
In occasione della “Giornata contro la violenza sulle donne”, abbiamo voluto affrontare l’argomento con un approccio diverso rispetto a quello tradizionale. Vi presentiamo l’esempio di una donna che ha deciso di fare la differenza, contribuendo attivamente alla protezione e al sostegno di donne e giovani, dedicando gran parte della sua vita e della sua carriera a questo scopo.
Il decreto legislativo n. 39 del 28 febbraio 2021, all’art. 16, per tutelare minori e prevenire molestie, violenza di genere e discriminazioni basate su etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale, ha imposto alle Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate, Enti di Promozione Sportiva e Associazioni Benemerite, in accordo con il CONI, di redigere nuove linee guida dei modelli organizzativi e dei codici di condotta con obbligo di Safeguarding entro il 31 dicembre 2024.
A tal riguardo, Pallacanestro Varese ha comunicato che dal 25 giugno 2024, secondo le indicazioni della FIP, è stato adottato il modello organizzativo “Safeguarding” ed aggiornato il codice etico, nominando la Dottoressa Raffaella Demattè Officer Safeguarding.
A raccontare oggi è lei, Raffaella Demattè (nella foto in alto insieme ad Adele Patrini, Presidente dell’Associazione CAOS nel Pink Month, il mese di sensibilizzazione del cancro al seno), responsabile delle relazioni esterne e CSR nonché Safeguarding Officer della Pallacanestro Varese, una figura di spicco nel panorama sportivo dei biancorossi con ben 23 anni di servizio alle spalle. La sua carriera è stata caratterizzata non solo da un profondo impegno nei confronti della squadra, ma anche da una dedizione instancabile alla lotta contro la violenza sulle donne.
A lei la parola: “Mettiamola così, questo è il mio lavoro, è un impiego. Ho iniziato a lavorare qui, anche se non vengo dal mondo dello sport, ma sono laureata in lingue e grazie a queste competenze mi sono inizialmente occupata della relocation delle famiglie dei giocatori, offrendo supporto al team manager. Ciò che mi contraddistingue principalmente è stata una sensibilità femminile: in un mondo maschile, come è quello dello sport in Italia, ho iniziato a occuparmi di progetti sociali per la Pallacanestro Varese, ma anche per le scuole, con particolare attenzione alle attività con i giovani. Quattro anni fa, ho sfruttato il mio tempo libero e il periodo del Covid per formarmi come operatrice d’accoglienza nei centri antiviolenza e al centro EOS di Varese ho iniziato il mio percorso. Col tempo la mia attività di volontariato è cresciuta, e da quest’estate sono vicepresidente di questo centro. La mia vita professionale e il volontariato, a cui dedico il tempo restante, sono per me, come per molti altri, estremamente importanti”.
A notarlo è stata anche la Pallacanestro Varese che quest’anno ha deciso di nominarla Safeguarding Officier: “Una scelta saggia, a parer mio, è importante dare questo ruolo a chi ha delle conoscenze per trattare temi così delicati ed importanti e per me è un grande onore farlo”, aggiunge la Dottoressa che, laureata all’università Bicocca, ha anche sostenuto un corso ADV (Against Domestic Violence).
La Dematté spiega che chi legifera ha iniziato ad imporre un’attenzione in più, un miglior controllo nelle strutture sportive, sulla possibilità di abusi fisici e psicologici, dove giovani ragazzi e donne potrebbero vivere situazioni di disparità, abusi o pericolo: Questo perché? – continua – Perché lo sport, in realtà, ha una valenza fondamentale: l’inclusione. Sebbene il termine “inclusione“ sia ormai ampiamente usato, il suo vero significato è la partecipazione completa di tutti, senza discriminazioni di genere, etnia, razza, credo, e altro. Lo sport è il luogo in cui tutti dovrebbero trovar spazio sicuro e tale deve essere tutelato al massimo. Per questo motivo, è essenziale che il progetto e la missione vadano a buon fine. Ringrazio i legislatori che hanno reso effettivi questi provvedimenti, è una cosa necessaria e fondamentale. La formazione con allenatori e giovani è cruciale; sembrano temi scontati, ma non lo sono affatto. Ad esempio, nel linguaggio, le parole riflettono i pensieri: parlando bene, si pensa bene. Quando si usano brutte espressioni, spesso si ride, ma queste hanno radici molto più profonde. Lo sport, con i suoi momenti di cameratismo… può sembrare un contesto leggero, ma le parole hanno un impatto significativo a livello psicologico”.
