Eccoci arrivati alla seconda tappa di un percorso che ci sta portando ad esplorare il credo calcistico di Ten Training, associazione che dalla sua fondazione nel 2022 si sta ritagliando uno spazio sempre più importante nel nostro territorio e non solo. Settimana scorsa, insieme a mister Fabio Mascetti, avevamo approfondito il primo dei quattro pilastri che sostengono l’intero sistema, ovvero la tecnica adattiva, applicata in un contesto specifico e con uno scopo ben preciso. Oggi, ci dedicheremo al componente motorio-coordinativo, così come alla sua importanza sin dal primo avvicinamento alla pratica sportiva e alla sua stretta interconnessione con gli altri fattori che definiscono la metodologia. A spiegarci questo e tanto altro sarà Giacomo Marcon, che da questa stagione, oltre al ruolo di istruttore presso l’US Bosto, collabora anche con Ten Training in qualità di trainer.

Raccontaci di te e della tua esperienza come allenatore. Come ti sei avvicinato al mondo Training e cosa significa essere trainer di questa società?
“Il mio percorso è iniziato ormai parecchi anni fa al Bosto, dove alleno tuttora l’Under12, e nel frattempo c’è anche stata una parentesi di tre anni a Bellinzona, dove sono stato allenatore, preparatore dei portieri e preparatore motorio nel settore giovanile. In Svizzera ho rincontrato Fabio Mascetti, che conoscevo già dai primi tempi in gialloblù, ed è stato lui a propormi di unirmi al progetto di Ten Training. E così, lo scorso settembre è iniziata questa collaborazione. Essendo laureato in Scienze Motorie, per me si tratta di un’opportunità molto interessante per apportare le mie competenze nell’ambito della preparazione atletica, sebbene ci sia da dire che tanto Fabio, con la sua esperienza sui campi, quanto Simone (Santoni, ndr), il nostro direttore sportivo, hanno già un’ottima preparazione. Al di là della mia area specifica, essere trainer Ten significa aiutare i ragazzi a crescere in maniera globale, cercando di sviluppare tutti i punti più importanti della sfera prestativa: ovvero tecnica, tattica, motoria e capacità cognitiva”.

La funzione motorio-coordinativa è la condizione sine qua non per lo sviluppo di qualsiasi altra abilità sportiva. Quali aspetti comprende?
“Comincio col dire che la maggior parte dei ragazzi che si allenano con noi sono nelle fasce di età dell’Attività di Base, in cui è fondamentale sviluppare questa funzione. In base alle caratteristiche del giocatore, interveniamo per colmare eventuali lacune e migliorare la coordinazione generale, la capacità di reazione motoria, la capacità di orientamento spazio-temporale, che è fondamentale in tutti gli sport e giochi di situazione, così come l’equilibrio, la capacità di ritmizzazione, la capacità di differenziazione… Sono aspetti che talvolta è necessario correggere, fondamentalmente perché nella società di oggi i ragazzi si muovono molto meno rispetto al passato, quando doposcuola e oratori erano una valvola di sfogo per muoversi e giocare. Con i nostri allenamenti ci proponiamo di recuperare questo tempo andato perduto per aiutarli nella loro crescita non solo sportiva, ma anche e soprattutto motoria”.

Come si possono invertire le “cattive abitudini acquisite da piccoli? Potrebbe anche esserci il rischio di un punto di non ritorno?
“Diciamo che si può sempre cercare di migliorare, anche se chiaramente più grandi sono i ragazzi – e quindi più queste abitudini sono entrate a far parte della loro fisicità -, più lungo e complicato sarà il percorso. Tuttavia, non c’è nulla di irreversibile. A volte le mancanze sono dovute principalmente a pratiche scorrette adottate dal corpo per compensare una debolezza, ad esempio a livello di spinta, forza o equilibrio, oppure al fatto che certe abilità non siano mai state allenate nel percorso giovanile o in quello scolastico, dove purtroppo la parte motoria viene un po’ a mancare, nonostante gli sforzi che si stanno compiendo in questa direzione. Da parte nostra, oltre alle ore settimanali di allenamento, spesso diamo anche dei compiti a casa, proprio per cercare di colmare eventuali lacune e far crescere i ragazzi nella maniera migliore possibile”.

Come è strutturato un allenamento tipo?
“Gli esercizi sono molto variegati e non c’è niente di prestabilito. Si comincia con una parte motoria classica, come skip o lavori di velocità, abbinata a una parte cognitiva, per imparare a muoversi all’interno di uno spazio, in un determinato tempo. Penso che sia sempre interessante associare un approccio ludico a una parte in cui il ragazzo deve reagire a degli stimoli, che possono essere visivi, tattili, uditivi o legati alla dimensione del campo, con avversari e compagni. Per fare qualche esempio, spesso utilizziamo la musica per far aiutare i ragazzi a conoscere il loro corpo in associazione a un ritmo, oppure bandierine colorate che vengono alzate alternativamente, per cui ogni colore corrisponde a un movimento specifico. Sono esercizi molto semplici nella spiegazione, che tuttavia richiedono un certo lavoro cognitivo e coordinativo, oltre che tanto impegno motorio. Questo metodo di lavoro, secondo me, è la chiave del calcio moderno, dove ciò che conta non è soltanto la forza fisica, spesso esageratamente sopravvalutata, ma anche la capacità di pensare rapidamente e reagire agli stimoli in maniera adeguata, che è una capacità fondamentale negli sport di situazione”.

Nella tua esperienza personale, che risultati hai riscontrato tra i tuoi allievi grazie a questa metodologia? La considerate il vostro tratto distintivo?
“Assolutamente sì. I quattro pilastri su cui si fonda il nostro metodo sono fondamentali. Lavorare solo su un aspetto sarebbe difficile, perché il ragazzo in campo deve saper gestire la complessità del gioco, che richiede gesti tecnici in un contesto tattico contro gli avversari, oltre alla capacità di coordinarsi e fare scelte adeguate. Secondo me, la forza di questa metodologia consiste proprio in queste macro aree che sviluppiamo in allenamento, nella speranza che il ragazzo in campo possa avere spinta in più. Se un lavoro è esclusivamente tecnico, senza contesto, il ragazzo imparerà il gesto in maniera asettica e saprà anche riproporlo in campo, ma come potrà inserirlo in una situazione di gioco? È questo uno degli obiettivi che ci proponiamo, rendere i ragazzi protagonisti del processo per fargli capire che ogni parte dell’allenamento è fondamentale, visto che in campo vengono stimolate diverse abilità. Con impegno, passione e costanza, i risultati sono evidenti, proprio come ho riscontrato nei ragazzi che hanno iniziato con noi solo qualche mese fa, a ottobre o novembre”.

In questo percorso di crescita, non siete ovviamente da soli. Come vi coordinate con le società dilettantistiche che si rivolgono ai vostri servizi?
“Ten Training dà molta importanza alla comunicazione con le società e con i loro allenatori, tant’è che abbiamo un dialogo continuo sullo sviluppo del ragazzo. All’interno del contesto, si cerca di farlo migliorare assieme alla società di appartenenza, e questo secondo me è un aspetto molto interessante”.

Silvia Alabardi

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