Buona la prima, sotto con la seconda. È questo il diktat condiviso dallo spogliatoio del Varese Femminile, il pensiero di chi sa di aver ancora tutto da dimostrare. Sicuramente il bello e convincente 4-0 a domicilio sulla Riozzese ha portato entusiasmo in casa biancorossa, pur con la consapevolezza del valore dell’avversario (sulla carta medio-basso) e la certezza che le sfide difficili saranno ben altre. Come quella alla 3^ giornata contro l’Erbusco, reduce dal clamoroso 16-0 sulla neopromossa Città di Segrate. Il Varese è però abituato a ragionare un passo per volta e l’unica preoccupazione delle ragazze di Andrea Bottarelli è il Città Di Brugherio (domenica in campo alle ore 15.30 alle Bustecche), altro avversario assolutamente alla portata contro cui le biancorosse avrebbero qualche sassolino da togliersi (doppia sconfitta lo scorso anno).
Rivangare il passato può essere deleterio ed è per questo motivo che il Varese si gode il presente (con un bello sguardo al futuro, visto il promettente vivaio in sinergia con Gavirate), a cominciare dal nuovo capitano che ha raccolto l’eredità di Francesca Vaccaro. Michela Di Giorgio è a conti fatti una veterana di categoria e non ci sono stati dubbi nel lasciare alla centrocampista classe ’98 la fascia, onore e onere accolto con gioia e determinazione: “Pur essendo giovane ho sempre sentito una responsabilità importante all’interno di questo spogliatoio e indossare ora la fascia mi riempie d’orgoglio aumentando tale responsabilità. Per me, in particolare, assume un significato particolare perché da piccola con papà andavo sempre allo stadio a vedere il Varese e m’immaginavo un giorno di essere io in quel campo a difendere i colori biancorossi. Ci ho sempre creduto e sono arrivata fin qui, consapevole comunque che la strada da fare è ancora tanta”.
Sei il secondo capitano della storia del Varese Femminile: in questi anni hai studiato capitan Vaccaro?
“Ho studiato, ho studiato (ride, ndr), ma la premessa da fare è che siamo persone completamente diverse in primis per la differenza d’età: l’esperienza che ha lei io l’avrò tra qualche anno. Di sicuro, però, Francesca ha sempre messo in campo e fuori una tenacia, una grinta e un impegno fuori dal comune: è un esempio da seguire e, con le mie caratteristiche, ho intenzione di farlo”.
Come deve essere una leader?
“Bisogna in primis avere carisma, qualità che ho a modo mio. Credo che una leader debba essere un esempio per le compagne, un modello da seguire e il primo passo è dare tutto ciò che si ha in ogni situazione senza mai tirarsi indietro dall’aiutare le altre. Più pressioni con la fascia? Pressioni no, responsabilità sì: una fascia al braccio non incide sulla prestazione in campo”.
A proposito di prestazioni, domenica avete iniziato col botto: Sera la partita che vi aspettavate?
“Come nostro solito abbiamo combinato qualche pasticcio, ma siamo state brave a rimediare senza subire danni: era importante iniziare bene, pur contro un avversario non di prima fascia, e l’abbiamo fatto. Ora dobbiamo continuare”.
Brugherio in vista, quale può essere il rischio?
“Di sedersi e specchiarsi su domenica scorsa, ma sono certa che non accadrà perché vedo tutte le ragazze concentrate e vogliose di dare il massimo. Conosciamo i nostri punti deboli, sappiamo di non dover commettere gli errori dello scorso anno: spesso ci è mancata la testa, a me in primis, ma questa stagione sarà diversa. Il mister ci continua a dire che pensiamo troppo, ed è vero: stiamo migliorando nella gestione delle emozioni sia quando le cose vanno bene sia quando vanno male, perché l’eccesso, da una parte o dall’altra, non porta mai a nulla di buono. Personalmente ho lavorato molto su me stessa a livello mentale e mi sento più forte”.
Il tuo obiettivo personale?
“Fare bene può sembrare una risposta banale, ma è la più veritiera che io possa dare. Voglio migliorare l’approccio alle partite, e qui mi ricollego al discorso mentale: non mi sono rivolta a mental coach, ma ho letto libri di calciatori e calciatrici che hanno compiuto questo percorso. Letture che mi hanno aiutato a riflettere e fortificare la mia mentalità”.
Prestissimo per trarre conclusioni, ma come vedi ad oggi il campionato? E dove si può collocare il Varese?
“Al momento è davvero indecifrabile perché conosco tante squadre che si sono rinforzate bene, ma molte altre sono nuove e vanno scoperte. Noi forse abbiamo una rosa corta, ma ci sono parecchie giocatrici che arrivano dal settore giovanile e che sono già pronte per un palcoscenico come l’Eccellenza: lo dimostra chi è entrato domenica e, come loro, ci sono tante altre ragazze grintose, tecniche e vogliose di dare tutto indossando la maglia biancorossa, una maglia che ti gasa e ti dà quello sprint in più. Il mio sogno più grande è vincere il campionato con il Varese e sono certa che prima o poi ce la faremo. L’ambizione serve per andare avanti, io vorrei provarci già da quest’anno e positiva: fra le prime tre possiamo starci”.
Passione biancorossa che si percepisce in maniera davvero forte: da dove nasce?
“Nasce da sempre, da quando giocavo a calcio con mio fratello e i miei amici. In famiglia siamo tutti juventini, ma io sono sempre stata quella più sfegatata e andando a vedere anche il Varese allo stadio non potevo non innamorarmene. Ho sempre voluto diventare calciatrice e ho iniziato a 11 anni alla Femminile Varese del presidente Gianluigi Dorizzi, una persona davvero speciale: ha sempre creduto in me, tutt’ora quando può viene a vedermi giocare, e me lo porterò sempre nel cuore. Il Varese forse era un po’ nel mio destino: dopo sette anni lì sono passata al Ceresium Bisustum e alla fine eccomi qui, in biancorosso, con la maglia più bella che ci sia. Anche solo per la mia passione sento l’obbligo di fare il meglio possibile, ed è proprio ciò che voglio fare”.
Matteo Carraro