Anche quest’anno la Pallacanestro Varese è salva.

Partiamo da questo primo e vitale assunto che, se non fosse stato tale, avrebbe aperto ad un vero e proprio dramma sportivo e non solo, per quello che è il patrimonio di un’intera città e che, in caso di retrocessione, avrebbe visto il proprio futuro in grande pericolo, o quantomeno, sicuramente, soggetto ad un rivoluzionamento non poco considerevole.

Ma ripetiamo, per fortuna, l’assunto di base è la salvezza della squadra biancorossa che anche l’anno prossimo giocherà in LBA. Una salvezza che, come avvenuto nelle ultime due stagioni (al netto dell’ultima, condizionata dalla penalizzazione di 11 punti per il caso Tepic), è arrivata alla penultima giornata di campionato, in casa. A differenza delle passate annate, però, è arrivata con una sconfitta, la diciottesima di questa stagione, per un risultato che potrebbe anche consegnare la salvezza ai biancorossi in una classifica finale avulsa, determinata dalla differenza canestri.

Non certo il modo migliore per finire una stagione, non certo il modo migliore per salutare i 4772 tifosi biancorossi che hanno gremito le tribune dell’Itelyum Arena di Masnago per l’ennesimo sold-out stagionale. Sui dati e sui numeri dell’affluenza e di quello che è tutto l’extra campo avremo modo di parlare nei prossimi giorni, oggi ci soffermiamo sul campo.

Non è stato il modo migliore di salutare la stagione, dicevamo, ma è stato il più coerente per una squadra che per tutto l’anno ha palesato una continuità nella propria discontinuità di approcci, prestazioni e risultati, che è stato il vero filo conduttore di tutta la stagione.

Dopo una grande partita come quella di Sassari eccola lì la solita Pallacanestro Varese di quest’anno che approccia in maniera inaccettabile (parole di Bialaszewski a fine partita) ad un match che i biancorossi non avrebbero dovuto perdere di 19 punti e che dopo pochi minuti vede già i biancorossi sotto di 15 lunghezze, in una situazione fattasi complicata.

Era stato così dopo la bellissima vittoria casalinga contro Napoli nella settimana successiva in quel di Scafati e di esempi simili potremmo trovarne a bizzeffe in quest’annata.

Un’annata che è stata piena di scelte rivelatesi sbagliate: da quelle estive, iniziate con l’addio a pilastri della scorsa stagione come il GM Arcieri, come capitan Ferrero, come coach Paolo Galbiati, solo per citare quelli che sarebbero rimasti a Varese a prescindere dal mercato, passando poi per una rivoluzione praticamente totale di un roster che aveva fatto benissimo, arrivando alla scelta di Cauley-Stein e di Shahid, alla costruzione di una squadra che ha fatto moltissima fatica ad integrarsi in un sistema di gioco nel quale, per caratteristiche, molti giocatori non erano affatto predisposti, come il campo, giudice unico e supremo, ha dimostrato più volte. Una stagione salvata (Grazie Luis) dall’acquisto mirabolante di Nico Mannion, un giocatore over the top per l’attuale livello della Pallacanestro Varese che ha salvato capre e cavoli nonostante l’addio di Hanlan a metà stagione, anche qui rientra la scelta di un capitano americano, lontano dalla realtà italiana e varesina, che per quanto fosse leader e punto di riferimento per i compagni, ha lasciato la squadra a metà stagione per scegliere i soldi russi, insomma non proprio un comportamento da capitano.

Una serie di errori in cui non abbiamo inserito la scelta di coach Bialaszewski, per il quale andrebbe aperto un capitolo a parte e per il quale, molto probabilmente, il capitolo biancorosso finirà dopo la trasferta di Pistoia: una scelta, quella del coach di Buffalo, sicuramente azzardata, per un allenatore che mai aveva fatto l’head coach e che per questo ha palesato tutti i limiti ovvi di questa situazione, in un contesto con pochissimo margine di manovra per filosofia di base, all’interno del quale si è trovato a lavorare con una squadra che ha subito profondi mutamenti nel corso di tutta la stagione, pur con tutti, e lo ripetiamo a caratteri cubitali, i limiti e gli errori, tattici e di leadership, probabilmente, mostrati in questa prima annata da capo allenatore.

Un elenco di mosse che il tempo e soprattutto il campo ha dimostrato essere state errate, ma nonostante le quali Varese ha saputo comunque salvarsi che non è roba da poco, ha saputo riprendere un feeling con l’Europa, e anche qui solo grazie Luis, che è nel DNA di una società che vuole tornare ad essere grande, pur tra mille difficoltà, che sono economiche in primis, pur tra mille errori e sbagli, a piccoli passi.

A patto però che questa salvezza non funga da paraocchi su una stagione che, nonostante si sia conclusa con la salvezza, ha da insegnare molto a tutto l’ambiente biancorosso, per cercare di vivere l’anno prossimo una stagione da protagonisti, come questa nuova gestione ha già dimostrato di essere in grado di fare. Nonostante tutto ma soprattutto guardando tanto agli errori commessi quanto alle mosse buone fatte.

Alessandro Burin

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