La maggior parte delle società di Serie D, malgrado la riduzione del numero di under obbligatori in campo, continua a prediligere un fuoriquota fra i pali per garantire più esperienza tra gli uomini di movimento. Non mancano, però, realtà che optano per la sicurezza in porta e la Varesina non è certamente nuova a operazioni di questo tipo. Dopo gli anni di Spadavecchia (oggi il preparatore dei portieri rossoblù) il classe 2005 Matteo Basti ha vissuto una super annata che l’ha portato in Serie C, e in questa stagione la società di Venegono Superiore non ha esitato nel ritornare ad affidare i pali ad un over. E che over.

Gianmarco Chironi è stato a tutti gli effetti la prima scelta, fortemente voluto sia per le indiscutibili doti da estremo difensore sia soprattutto per la mentalità e i benefici che un profilo del genere può portare in spogliatoio. E i fatti danno ragione alla scelta. Già in estate Spilli ne aveva esaltato le qualità e in campionato ci sono volute ben otto partite per segnargli un gol su azione vera e propria: prima della rete di Arlotti nell’1-1 casalingo contro il Sant’Angelo, il portierone classe ’97 era stato perforato solo dagli undici metri (due volte dalla Pro Palazzolo, una dal Sangiuliano) e per due volte su calcio d’angolo (in entrambe le occasioni dal Chievo). Nelle ultime uscite la Varesina ha concesso qualcosina di più, ma non è venuta meno la continuità di rendimento e il travolgente 5-2 sul Crema lo dimostra.

“Quella di domenica poteva essere una partita trappola – esordisce Chironi –, ma ci siamo dimostrati all’altezza soprattutto a livello mentale, non sottovalutando l’avversario e portando in campo la nostra filosofia di gioco che ci contraddistingue a prescindere dall’avversario. Sul 3-0 abbiamo calato l’attenzione, quando invece mantenere la lucidità e la fame giusta per tutti i 90 e oltre minuti di gioco è fondamentale per non prendere gol, ma c’è tempo per migliorare da questo punto di vista. L’importante, per come si sta sviluppando questo campionato, è fare più punti possibili contro avversari di media-bassa classifica”.

Che effetto fa essere al primo posto?
“Sicuramente è importante perché, per quanto non siamo ancora a metà stagione, essere lassù crea entusiasmo attorno all’ambiente, e credo che società e squadra se lo meritino. Dobbiamo però esser realisti: il campionato è ancora lunghissimo e bisogna ragionare partita per partita. Inconsciamente potrebbe subentrare il rischio di sentirsi arrivati, ma questo gruppo è cresciuto tantissimo a livello mentale e sono certo che rimarremo noi stessi: non ci rilasseremo e non sottovaluteremo mai nessuno”.

Se già prima eravate considerati una delle squadre da battere, a maggior ragione ora la Varesina ha parecchi mirini puntati contro…
“Mi piace ascoltare le interviste pre-partita e già da inizio campionato chi ci affronta sa di trovarsi davanti una squadra che può mettere in difficoltà chiunque. Il fatto di essere in vetta ora non fa che aumentare il livello degli avversari, e noi dovremo essere bravi a nostra volta nell’alzare sempre più l’asticella. La Castellanzese? Non farà eccezione. Sarà una partita tosta perché loro hanno bisogno di punti, ma noi dobbiamo solo pensare a noi stessi”.

Venendo a te, in estate ci si chiedeva: come ha fatto a finire in Eccellenza?
“Sarò sincero: inizialmente non volevo scendere di categoria, ma per una serie di motivi l’ho fatto e, a posteriori, ho vissuto due stagioni davvero importanti. Uscito da Lecce sono stato al Cerignola, dove un problema al ginocchio mi ha costretto a stare fermo sei mesi; sono ripartito dal Lavello conquistando una grande salvezza, ma non ho poi avuto modo di restare in categoria. Purtroppo con la regola degli under è difficile trovare squadre che scelgano un portiere over e, indubbiamente, quella situazione mi ha penalizzato. Il Manfredonia mi ha convinto con un progetto vincente, e così è stato. Quella cavalcata ha fatto in modo che arrivassero nuove offerte dalla Serie D: ho aspettato a lungo la Reggina che ha però fatto altre scelte, e sono quindi rimasto in Eccellenza al Molfetta. Anche in quel caso c’era l’obiettivo di vincere; purtroppo siamo arrivati secondi. Giocare per vincere è comunque sempre importante e stimolante, ben diverso dal semplice partecipare ad un campionato”.

