
Il silenzio. Se c’è una cosa che non si può associare a Masnago, alla sua gente, al suo calore è il silenzio. Quel silenzio che fino ad ora in stagione si era già palesato, purtroppo, altre volte, in segno di rassegnazione e delusione e che stasera, nella sconfitta per 79-92 della Pallacanestro Varese contro Trento, è sfociato in contestazione.
Aperta, chiara, diretta: una contestazione, quella dei tifosi, nei confronti di una squadra, una società ed un progetto sportivo nel quale non si riconoscono più. Un mondo, quello biancorosso, staccatosi completamente dalla gente della Pallacanestro Varese in ossequio ad un modo di intendere il basket a 360 gradi distante da quel senso si appartenenza che è la base fondante di un patrimonio quale la Pallacanestro Varese per tutta una città ed un popolo.
Un popolo che non si ritrova più in una squadra che non lotta, che non mette energia in campo, che dà l’impressione (fortificata dai fatti) di non avere minimamente a cuore, in tanti ma non tutti, i suoi interpreti, le sorti della Pallacanestro Varese. Una squadra che poi è lo specchio di quella società che vede il proprio Amministratore Delegato per la terza volta in tre partite abbandonare il proprio posto sugli spalti o a bordo campo che sia ben prima della fine della partita (addirittura a 6′ dal termine del match questa sera) il tutto dopo aver battibeccato con un tifoso che avrebbe palesato tutta la sua insoddisfazione per la situazione in cui riversa la squadra, in chiara dimostrazione di una tensione ed insoddisfazione molto più elevata di quanto non si voglia far trasparire.
Una squadra che non è più, in maniera palese, nelle mani di coach Herman Mandole: un gruppo sfasciato al suo interno, che si poggia solo sul carattere e le qualità morali di Librizzi e Alviti e la fame giovane di Assui ma che si è perso completamente ormai in un pacchetto americani spaccato al suo interno ed incapace di incidere in campo. Una spaccatura ormai visibile nel roster e tra i giocatori e la loro guida in panchina, che vede ogni frase della conferenza stampa del venerdì, ogni buon proposito, svanire completamente nel giorno della partita.
Un gruppo senz’anima che si riflette in un pubblico che non sa più identificarsi in questa realtà lontana da quello che è sempre stato, soprattutto nei momenti più difficili, il mondo Pallacanestro Varese. Un mondo che stasera ha visto svanire completamente quell’effetto Masnago che è sempre stato la marcia in più di una squadra che negli ultimi anni ha costruito tra le mura amiche un fortino ed un porto sicuro dove sostare e che invece ora vede come banco di prova quasi insuperabile.
Ed allora, in un contesto tale, alla quarta sconfitta consecutiva, alla luce della vittoria di Cremona su Trapani che riporta la distanza dalla zona retrocessione a soli due punti urgono decisioni forti e non più rimandabili: occorre fare le mosse giuste per dare una vera svolta a questa stagione, dal cambio che appare ormai inevitabile in panchina (anche per una situazione ambientale divenuta insostenibile soprattutto per coach Mandole, che non è comunque il primo responsabile di questa situazione come non lo era Bialaszewski l’anno scorso) a quello in cabina di regia per un Sykes non all’altezza del compito di salvare questa squadra. Occorre smettere di aspettare un qualcosa che non arriverà (i playoff) e prendere contatto con una realtà che sta facendo capire in ogni modo a questa Pallacanestro Varese che o si cambia completamente rotta o il viaggio porta solo verso la retrocessione. Masnago ha “ammainato” le bandiere, ora sta alla società fare un passo verso la sua gente ma soprattutto verso la salvezza che non è più scontata, se mai lo fosse stata.
Alessandro Burin