Il nostro viaggio alla scoperta delle arti marziali prende questa volta una lieve deviazione e fa tappa nella provincia di Como presso il Centro Sportivo Musashi di Villa Guardia, dove il Maestro Riccardo Guidolin (58enne originario di Marostica, Vicenza, ma residente su suolo lariano dall’87), rappresentante italiano dell’associazione internazionale Zamudio, fondatore e Direttore Tecnico dell’ASD Real Kombat System (ma che opera anche in diversi centri nelle provincie di Varese e Vercelli), affiliata CSEN e ASC, ci illustra l’Original Jeet Kune Do e ci immerge nel vasto mondo del Kali Filippino, esprimendone anche un giudizio sul risvolto sportivo.

Perché decise di insegnare l’Original Jeet Kune Do?
“Nel 1991 è iniziata la mia esperienza nel mondo delle arti marziali e degli sport da combattimento. Inizialmente praticai la Kick Boxing, sino all’anno 1996, poi iniziai ad allenarmi come praticante nel Jeet Kune Do della Street Fighting System e poi, nel 1997, nella formazione come istruttore del Jeet Kune Do Concept’s, al Kali Filippino, ed allo Street Fighting, con la Street Survival School di Como. La mia formazione con tale associazione proseguì fino al 2007, anno in cui fondai la Real Kombat System. Se pur continuando a praticare e ad insegnare Jeet Kune Do Concept’s e Kali Filippino, iniziai un percorso prima di investigazione, e poi di insegnamento concreto dell’Original Jeet Kune Do”.

Quali sono le differenze tra il Jeet Kune Do Concept’s, e l’Original Jeet Kune Do?
“Il Jeet Kune Do Concept’s, maggiormente diffuso nel mondo dal Maestro statunitense di origini filippine Dan Inosanto, allievo diretto di Bruce Lee, si può considerare, dal punto di vista delle tecniche, come una sintesi di diverse arti marziali, tra le quali Jeet Kune Do, Kali Filippino, Brazilian Jiu-Jitsu, Savate (boxe francese) Thay Boxing e Silat Indonesiano, in cui si utilizzano tecniche ed elementi delle varie arti marziali. Nella pratica dell’Original Jeet Kune Do, invece, si rimane più fedeli agli insegnamenti originali di Bruce Lee, cercando di attenersi il più possibile ai principi fondamentali e ai concetti dell’arte da lui codificata. Il Jeet Kune Do è stato creato negli anni 60’. È importante ricordare che nella fase di elaborazione del Jeet Kune Do, Bruce Lee insegnò determinate cose a persone diverse, in epoche diverse in luoghi diversi. Le tre fasi riferite alla sua elaborazione ed evoluzione negli Usa furono: Seattle, Ockland, ed infine Los Angeles. Per ciò che riguarda la parte tecnica, sebbene Bruce Lee avesse analizzato le caratteristiche di diverse arti marziali, il Jeet Kune Do Original si basa sui principi della boxe, e della scherma occidentali, e su quelli del Wing Chun – Kung Fu. L’idea di Bruce Lee era la semplicità; se si vuole essere efficaci nel combattimento e bisogna allenare ogni parte del corpo al meglio. Pertanto, è opportuno dedicarsi ad un allenamento fisico intenso ma anche, e soprattutto, finalizzato ai movimenti fondamentali. Ma non solo il fisico devono essere allenato e sviluppato; anche la percezione ed i sensi, per lo sviluppo delle abilità come il tempismo e lo stato di allerta sono elementi fondamentali. Nel complesso, l’Original Jeet Kune Do, richiede una preparazione fisica e mentale, al fine di ridurre lo svolgimento delle tecniche all’essenzialità, alla semplicità e all’efficacia. Nel Jeet Kune Do è opportuno sperimentare il combattimento, il quale è stato creato non allo scopo sportivo e agonistico ma per la difesa presonale reale da strada. È importante comunque capire che nel Jeet Kune Do è fondamentale sperimentare il combattimento (sparring), utilizzando adeguate protezioni. Da non dimenticare che il Jeet Kune Do non è solo combattimento, ma è soprattutto una filosofia di vita”.

