Dai principi metodologici all’esperienza diretta dei trainer, continua il nostro viaggio alla scoperta di Ten Training, associazione sportiva dilettantistica che sta per portare a termine il suo secondo anno di attività, prima dell’imminente Soccer Mastery Camp pensato appositamente per l’estate. La crescita raggiunta in un arco di tempo relativamente limitato trova conferma nel numero sempre maggiore di istruttori operativi nelle varie strutture del territorio. Tra i primi ad essersi uniti al gruppo vi sono il Stefano Pellini e Marco Testa, che oltre al ruolo professionale di trainer condividono anche un altro ruolo – in questo caso campo -, ovvero quello di centrocampista. In questa stagione li abbiamo visti ottenere traguardi importanti tra le file dell’Ardor Lazzate, arrivata fino al secondo turno dei playoff regionali di Eccellenza, e del Luino, che ha alzato al cielo la Coppa Lombardia Prima Categoria.
Com’è iniziata la tua avventura in Ten?
Stefano: “Tutto è iniziato quando allenavo i Pulcini alla Solbiatese. Un giorno, a un allenamento, la mamma di un mio bambino mi chiese se conoscevo Mattia Pace, con cui in effetti avevo giocato da piccolo per un paio di anni. Mi disse che era suo nipote e che insieme ad altri soci stava aprendo un’associazione. E così dopo tanto tempo io e Mattia ci siamo rivisti e abbiamo fatto quattro chiacchiere. Le idee che aveva in mente mi sono piaciute fin da subito, quindi ho dato immediatamente la mia disponibilità. Si trattava di un progetto completamente nuovo, quindi il primo anno è stato una specie di prova, fino a dar forma a quello che Ten Training è oggi: tante società con cui collaboriamo, tanti bambini che si allenano con noi e tante figure nuove che ampliano sempre più il nostro staff”.
Marco: “Il mio percorso è iniziato a novembre 2022. Tramite un altro coach, Alessio Papasodaro, sono stato contattato dai ragazzi di Ten e ho iniziato a seguire qualche allenamento per capire le loro idee e metodologie. Pian piano mi hanno inserito nelle varie sedute e devo dire che è stato bello vedere come siamo cresciuti: quando sono arrivato eravamo in quattro o cinque allenatori e in due anni la situazione si è evoluta velocemente, quindi per me è stato anche motivo di orgoglio essere uno dei primi a entrare nel gruppo”.
Quale aspetto del metodo ti ha attratto o sorpreso particolarmente?
Stefano: “Sicuramente il fatto che si trattava di un progetto nascente creato da miei coetanei, che con idee ambiziose e belle iniziative mi hanno fatto subito capire che l’obiettivo era di crescere in maniera esponenziale. La prima impressione, poi assolutamente confermata, era stata quella di una società ben organizzata e strutturata, che è quello che più di tutto mi aveva colpito e convinto ad accettare questo incarico, nonostante in quella stagione fossi letteralmente oberato di impegni tra la Prima Squadra e il settore giovanile. Vista la portata del progetto, non avevo voluto rimandare perché ci tenevo a essere parte fin da subito di questa nuova realtà”.
Marco: “Ciò che più mi ha colpito è il fatto di poter lavorare sulla mente dei ragazzi. Come dice sempre il nostro coordinatore tecnico Fabio Mascetti, il nostro obiettivo è di creare giocatori pensanti che non siano dei semplici robot guidati con un joystick dall’allenatore. Penso che da parte nostra dobbiamo essere bravi a fornirgli il maggior numero di scelte e opzioni, così che in campo possano ragionare con la loro testa. Quello degli aspetti cognitivi è un tema che mi ha sempre affascinato, sin da quando allenavo nelle giovanili”.
Finora, qual è stato l’episodio che più di tutti ti ha fatto capire di aver scelto la strada giusta?
Stefano: “Innanzitutto posso dire di non aver mai avuto il benché minimo problema e che ogni piccolo inconveniente viene sempre gestito in modo pratico e concreto. Ora la società si affida anche a piattaforme digitali per gestire al meglio il rapporto con i genitori, e questo va sicuramente a vantaggio di noi istruttori, dato che dobbiamo solo preparare la nostra seduta di allenamento, senza altri pensieri e preoccupazioni. Ovviamente quello che più mi gratifica è ricevere feedback positivi da parte dei genitori o sapere che i miei bambini rinnovano il pacchetto perché sono contenti del percorso che stiamo facendo insieme. Seguendoli sul lungo periodo, il rapporto con loro cresce di settimana in settimana, e penso che questo sia il vero punto di forza del mio ruolo“.
