Dove eravamo rimasti?
Ah, già, a Chalon, a quella sera di fine aprile. Serata terribile. Clima livido, gonfio di pioggia e di speranze. Alla fine di quella avventura transalpina, amara come tutte quelle che l’hanno preceduta – ricordo nitidamente perchè c’ero, ero presente, Nantes 1974 e Grenoble 1979 – rimarrà solo la pioggia. Siamo rimasti là, a Chalon, ricordando qualche occhio lucido e sinceramente dispiaciuto, facendo scorrere nella memoria qualche espressione triste, ma finta e attoriale. Siamo restati a quella “kermesse” che, indubitabilmente, ha rappresentato il vero capolinea della stagione scorsa. Qualche giorno più tardi, al Pianella di Cantù, gli occhi dei protagonisti avevano già altre espressioni e dai virtuali taschini di diversi giocatori spuntavano “strani” cartellini con scritto “Immediate boarding”.
Siamo rimasti lì. In un tempo prima sospeso. Poi pietrificato. Perchè, è noto, nel giro dei classici 100 giorni, è cambiato tutto. Ma proprio tutto, dentro al club.
In casa Pallacanestro Varese 1945 è cambiato così tanto al punto che è persino difficile stabilire i contorni di una rivoluzione silenziosa. Un moto che per certi versi è passato sottotraccia, ma in realtà ha mutato radicalmente e sistematicamente la struttura della società di Piazza Montegrappa, sconvolgendone organigramma, idee, programmi, volti e abitudini che sembrava fossero consolidate. Inamovibili. Un tifone che, come dicevo, ha coinvolto e riguardato tutto e tutti: dalla stanza dei bottoni – l’avvicendamento Coppa-Vittorelli -, proseguendo via via lungo il management – il cambio Arrigoni-Coldebella -, la morfologia tecnica della prima squadra e la struttura del settore giovanile fino ad arrivare all’ultima pedina del settore minibasket.
Cambi di rotta e scelte strategiche, in particolare quelle che riguardano Settore Giovanile e MiniBasket (un caloroso bentornato alla coppia Besio-Pinelli…), che su una prospettiva di lungo periodo avranno certamente importanti risvolti. Ragionamenti sui quali tornerò, nel breve…
Ai tifosi però, agli “addictioned” che vedono solo Serie A, interessa solo “il qui e ora” della formazione allenata da coach Paolo Moretti che, ça va sans dire, è figura chiave del progetto biancorosso. Il qui e ora riprende dalla conferma tecnica, ma soprattutto umana e identitaria del nucleo di italiani: Campani, Cavaliero e Ferrero e di un altro “italiano”, anzi, varesino acquisito come Kangur. Questo quartetto oltre a richiamare, evidenziandola, l’importanza dello spogliatoio, avrà il delicatissimo compito che spetta al “petersoniano” , e famoso, quintetto “blu”: garantire, uscendo dalla panchina, grinta, impatto mentale, altruismo, giocate di sacrificio, generosità e atteggiamento sempre positivo. Ma, ancora, dovrà assicurare tanta, tanta difesa a supporto di un quintetto in cui un paio di elementi, segnatamente Maynor e Anosike, per come li abbiamo visti nelle precedenti apparizioni in campionato, non erano esattamente brillanti. Però, però, in questo momento occorre respingere con forza l’idea di esprimere giudizi, pareri o, peggio, valutazioni su un gruppo cui mancano ancora delle pedine e un elemento fondamentale nello spot di ala piccola. Quindi, calma e gesso. Aspettiamo di vedere e verificare le qualità di Johnson, Avramovic, Pelle: giocatori giovani, freschissimi sotto il profilo fisico e atletico, motivati e affamati di successo e gloria. Anche personale. Mia impressione, comunque limitata e monca per ragioni oggettive, è che il neo-gruppo varesino sia equilibrato tecnicamente e tatticamente, con una cifra di talento più che interessante. Cifra che, considerata la giovane età e la scarsa esperienza di alcuni interpreti, è destinata a crescere nel tempo sulla spinta di un coach con dichiarata attitudine al lavoro come Paolo Moretti. Infine, ultimo aspetto a mio modesto parere sempre determinante, è quello relativo alle gerarchie della nuova Openjobmetis. In questo senso, i ruoli mi sembrano già molto chiari: Maynor, anche per il ruolo, nei panni del leader tecnico e la coppia Kangur-Cavaliero a dividersi la scena come “Capi”, spirituali e non, tra parquet e stanzone.
Dopo i disastri (o mezzi disastri) visti nelle ultime stagioni, sapere in anticipo a chi toccherà mettere le mani sul volante e infilare la chiave nel quadro, mi sembra già un bel vantaggio…

Massimo Turconi