Ha appena vinto il campionato di Serie A2, con Trieste, contro Cantù, in un mero gioco del destino.

Giancarlo Ferrero ha scritto la storia, ancora una volta, con una maglia biancorossa, non quella di Varese, però, ma quella del club giuliano, tornato in A1 dopo solo un anno di purgatorio.

Una promozione che profuma, inevitabilmente, di Varese, visti gli interpreti. Una promozione che ora pone il grande interrogativo sul futuro del Gianca e su quella possibilità di rivederlo o meno al palazzetto di Masnago, la sua casa, l’anno prossimo, dall’altra parte della barricata ma mai come avversario della sua Varese.

Giancarlo, intanto, partiamo dalla felicità per la promozione raggiunta?
“La felicità sicuramente è tanta. E’ stato difficile, molto, centrare questo traguardo al primo colpo. Personalmente erano tanti anni che non avevo a che fare con la Serie A2, un campionato difficile, con grande competizione, ricco di squadre che lottano per salire in A1. E’ stato sicuramente un anno complesso per noi, non è stata una cavalcata trionfale ma il successo finale è stato il giusto riconoscimento per una seconda parte di stagione in cui abbiamo messo insieme tutto quello che abbiamo seminato e superato durante l’anno”.

Com’è stata la sua prima stagione dopo tanti anni lontano da Varese?
“Senza dubbio ho dovuto cambiare alcune cose, tra cui l’approccio al gioco. All’inizio dell’anno, sia nei numeri ma anche come apporto concreto, ho fatto fatica. Ci è voluto tempo per riadattarmi ed essere utile alla squadra proprio perché, come dicevo prima, tra A1 e A2 cambiano le richieste anche per un giocatore specialista come me. Ho trovato delle differenze, grazie però al lavoro ed alla fiducia che ho ricevuto sempre da coach, compagni e società, sono felice di essere riuscito a dare il mio contributo, come volevo, nella seconda parte di stagione”.

Quanto è difficile giocare in A2?
“E’ un campionato difficile, in primis perché ci sono grandi piazze storiche con grande seguito: penso a Trapani, Cantù, noi, Udine, Verona, Fortitudo Bologna. Sono realtà storiche della nostra pallacanestro, l’anno prossimo ci saranno Brindisi e Pesaro, tutte società che vogliono subito salire e i posti son due. Quest’anno è stato complicato, perché dopo una stagione lunga in cui magari una realtà domina si deve interfacciare con i playoff, con squadre ormai sempre più attrezzate, sia a livello di italiani che di stranieri”.

Quest’anno si è ritrovato a giocare in un contesto di basket molto incline alla filosofia di Varese del Moreyball: simile ma non così uguale però…
“Molto diverso direi. C’erano concetti assimilabili ma credo che, soprattutto verso la fine della stagione quando abbiamo trovato la nostra dimensione, il nostro gioco è stato davvero poco vicino a quello di Varese dello scorso anno. Abbiamo dovuto plasmare tutto sulle nostre qualità individuali, sulle caratteristiche, sul modo di giocare, sul fatto che abbiamo trovato vantaggi vicino a canestro. Posso dire che solo alcuni concetti sono stati assimilabili, poi sono cambiate cose a livello di ritmo e di possessi giocati rispetto a quanto fatto a Varese un anno fa o ai concetti iniziali. Abbiamo avuto una metamorfosi”.

Avete conquistato una promozione dal forte sapore varesino lei, Arcieri, Reyes e Ruzzier…
“Verissimo (ride, ndr). Quando l’anno scorso ragionavo dentro di me, dopo la firma con Trieste, pensavo a quanto sarebbe stato bello salire in A1 in una finale contro Cantù ed il destino ha voluto così, nemmeno Shakespeare avrebbe scritto un finale così. La nostra forza quest’anno è stato il gruppo. Dal primo giorno ho avuto la percezione di una squadra che era insieme da più tempo. Tanti giocatori erano qui dall’anno prima, quelli che tu hai citato già ci conoscevamo e questo ci ha portato ad avere grande coesione, voglia e fame di risalire subito. E’ stata una promozione anche un pò varesina, ho avuto la percezione di giocare per due popoli tra messaggi e presenze al palazzetto. Sapevo sarebbe successo questo e mi ha fatto davvero tanto piacere”.

Quanta emozione ha provato nel vedere, dopo le due gare a Cantù, tanti tifosi di Varese presenti per salutarla ed abbracciarla di nuovo?
“E’ stata un’emozione grandissima. Lo staff di Trieste è rimasto stupito di questa cosa, è qualcosa di non comune che ancora una volta, l’ennesima, mi ha dato la testimonianza di quanto ci sia grande affetto con gli amici di Varese. Sui social, nei messaggi, ho ricevuto tantissimo amore ed è qualcosa di unico”.

E’ vero che parliamo di A2 e per fortuna con Varese non ha mai dovuto giocarci, ma non l’è rimasto un pò di amaro in bocca dal fatto che, per alzare di nuovo un trofeo, sia dovuto andare via da Varese?
“Sicuramente ci ho pensato. Ho detto spesso, e continuo a farlo con il sorriso, che Varese è qualcosa di unico per me ed andrà oltre l’aspetto sportivo, quindi è ovvio che riuscire ad alzare un trofeo con Varese era un sogno che avevo e che magari potrà succedere… come tifoso”.

Ad un anno di distanza, a mente fredda, quanto l’è mancato non poter salutare come avrebbe voluto lei e come avrebbe voluto tutto il popolo biancorosso, la sua Varese?
“Dopo un anno, chiaramente, le emozioni diventano più leggere. E’ ovvio che non vedo l’ora di tornare al palazzetto e salutare tutte le persone che mi voglio bene, perché la verità è questa, il pubblico varesino mi vuole bene più come uomo che come giocatore. Il destino dirà se lo farò come giocatore dell’altra squadra, ma mai come avversario, o come spettatore. Non lo so, ma sicuramente, in entrambi i casi, sarà una grande gioia”.

Dalla sera che avete conquistato la promozione, quante volte si è immaginato a Masnago dall’altra parte della barricata il prossimo anno?
“Onestamente faccio fatica ad immaginarmelo. Non so se accadrà, perché la realtà è questa. Al momento non ho contratto con Trieste, attenderò nei prossimi giorni di fare una bella chiacchierata con Mike Arcieri per capire se potrò essere utile alla squadra l’anno prossimo in Serie A, però davvero vedermi non con la maglia di Varese a Masnago è qualcosa che faccio fatica ad immaginarmi ma sarà bello in ogni caso, come ho detto prima”.

Ecco, quale sarà il futuro di Giancarlo Ferrero nel caso in cui non dovesse rimanere a Trieste?
“Non so darti una risposta oggi. La precedenza su tutto ce l’ha Trieste e Michael Arcieri, un uomo che devo ringraziare perché mi ha dato una grande opportunità. Non era un momento semplice per me, ha creduto in me e ha pensato potessi essere utile alla rinascita di questa squadra e la precedenza su tutto ce l’ha lui. Dopodiché si apriranno tante strade: dall’accettare un’altra sfida o decidere di smettere, dedicandomi esclusivamente al mio lavoro di consulente finanziario”.

Alessandro Burin
Foto IG Giancarlo Ferrero

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