Il tempo delle riflessioni per un direttore sportivo non finisce mai: una volta costruita la squadra si deve sempre stare sull’attenti per cogliere eventuali occasioni e, ben prima che un’annata sportiva finisca, bisogna imbastire le basi per quella successiva. Lo sa bene Matteo Malfatti, reduce da una stagione alquanto intensa con i Mastini.

Per stessa ammissione del ds giallonero, la cartella “stagione 2024-25” era aperta già da un po’ sul suo pc e, archiviata (amaramente) la finale in gara6 contro il Pergine, ha inaugurato il lungo e stressante periodo di mercato. Sponsor, coach, giocatori e tanto altro. Le riflessioni, però, non sono orientate solo al Varese di domani, ma anche a ciò che è stato.

Clima ben diverso rispetto allo scorso anno, quando si poteva rivivere la stagione con molta più leggerezza, ma la serata al Posto Giusto dello scorso 16 aprile dimostra come i Mastini siano anche più forti delle sconfitte. Ricollegandosi a quanto detto in quell’occasione, Malfatti riprende il discorso: “Non sempre vince la più forte, e questo è forse il bello e il brutto dello sport, ma Pergine ha avuto il merito di sfruttare al meglio le occasioni con alcune individualità che hanno fatto la differenza nei momenti giusti. A cominciare dal portiere: se in sei partite di finale tiri più del doppio dei tuoi avversari e alla fine non alzi la coppa vuol dire in primis che hai sbagliato qualcosa, ma soprattutto che dalla parte opposta c’era un grande goalie”.

Qualcosa non ha funzionato: il rammarico più grande?
“Non c’è un vero e proprio rammarico, a parte sicuramente il fatto di non essere arrivati in finale di Coppa Italia e di non aver conquistato l’accesso a gara7. Ciononostante, la nostra stagione resta più che buona: arrivando dai due trofei della scorsa annata e avendo cambiato così tanto ritengo che i ragazzi abbiano fatto qualcosa di straordinario, cui purtroppo è mancato qualcosina. Cosa? Tanti piccoli dettagli. Per conoscersi a livello umano e hockeistico ci vuole tempo, ed è uno scotto che sapevamo di dover pagare. Abbiamo inoltre cambiato coach e modo di giocare, e i tanti infortuni avuti non ci hanno certo agevolato; tra l’altro lo stesso Niklas (Czarnecki, ndr) è stato operato e non ha potuto essere presente in un momento chiave della stagione. Nonostante tutto siamo sempre rimasti in piedi”.

A proposito del coach, con il senno di poi, come va valutata l’esperienza del tecnico svedese?
“Parto con il dire che Niklas è un ottimo allenatore, un coach con un background e una cultura completamente diversa dalla nostra, che è sempre stato abituato ad allenare a livelli altissimi. Ha fatto molta fatica a cercare di scardinare le nostre abitudini nell’approccio alle partite e agli allenamenti proprio per il fatto di arrivare dal professionismo: con lui forse andava fatto un percorso di parecchi anni partendo dalle giovanili. In ogni caso ci ha lasciato tantissimi spunti su come e dove migliorare: la cultura hockeistica svedese ci è piaciuta parecchio e vorremmo proseguire su questa strada mantenendo la stessa impostazione di massima”.

Czarnecki come ha vissuto la stagione?
“Era di fatto la prima volta che usciva dalla Svezia e ha apprezzato tantissimo la cultura italiana, anche se per alcuni aspetti è stato uno shock: mi ha detto che è stata una delle stagioni hockeistiche più difficili della sua carriera, proprio per il fatto che il nostro contesto era totalmente diverso dal suo. Ha comunque apprezzato tantissimo i nostri sforzi e ci ha fatto capire che Varese ha un’ottima base di parenza per costruire qualcosa di importante. Per questo motivo voglio ringraziarlo una volta di più, perché ci ha indicato una strada che intendiamo seguire”.

Chi sarà dunque il prossimo coach dei Mastini?
“Serve un coach che sappia calarsi al 100% nel nostro contesto: ad oggi siamo più indirizzati verso un profilo straniero e i nomi sul tavolo sono tre. L’annuncio non tarderà ad arrivare perché l’allenatore è inevitabilmente il primo tassello necessario per costruire la squadra condividendo con lui idee e strategie. Czarnecki non era un allenatore sbagliato, ma era di un livello “troppo alto” per no: l’abilità starà nel selezionare un coach che ci stimoli, che insegni ai giovani e che conduca il gruppo per arrivare a quel livello”.

E sui giocatori, invece, quali sono le prime riflessioni?
“La squadra a livello generale possiamo dire che sia fatta, ma molte cose potrebbero cambiare in base alla scelta degli stranieri perché la Federazione deve decidere se accettare la proposta di aumentare da due a tre il numero di import. Noi, a tal proposito, siamo favorevoli, senza dimenticare che c’è anche da risolvere la questione degli ucraini: qualora dovessero continuare a non essere contati come stranieri potrebbero fare la differenza. Inoltre, siamo ancora in attesa di capire come sarà la prossima stagione perché con la salita di Aosta e la discesa del Fassa arriveremmo a 13 squadre, mentre il campionato era pensato per un massimo di 12; la Federazione dovrebbe quindi firmare una delibera a tal proposito”.

Aosta non potrà più essere il farm team: vi state muovendo anche in quel senso?
“Chiaramente stiamo valutando sinergie con altre società, sia di Division I sia di Alps. Con Aosta resta un bel rapporto che credo continuerà per quel che riguarda il settore giovanile”.

A proposito, martedì sera l’HC Varese 1977 ha cambiato l’intero CdA: un giudizio sul nuovo corso?
“Le premesse sono ottime perché ho già avuto modo di lavorare per tanti anni con Andrea Longhi e sono sicuro che tra Prima Squadra e settore giovanile nascerà una collaborazione forte e duratura”.

A breve ci saranno i primi annunci; per vedere i Mastini sul ghiaccio, invece, quanto bisognerà aspettare?
“La stagione dovrebbe ripartire verso metà settembre, mentre noi scenderemo sul ghiaccio per il primo allenamento il 20 agosto. Stiamo valutando di fare alcune amichevoli, forse un triangolare con lacune squadre svizzere, ma voglio che una cosa sia molto chiara e la dico già adesso: vogliamo costruire una squadra che possa competere ancora per vincere”.

Matteo Carraro

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