Mi parli del centro EOS…
“EOS centro ascolto donna, è attivo a Varese da 26 anni ed è in via Carlo Robbioni 14. È il centro più antico di Varese e si distingue per la sua spinta femminista, una tradizione che viene dagli originali centri antiviolenza nati per tutelare i diritti delle donne. È un’associazione di volontariato che sostiene le donne e i minori vittime di violenza, molestie e maltrattamenti in famiglia, un luogo di ascolto e di accompagnamento nel percorso di uscita dalla violenza. Nel corso di questi anni EOS, con l’aiuto delle operatrici di accoglienza, psicologhe, avvocate specializzate, mediatrici culturali ed educatrici, ha seguito e sostenuto circa 3000 donne”.
Aggiunge: “La lotta contro la violenza di genere non dovrebbe essere al centro dell’attenzione solo nelle ricorrenze. Le leggi esistono, sebbene la loro applicazione sia complessa. La cronaca spesso riporta femminicidi, l’uccisione di donne in quanto tali, che accadono perché permessi e non adeguatamente contrastati ed è evidente che la lotta al femminicidio ha ormai assunto una dimensione politica. Dal mio umile punto di vista, so di non poter competere con le grandi organizzazioni, ma credo fermamente che chiedere aiuto sia il primo passo. Chi chiede aiuto è già a metà strada, perché nessuno si salva da solo. Non chiamiamo mai le donne che arrivano “vittime”, perché il termine implica debolezza, ma anzi sono donne fortissime che gestiscono famiglia, figli e il loro crollo psicologico. Nei centri, si crea un patto e un’alleanza tra donne, assieme sviluppiamo la consapevolezza della violenza vissuta e affrontiamo situazioni logoranti come il controllo ossessivo del cellulare o la condivisione non consensuale di foto intime. Tutto ciò che viene detto rimane lì, e nessuna è obbligata a denunciare. Il nostro compito è fornire loro gli strumenti e la forza necessaria, grazie all’aiuto di professionisti come psicologi, traduttori, legali e consulenti per l’empowerment e l’inserimento lavorativo. Supportiamo queste donne e ragazze, sempre più giovani, per riprendere in mano le loro vite”.
La sua speranza?
“La violenza è una scelta. Chi agisce con violenza lo fa consapevolmente e la responsabilità di contrastarla ricade su tutta la società: su di noi cittadini. Quando assistiamo ad episodi di violenza, non dobbiamo voltarci dall’altra parte e gli uomini, spesso considerati parte del problema, possono invece essere parte della soluzione, attraverso la formazione e l’educazione delle nuove generazioni. Genitori, insegnanti e figure di riferimento devono educare al rispetto, insegnando a riconoscere e a non accettare la violenza. Le donne che sono state vittime di violenza possono aspirare a una vita senza ricadute, ma devono imparare a volersi bene, a rispettare se stesse e il proprio tempo, ma la chiave è l’autodeterminazione, valorizzarsi e volendosi bene”.
In conclusione, l’impegno di Raffaella Demattè e della Pallacanestro Varese rappresenta un esempio concreto di come lo sport possa essere un potente strumento di inclusione e di lotta contro la violenza di genere e la storia di Raffaella è un promemoria dell’importanza dell’azione individuale e collettiva. Ogni gesto, ogni parola, ogni decisione conta nella creazione di una società più giusta e inclusiva e richiede l’impegno di tutti noi. Nessuno si salva da solo, e insieme possiamo fare la differenza.
Chiunque avesse bisogno di aiuto, o volesse avviare un percorso di volontariato presso Eos ascolto donna può chiamare il 0332 231271.
Enevia Apa