Luis Scola prende la parola. Lo fa dopo i fatti di domenica scorsa contro Cremona e la contestazione della Curva Nord nei suoi confronti. Lo fa per mettere un punto chiaro su quella che è l’urgenza del momento della squadra e su quella che sarà la visione che guiderà il club da qui al termine della stagione.

SU QUAL E’ LA SUA POSIZIONE DOPO I FATTI DI DOMENICA E SE SI SENTE DI RASSICURARE I TIFOSI SULLA PROSECUZIONE DEL SUO PROGETTO E DELLA VITA STESSA DELLA SOCIETA‘: “Dal primo momento in cui io sono arrivato abbiamo parlato tanto di quello che cerchiamo di fare, dei nostri pilastri, della nostra visione. Sembra, però, che non siamo stati bravi a fare questo, perché il progetto non dipende dal risultato di una sola partita. Lo so che il risultato è importante, lo so che c’è il rischio di andare in A2, ma noi abbiamo iniziato questo progetto in un momento molto più critico di quello attuale: con una squadra che aveva perso 5 giocatori in una settimana e all’ultimo posto in classifica. Ci sono stati altri momenti complicati come la penalizzazione, come la ricerca di soldi per iscrivere la squadra al campionato, tante altre situazioni che in questi 3/4 anni ci hanno messo alla prova dal punto di vista sportivo. Nonostante tutto il progetto è sempre andato avanti, non è rapportato al solo risultato. Un altro ragionamento da fare e che ho ribadito 100 volte è che questo non è un progetto unipersonale: quello che stiamo facendo è più grande di ogni singolo componente di questa società. L’ultimo ragionamento che voglio fare è che la Pallacanestro Varese è molto più grande del mio nome, dei giocatori qui presenti, dei vostri giornali, di Toto Bulgheroni, di tutti. Ha 80 anni di storia, c’è stata, c’è oggi e ci sarà in futuro. Se io me ne vado via domani non cambia nulla per la vita del club, la società andrà avanti com’è successo in passato quando sono andate via altre persone molto più importanti di me, come era successo con la famiglia Bulgheroni. Il nostro focus, oggi, è solo su come possiamo finire la stagione e li ci fermiamo”.

SUGLI ATTESTATI DI STIMA RICEVUTI: “In realtà li ho ricevuti e li sento dal primo giorno del mio impegno qui a Varese. So che in questo momento questa stima magari può venire meno perché mancano i risultati e la gente ha paura. Ringrazio tutti quelli che mi hanno espresso sostegno e fiducia ma penso che questa settimana ci si sia troppo focalizzati su di me e questo è successo spesso negli ultimi anni ma io non sono così importante e non ho tutto questo potere su tutte le scelte. Non è così, io non decido tutto, è sbagliato pensare così, diventa tutto troppo unipersonale. Abbiamo tante persone che lavorano per questa società. Non so perché accada così, forse perché il mio nome ha una storia sportiva importante, però dobbiamo cercare di far passare il messaggio che non è una società unipersonale. Percepisco che questa settimana ci siamo focalizzati troppo sul mio nome quando la cosa importante sono i giocatori. Io ho fatto gli stessi punti e preso gli stessi rimbalzi di voi giornalisti, ovvero zero. Magari se avessi giocato ne avrei fatto qualcuno in più (ride, ndr) però questo per dire che gli attori protagonisti sono i giocatori e gli allenatori. Noi cerchiamo di creare le migliori condizioni in cui loro possano lavorare ma non siamo più importanti di loro, sono loro che decidono il nostro destino. Non so cosa succederà sabato ma sicuramente lunedì saremo di nuovo qui a lavorare e sarà così da qui al termine della stagione. Vincere il giorno è il nostro motto e questo deve continuare ad essere”.

TORNANDO SUL TEMA DELLA SUA PERMANENZA, VERA CONDIZIONE PER CONTINUARE A CREDERE IN UNO SVILUPPO DELLA SOCIETA’ STESSA, RISPONDE: “Io non voglio sembrare ingrato per tutte le dimostrazioni d’affetto, amore e rispetto dimostratemi. Io sono umano e l’ho dimostrato domenica sbagliando anche in qualche atteggiamento come capita a qualsiasi persona. Però, ripeto, sento che è sbagliato pensare che tutto dipenda da me: dobbiamo crescere oltre qualunque nome, in questo caso specifico il mio, perché se così non è il progetto rimane piccolo. Non siamo stati bravi come società a creare un progetto orizzontale: parliamo sempre di questo e poi all’esterno invece parliamo di verticalità. Questo non va bene, dobbiamo migliorare in questo. Non è il momento ora di continuare a parlare di questo, ora dobbiamo pensare al campo. Non è neanche giusto per i giocatori, stiamo parlando di uno con i capelli bianchi (lui, ndr). I protagonisti sono loro, quando io non parlo lo faccio perché i protagonisti sono loro, i coaches, non io. Non va bene che una persona che ha fatto zero punto quest’anno come me abbia tanto protagonismo”.

SUL MINUTO DI FOLLIA DI DOMENICA E LA GARA DI NAPOLI: “Per me è stato difficile digerire quello che è successo così come per tutti i tifosi. Io ho un approccio più analitico alle cose, che viene criticato, e non dico qual era la probabilità che potesse accadere una cosa del genere ma è successa, è anche il bello dello sport. E’ stato difficile accettarlo, perché abbiamo fatto di tutto per vincere quella partita e non ci siamo riusciti. Ora valico un limite, che è quello della parte sportiva, della quale io non dovrei parlare ma so che la gente vuole sentire il mio pensiero: da quando abbiamo cambiato coach stiamo facendo molto bene, siamo in un momento sportivo secondo me positivo. La squadra difende molto meglio, lotta ed è andata vicinissimo a ottenere ben più di una vittoria in quest’ultimo periodo. Ci è mancato solo un ultimo passaggio ma questo non ci deve togliere fiducia nel processo che stiamo portando avanti. Non può un minuto di follia cancellare tutto. Non so cosa succederà nelle ultime gare, quello che so è che il giorno dopo saremo sempre qui a lavorare per crescere”.

Alessandro Burin

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