Quali stili di Kali Filippino praticate?
“Nella mia scuola si studiano elementi ed esercizi tipici dello stile LA.K.A.S. – AR-SI-DO Arnis Kali Sikaran che ho appreso con il Maestro di origini filippine Rodelo Ubaldo di Mantova. Questo stile prevede lo studio delle armi caratteristiche delle Arti Marziali Filippine, note anche con i nomi di Arnis Kali Escrima ma, durante lo svolgimento delle tecniche a mano armata, prevede anche l’uso dei calci (Sikaran). Le armi che impieghiamo durante gli allenamenti, comuni a tutte le arti marziali filippine, sono: bastone doppio, bastone singolo, daga/coltello, bastoncino tascabile (dos puntas). Per la parte a mani nude, definita mano-mano, si utilizzano colpi di pugno (Suntok), colp di gomito (siko), le leve articolari (trankada), le distruzioni con movimenti a forbice (gunting), i calci (sikaran), le tecniche di sottomissione (dumog) e il Panantukan (boxe filippina). Questo stile prevede lo studio delle tecniche a media e a corta distanza. Per quello che riguarda degli esercizi di sensibilità e di coordinazione, chiamati cadena de mano (catena di mani) che si eseguono in coppia, hanno lo scopo di sviluppare la sensibilità e la coordinazione per imparare ad effettuare nel momento opportuno colpi, intrappolamenti delle braccia, leve articolari, sbilanciamenti e sottomissioni (sia durante il combattimento con le armi, che a mani nude). Nel nostro programma, si utilizzano anche elementi e metodologie di allenamento dello stile Inosanto System, del Maestro Dan Inosanto, che comprende lo studio delle armi sopracitate, nonché anche elementi di vari stili classici. Per quello che riguarda il settore a mani nude del Kali Filippino, in alcuni stili, si notano degli influssi e movimenti provenienti anche dal Silat Indonesiano”.

Quali sono le associazioni di Kali più diffuse?
“Nelle Filippine gli stili di Kali sono innumerevoli e variano anche da famiglia a famiglia. L’Inosanto System prima si diffuse negli Usa e poi nel mondo, altri stili ed associazioni rilevanti e conosciute sono: Doce Pares, Arnis Kombatan, Modern Arnis e Kali Pekiti Tirsia. Le differenze sostanziali tra uno stile e l’altro possono essere caratterizzati da diversi elementi come la distanza, gli angoli di attacco, gli spostamenti e le combinazioni dei colpi. Lo scopo del Kali Filippino è quello di imparare a combattere con un’arma da percussione e da taglio, e risultare abili anche a mani nude, per sopravvivere da un eventuale aggressione reale. L’Universo del Kali comprende sia la Panantukan (o boxe filippina) in cui si combatte con le protezioni e si usano le tecniche del manos manos, come le gomitate (o siko), proiezioni, squilibri e distruzioni (o gunting), nelle quali si colpisce con le nocche della mano le braccia dell’ avversario; è stata inserita anche quella parte pugilistica che prevede i pugni diretti, ganci, montati e a martello, che la Sikaran, ossia l’arte di calciare”.

Nel Kali sono previste le forme o sequenze?
“Sì, in alcuni stili sono presenti anche le forme, ma il loro apprendimento richiede molta dedizione e molto tempo di pratica. Nelle forme si eseguono dei colpi simulando dei combattimenti contro degli avversari immaginari. A livello fisico, quest’ arte marziale filippina migliora la coordinazione sia degli arti inferiori che di quelli superiori, giovando all’ equilibrio ed alla precisione. A livello psicologico, facilita soprattutto la concentrazione mentale”.

Cosa ne pensa del Kali femminile?
“Le donne usano agevolmente sia le armi che le mani nude, e riescono molto bene ad esprimere il loro istinto di combattimento femminile. Nell’ ambito della difesa personale hanno la possibilità, in caso di ipotetiche aggressioni, di poter ricorrere alle tecniche del Kali filippino, perché non vi sono distinzioni di dimensioni fisiche nell’aggressione reale; risultano utili anche degli oggetti di uso quotidiano, allo scopo di placare e gestire la reale situazione di pericolo”.

Qual è il suo giudizio in merito al Kali sportivo?
“Il Kali filippino è nato per il combattimento reale e per la sopravvivenza; noi non svolgiamo le gare sportive, ma solo dei combattimenti a contatto, utilizzando delle appropriate protezioni. La Sikaran (o arte dei calci) è stata resa anche una disciplina sportiva, ma qui in Italia non è praticata a livello agonistico. Nel Kali sportivo l’uso dei bastoni imbottiti potrebbe essere utile a mantenere lo spirito agonistico, ma ritengo che ciò non dovrebbe compromettere assolutamente lo scopo originario del Kali. Anche colui che pratica le arti marziali filippine, nei confronti del risvolto sportivo, non dovrebbe mai dimenticarne la vera essenza”.

Nabil Morcos

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