Il rendimento “all’inglese” del Varese ha proiettato i biancorossi a -1 dalla vetta restituendo l’immagine di una squadra con pregi (tanti) e difetti (pochi, pronti da sistemare) che ha tutte le carte in regola per inseguire il sogno chiamato professionismo. Come ribadito a più riprese da società, direttore sportivo e mister, il segreto principale di questa squadra è lo spogliatoio, un gruppo coeso in cui ognuno riveste pari importanza. Anche “l’ultimo arrivato” (in ordine temporale, ovviamente) che risponde al nome di Samuele Bonaccorsi.

Il centralone siciliano classe ’98 (alto 193cm) è stato subito individuato per sopperire all’infortunio di Molinari e il suo impatto nel mondo Varese non è certo passato inosservato: ingresso decisivo nel blindare l’1-1 di Genova e già due gol all’attivo (arrivati nelle ultime due partite) a sottolineare l’importanza del contributo offensivo che la difesa può e deve dare. “Domenica spero che arrivi anche il terzo – sorride Bonaccorsi – anche se da difensore il mio obiettivo è quello di non far segnare gli avversari, aspetto su cui sappiamo di dover migliorare tanto”.

Giustappunto la difesa è stata “presa di mira”: al netto degli infortuni, i nove gol presi sembrano un po’ troppi.
“Concordo e, pur riconoscendo tutte le attenuanti, dobbiamo cambiare passo perché se una squadra vuole vincere il campionato deve subire molto meno. Vero che abbiamo tanti infortuni in questo momento, verissimo che appena arrivato dovevo anche conoscere i compagni e il loro modo di giocare, ma bisogna drasticamente abbassare il numero di gol concessi. Poi, se noi siamo i primi a contribuire davanti, tanto meglio”.

Lo scorso anno Molinari arrivò per sopperire all’infortunio di Diop e insieme a Cottarelli fece benissimo. Quest’anno sei subentrato per sostituirlo dopo l’infortuni: arrivare in corsa a Varese porta bene…
“Appena arrivato ho incontrato qualche tifoso che, scherzando, mi ha detto che Molinari era già a due gol e che avrei dovuto raggiungerlo in fretta. Sono contento di come ho iniziato, ma siamo solo all’inizio di una stagione lunga e difficile. Voglio però spendere due parole per Stefano: non lo conoscevo prima di arrivare qui, ma è un ragazzo straordinario e un grandissimo giocatore. Non vedo l’ora di ritrovarlo in campo e di giocare con lui magari in categorie superiori”.

In categorie superiori tu ci sei già stato e arrivi da un triennio importante con la maglia del Novara. Cosa ti ha convinto a venire a Varese?
“A Novara ho passato tre anni davvero belli perché fin dal primo istante si è creata una bellissima sinergia tra società, squadra e tifoseria. A gennaio 2024 è cambiata la proprietà, ho ritrovato il direttore Lo Monaco che avevo già avuto a Catania, e anche se alla fine abbiamo raggiunto l’obiettivo salvezza in estate è maturata la decisione di separarci. Volevo rimanere in Serie C perché comunque avevo chiuso la stagione con 25 presenze e due gol, ma per mille motivi non ci sono stati i presupposti per firmare altrove. L’opzione Serie D era sempre viva, a patto che arrivasse la chiamata di una piazza importante: Varese lo è, e non ho esitato a rispondere. La trattativa è durata meno di due giorni, al punto che ho ricevuto l’ok il venerdì e il sabato mattina ero già qui”.

Ripercorrendo i primi passi della tua carriera, invece, come sei arrivato a Borgosesia da Catania?
“Dopo i due anni della Berretti il direttore Marino aveva mandato tutta la squadra in giro per l’Italia. Sono sincero, da siciliano non conoscevo il Borgosesia ma l’anno prima era arrivato terzo in campionato dietro Cuneo e Varese: sapendo che avevano una bella tradizione con i giovani ho deciso di lanciarmi e il primo anno è andato molto bene, al punto che tornai subito al Catania in Serie C. Da lì poi mi spostai vicino casa al Biancavilla, poi Arezzo e infine Novara”.