Marco: “Quello che più di tutto mi fa piacere sono i rapporti che si creano con i ragazzi. Ovvio, la cosa più importante è cercare di lasciargli insegnamenti tecnici che possano essergli utili anche in futuro, ma la cosa più bella è vedere che vengono volentieri all’allenamento e che vogliono condividere con noi allenatori le esperienze che vivono in campo“.
Parlaci della tua attività di trainer. Con che iscritti hai avuto modo di interfacciarti?
Stefano: “In questi due anni ho allenato da bambini di sei anni a ragazzi di quindici anni. Le fasce d’età sono molto ampie e l’assegnazione di un gruppo dipende dalle richieste e dalla zona di competenza. Un aspetto sicuramente positivo è il fatto di poter seguire un singolo ragazzo o un gruppo per l’intera durata del pacchetto, facendo una programmazione duratura per lavorare insieme diversi mesi”.
Marco: “Da quando faccio il trainer ho già avuto modo di lavorare con ragazzi di diverse età. In questo momento sto anche seguendo individualmente un ragazzo lettone del 2008 che si è trasferito qui la scorsa estate. È un’esperienza molto stimolante visto che tra di noi comunichiamo in inglese, oltre al fatto che allenandolo da tanti mesi si è creato un bel rapporto e sto anche conoscendo una cultura diversa. In generale, strutturo gli allenamenti in tre o quattro fasi: per iniziare mi piace lavorare sulla coordinazione motoria, sempre abbinata a un gesto tecnico, da lì passo alla conduzione della palla, poi inserisco esercitazioni con passaggi e controllo, mentre a fine allenamento mi concentro su uno contro uno e tiri in porta. Chiaramente bisogna anche sapersi adattare in base all’allievo, ma ognuna di queste fasi è sempre associata agli stimoli cognitivi, perché il gesto tecnico non deve essere fine a se stesso“.
Visti i vostri impegni sul campo, concludiamo con una parentesi extra Ten: com’è andata la stagione?
Stefano: “Sia a livello collettivo che personale è stata una stagione fantastica. Sin da subito nello spogliatoio si era capito che eravamo una squadra forte, anche se nel girone di andata siamo stati penalizzati dal fatto che eravamo un gruppo nuovo e ci abbiamo messo un po’ a conoscerci e amalgamarci. Sicuramente nella seconda parte della stagione abbiamo svoltato, anche grazie a un paio di innesti che ci hanno dato quello che ci mancava a livello di campo e spogliatoio, aiutandoci a fare quello step in più man mano che aumentava la consapevolezza. Il risultato è stato un girone di ritorno incredibile di cui non possiamo che essere contenti. Personalmente ho saltato pochissimi minuti, non ho mai avuto problemi fisici e ho sentito di crescere insieme alla squadra, quindi il bilancio è davvero positivo”.
Marco: “È stata una stagione bellissima. Ovvio che quando si comincia, la Coppa in genere non viene considerata l’obiettivo primario, ma una volta passato il primo girone abbiamo iniziato a crederci veramente. Fino a quel 28 aprile… in cui ho provato una delle gioie più belle della mia carriera, insieme a un gruppo di amici che ha reso il tutto ancora più bello. Sono contento anche per i tanti compagni che giocano a Luino da tanti anni: vincere la Coppa per loro e con loro è stata un’emozione incredibile. Nel nostro piccolo abbiamo anche raggiunto un traguardo storico, dato che in 115 anni nessuno prima di noi ci era riuscito, quindi questa Coppa rimarrà nel tempo e sarà sicuramente un vanto per Varese in generale. Personalmente sono contento di essere riuscito a giocare quasi tutte le partite: essere stato il più presente in campo mi rende orgoglioso e di questo devo ringraziare il mister e tutti in compagni”.
E per l’anno prossimo, bolle già qualcosa in pentola?
Stefano: “È sempre un po’ difficile parlare dell‘anno successivo. Non nego che ho ricevuto un po’ di richieste, ma prima vorrò confrontarmi con l’Ardor Lazzate, dove mi sono trovato veramente bene, a partire dal direttore, dall’allenatore e dai compagni. In queste settimane farò le mie valutazioni e cercherò di capire quale sia la strada migliore“.
Marco: “A Luino mi sono trovato molto bene e al 99,9% dovrei rimanere qui. Sinceramente sono una persona che se ha piacere a stare da qualche parte, non sente la necessità di cambiare“.
Silvia Alabardi