E la Varesina gioca per vincere?
“Non voglio sbilanciarmi perché, come dicevo prima, è ancora molto preso. Di certo posso dire che il campionato è davvero equilibrato, non vedo squadre in grado di spaccarlo: diventa pertanto importantissimo non perdere gli scontri diretti e fare punti contro le altre squadre. A fare la differenza non è il budget investito dalle società, quanto il gruppo, la compattezza e la capacità di creare entusiasmo. Poi, indubbiamente, ci sono le qualità tecniche e qui al Nord, rispetto al Sud, vedo squadre molto più organizzate, che amano costruire dal basso e fare gioco. È una tipologia di calcio che mi piace e che ben si adatta alle mie qualità”.

Visto che hai dribblato in grande stile la domanda (ride, ndr), torniamo sul tuo percorso: da Molfetta come sei arrivato alla Varesina?
“Sono stato contattato in primis dal mio intermediario dopo che la Varesina aveva chiesto informazioni su di me. Eravamo a fine maggio e ho preso subito in considerazione la proposta visto che la società ha dimostrato fin dal principio di avere le idee chiare. Sono poi stato convinto al 100% dall’attuale preparatore dei portieri del Lecce, Luigi Sassanelli, che era stato a sua volta chiamato da Vito Spadavecchia: se uno come Sassanelli parla in un determinato modo di una società non posso che fidarmi di lui e ad oggi non posso che esser felice della scelta fatta. La società è fatta da persone vere che ti trattano da pari e ti fanno sentire importante in ogni momento”.

Vito Spadavecchia, tra l’altro fresco di patentino UEFA GK B, ha per l’appunto avuto un ruolo fondamentale per il tuo arrivo. Qual è il tuo rapporto con lui?
“Semplicemente fantastico: non si tratta solo di un rapporto professionale, ma soprattutto di amicizia. Per un portiere avere un confronto diretto e quotidiano con l’allenatore è fondamentale, perché ti spinge a fare ancor meglio. Vito, poi, è una persona fantastica, un professionista esemplare che ha sempre voglia di aggiornarsi e per il suo ruolo è di primaria importanza. Con Macchi e i portierini della Juniores abbiamo creato un bel gruppo di lavoro; ne sono davvero entusiasta”.

Hai giustamente detto che la Varesina ti ha sempre voluto, e questo dimostra anche la precisa scelta di puntare su un portiere over. Visto che prima hai toccato l’argomento, cosa ne pensi delle scelte tra i pali legate alle dinamiche degli obblighi under?
“Se fossi un DS, a prescindere dai quattro o dai tre under, metterei sempre in porta un over. Con questo non voglio certo sminuire i miei colleghi più giovani, perché ci sono tantissimi portieri under davvero bravi, ma credo che un over possa davvero fare la differenza. La crescita di un portiere passa anche e soprattutto dagli errori e un vero portiere è in partita che migliora, non in allenamento; più giochi più hai la possibilità di acquisire esperienza e di garantire sicurezza alla tua squadra”.

Rispetto all’anno scorso, la Varesina ha investito molto sul reparto difensivo: come giudichi la tua difesa?
“L’aspetto più positivo della Varesina è la capacità di scindere le due fasi: attacchiamo in undici e difendiamo in undici. Il reparto in quanto tale è ovviamente composto da giocatori di livello assoluto, ma quando una squadra acquisisce nel suo intero una mentalità difensiva si possono costruire i presupposti per fare davvero bene. Sappiamo di dover crescere, si migliora di partita in partita, e vogliamo proseguire su questa strada”.

Matteo Carraro

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