti a Raineri e Cotta perché quest’anno hanno fatto un lavoro davvero importante, e non era affatto scontato. Conosco bene Antonio Montanaro, siamo amici, e sono certo che potrà fare davvero bene perché il Varese vuole e merita di tornare nei professionisti”.

Come si costruisce una squadra vincente?
“Attraverso il lavoro quotidiano. Sicuramente serve conoscenza nel scegliere i ragazzi giusti e poi sta a loro: tornando alla Varesina, ad esempio, pur avendo tenuto solo cinque giocatori rispetto allo scorso anno, fin dal primo allenamento avevamo capito di avere un gruppo importante perché ogni giocatore si è messo a disposizione dello staff e della società con voglia e ambizione. Poi è normale che qualcuno abbia più talento di altri, ma bisogna essere dei martelli e volersi migliorare ogni giorno: questo è l’unico segreto per vincere”.

Matteo Carraro

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