E’ tempo di voti e di pagellone in casa Pallacanestro Varese dopo una stagione chiusa con il terz’ultimo posto in campionato e l’eliminazione in semifinale di FIBA Europe Cup. Questa la prima parte dei nostri giudizi.

BIALASZEWSKI 6

Arrivato il 29 luglio con praticamente tutta la squadra già fatta, senza alcuna esperienza da capo allenatore alle spalle ma forte del rapporto instaurato con Luis Scola ai tempi di Milano e dalle esperienze e conoscenze maturate in tanti anni di lavoro in NBA e con coach Ettore Messina. Dopo qualche settimana dal suo arrivo cambia il metodo di allenamento per allinearsi ai dettami tattici e tecnici del Moreyball, inizia con una squadra che ha come asse play-pivot la coppia Shahid – Cauley-Stein, la finisce con l’asse Mannion – Spencer. Basterebbe questo cambio per descrivere la stagione di Varese in generale ma anche la sua. Un’annata contrassegnata dal poco phisique du role di coach B. che però ha le spalle grosse per fare da parafulmine (non come quello che si autodefinì impropriamente Alessandro Gentile) ad una stagione ricca di complicazioni ed errori che vanno ben al di là delle sue lacune, pur presenti, in un ruolo mai ricoperto prima. Nonostante tutto, nonostante i fischi incessanti ad ogni partita in casa da più o meno metà stagione, nonostante una squadra ribaltata come un calzino a metà anno, nonostante l’addio di Hanlan a metà stagione (miglior marcatore della LBA, uno dei migliori di FIBA Europe Cup), conquista una salvezza soffertissima e porta Varese ad un passo da una finale europea dopo tanti anni. Nonostante tutto, non sarà presente al saluto di fine anno della squadra, nonostante le maggiori difficoltà dell’annata la società non le imputi a lui (si leggano le parole di Scola a tal proposito), viene mandato via a fine stagione non certo nel migliore dei modi a quanto indiscrezioni raccontano e questo basta per descrivere una storia d’amore mai nata e che aveva un finale già scritto da diversi mesi. Sappiamo bene che questo voto creerà grandi critiche e dibattimenti, ma mettete sul piatto tutto quello che è successo in questa stagione e capirete, probabilmente, che il buon Biala ha forse avuto molto più carattere di quanto non ci si potesse aspettare per gestire una situazione assolutamente non semplice e salvare comunque la baracca.

SHAHID 5

Doveva essere il sostituto di Colbey Ross, in un mix con Marcus Keene di cui in qualche apparizione, però, ricorda solo la capigliatura. Pescato dal campionato islandese e catapultato in un sistema di basket di tutt’altro livello, palesa tutte le difficoltà del caso, in una pallacanestro troppo fisica per lui. A metà stagione il passaggio alla Juvi Cremona in A2, dove invece è un vero e proprio crack, dimostrando quella che ad oggi è la sua dimensione.

YOUNG 4

Una meteora passata da Varese senza lasciare traccia. Arrivato come taglio di Treviso, in quel momento ultima in classifica, si presenta a Varese completamente fuori forma, se ne va in condizioni addirittura peggiori senza mai dare un effettivo apporto in campo.

CAULEY-STEIN 3

Arrivato a Varese come il colpo del mercato estivo, il lungo da oltre 420 presenze in NBA e circa 25 milioni di dollari guadagnati nella massima lega mondiale (roba che basterebbe per comprare la Pallacanestro Varese e portarla a competere in Eurolega), si dimostra, purtroppo, il più grande errore che i biancorossi potessero commettere. Un giocatore impegnato oramai a lottare molto più con i propri demoni nell’extra campo che contro gli avversari sul parquet.

GILMORE 6

Senza infamia e senza lode, il suo passaggio nella Città Giardino è uno dei tanti nella storia della gloriosa società biancorossa e non lascia sicuramente il segno. Atletismo e centimetri aiutano Varese a spizzichi e bocconi nei pochi minuti in cui viene utilizzato. Insomma, un uomo che ha dato una mano nelle rotazioni per far recuperare fiato a Brown, ma alla fine nemmeno così tanto.

MANNION 9

Per salvare la Pallacanestro Varese ad un certo punto, quest’anno, c’era bisogno di un miracolo, di un giocatore capace, da solo, di caricarsi la squadra sulle spalle e di portarla alla salvezza. Mannion in pochi mesi ha cambiato completamente faccia a Varese e a sé stesso, ha trasformato i biancorossi e si è ritrovato dopo un paio d’anni davvero complicati. Ha rilanciato Varese fuori dal campo e si è rilanciato in ottica Italbasket. Ha conquistato il premio di Miglior Italiano del campionato (in soli 5 mesi), è entrato in lizza per vincere il titolo di MVP della stagione (in soli 5 mesi) ed ha riportato a Varese quell’entusiasmo che ad un certo punto sembrava completamente scomparso. Sarà per quel colore di capelli che tanto ricorda le magie in maglia biancorossa di Gianmarco Pozzecco, sarà per l’impatto avuto, sarà per l’amore che tutta Varese gli ha dimostrato, sarà quel che sarà ma matrimonio migliore non poteva esserci e tutti a Varese si augurano che questa storia possa continuare. Intanto grazie Nico, per quello che hai fatto, per quello che ci hai fatto vedere, per quello che hai saputo lasciarci: una Pallacanestro Varese ancora in Serie A.

ULANEO 7

Era arrivato tra mille dubbie perplessità: il cambio di Cento, squadra di A2, chiamato a prendere il posto di Caruso, partito in direzione Olimpia Milano. L’emozione di arrivare in una piazza storica e dal blasone indiscusso come Varese, l’orgoglio di essere stato chiamato a far parte di questa storia sono evidenti nella presentazione di Scott in maglia biancorossa. Tanto evidenti, quanto l’ambizione, la fame, la voglia di un ragazzo che si è conquistato minuti, affetto del pubblico e ottimi voti in pagella settimana dopo settimana solo grazi al duro lavoro in palestra. Mai una parola fuori posto, sempre con il sorriso stampato sul volto di chi sapeva bene di aver avuto una grande occasione e che l’ha sfruttata al meglio, in un percorso di crescita costante che ne ha caratterizzato tutta la stagione. Bravo Scott.

SPENCER 8

L’altra metà della mela, composta da Mannion, che ha dato tutt’un altro sapore alla stagione biancorossa. L’esatto opposto di Cauley-Stein: arrivato senza fronzoli o sbandieramenti, con tante perplessità perchè veniva dal Messico e non certo dall’NBA, con mille differenze tecniche e tattiche rispetto al predecessore (Skylar molto più difensore e giocatore verticale dell’attuale Cauley-Stein), Spencer ha fatto capire fin da subito il suo grande valore in squadra e la bontà dell’acquisto, resosi possibile in gran parte dall’amicizia con coach Marco Legovich, sviluppata lo scorso anno a Trieste. Uno di quei giocatori che sono poco spettacolari ma dannatamente concreti, dannatamente determinanti, nel bene e nel male (pochissime volte questa seconda opzione). Verticalità, concretezza e sostanza in un’area, quella varesina, spesso sguarnita di aiuti e presenza nella lotta a rimbalzo, dove Spencer domina e si erge a baluardo biancorosso (a Pistoia ne coglie addirittura 23 in una sola partita), primo elemento di un gioco in transizione mancato per tutta la prima parte della stagione e che l’arrivo di Spencer ha saputo riportare, dando nuova linfa a tutto il gruppo.

Alessandro Burin

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