Qual è stata la tappa più importante della tua carriera?
“Sicuramente Novara. Dopo la retrocessione in D con l’Arezzo, il direttore Di Bari accettò l’incarico a Novara e mi portò subito con lui. Come ho detto prima parliamo di una piazza importante ed è scattata subito la scintilla con la città: era l’anno della rifondazione, siamo partiti forte, siamo passati in testa all’ottava giornata e abbiamo subito vinto il campionato riportando la squadra in Serie C. Non posso negare che a Novara io mi senta un po’ a casa”.

Sai che tra Varese e Novara c’è una bella rivalità?
“Lo so, lo so… (ride, ndr). Mi ricordo che nell’anno della promozione il Varese era tra le nostre rivali e abbiamo faticato a vincere entrambe le partite”.

Apriamo la parentesi: Varese-Novara 0-1, gol di Benassi. Una partita che ha lasciato più di qualche polemica.
“Solo l’arbitro non ha visto quel tocco di mano (sorride, ndr). Dal campo ce n’eravamo accorti tutti ma, penso si possa comprendere, di certo non siamo andati a dirglielo: noi dovevamo guardare al nostro e quella partita era troppo importante da vincere. Io non ero titolare, entrai negli ultimi minuti per difendere il vantaggio e mi feci anche ammonire: diciamo che ogni tanto sono un po’ fumantino…”.

Così come Novara, anche Varese è una piazza storica e ambiziosa. Non mancano giocatori che hanno indossato entrambe le maglie, da Gheller a Bertani passando per Buzzegoli; cosa ti senti di dire ai tifosi biancorossi?
“Che darò sempre il massimo. Ho avuto la fortuna di giocare in piazze davvero calde e so che Varese può rientrare fra queste: il mister e il direttore mi hanno detto di portare entusiasmo. Sono qui per questo, per contribuire a riaccendere la piazza, e per fare questo non si può prescindere dai risultati: abbiamo il dovere di vincere partita dopo partita per riportare Varese dove merita”.

Se in campo sei un po’ fumantino, com’è il Samuele Bonaccorsi fuori dal campo?
“Premetto che con il tempo sto imparando a gestire determinate emozioni limitando il mio essere fumantino, ma quando scendo in campo do tutto e anche in allenamento cerco sempre di tenere alta l’intensità. Fuori dal campo vivo la mia vita come tutti gli altri: convivo da un annetto con la mia fidanzata Carla ed è lei che ha l’arduo compito di equilibrarmi, di tirarmi su e addolcirmi nei momenti difficili. Lei è siciliana, come me: prima portavamo avanti la nostra relazione a distanza, ma averla al mio fianco fa la differenza”.

Al momento vivi a Lugano, ma come ti stai trovando a Varese?
“Appena arrivato ho passato qualche giorno in hotel e ho sfruttato i momenti liberi dei primi giorni per girare la città perché mi piace conoscere l’ambiente per cui gioco. Su Varese credo ci sia poco da dire: è una bellissima città in cui si sta davvero bene. È più caotica di Novara, ma molto meno rispetto ad Arezzo o Catania: arrivando dal Sud posso dire che è la tipica città che rispecchia il prototipo del Nord, e mi piace davvero tanto. Lugano è al momento una sistemazione temporanea: in Svizzera mi trovo bene, ma spero di spostarmi a Varese quanto prima anche per stare più vicino alla squadra e ai compagni extra-campo”.

Chiudiamo con una domanda di stretta attualità: domenica contro il Borgaro sarà l’occasione giusta per spezzare il tabù trasferte?
“Vincere fuori casa non deve diventare un’ossessione, ma se una squadra vuole vincere allora bisogna iniziare a farlo anche sugli altri campi, soprattutto contro le più piccole. Domenica, come sempre, approcceremo il match con un unico obiettivo, consapevoli che fare questo step in trasferta potrà liberarci anche a livello mentale. Chiaro che per noi giocare all’Ossola, al netto di un terreno di gioco non all’altezza, sia tutta un’altra storia: il pubblico sa darci quella marcia in più che ci serve e mi fa piacere vedere sempre più gente allo stadio”.

Matteo Carraro

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