Inutile prenderla larga. Meglio andare dritti al punto. Tanto la domanda che ronza allo “Speroni” e dintorni dopo la sconfitta con il Monza è solo quella. E’ Bonazzi l’uomo giusto? A fidarsi del televoto, il popolo tigrotto ha già espresso il suo verdetto. Chiaro e senza appello. Ma, come sempre, la verità è un po’ più complessa.

Intanto una premessa. Cinque punti in quattro partite, con una sola vittoria e metà classifica alle spalle (tra le altre) anche di Dro e Ciliverghe Mazzano, non è roba da Pro Patria. Almeno in Serie D. Perché va bene il calendario, la fase di rodaggio e gli episodi avversi, ma le aspettative erano altre. E tra vincere a mani basse e l’ottava posizione (o quella che è), esiste anche una via di mezzo.

Ma andiamo al sodo. Quando Sandro Turotti sceglie Roberto Bonazzi lo fa conoscendone temperamento, metodo di lavoro e predilezione per il 4-3-3. E costruisce la rosa in funzione di quel sistema di gioco. Quindi, sostenere che l’organico biancoblu non disponga degli uomini adatti ad interpretarlo al meglio, più che un’accusa al tecnico seriano, suona come una critica alla società. Tra l’altro, contro il Monza (e, in parte, anche sette giorni prima a Caravaggio), si è visto in campo un 4-3-2-1 con esterni molto bassi (e stretti) a tagliare le linee di passaggio avversarie. Come dire che, a sensazione, il 4-3-3 non è il vero problema. O, quantomeno, non il primo.

Poco più di un mese fa, dopo l’esordio in Coppa Italia, lanciammo il sasso della provocazione nello stagno del dibattito. Questa squadra è da promozione? Allora (con Ferraro, Scuderi, Barzaghi, Santic e Andreasson ancora da integrare) la risposta fu: ancora no. Oggi, verrebbe da togliere l’avverbio. Farlo sarebbe però ingeneroso e prematuro. Anche se qualche punto è comunque giusto metterlo. Tra giocatori apparentemente bocciati (Angioletti), rimandati (Arrigoni), in cerca di una dimensione (Scuderi) e ancora da scoprire (Cappai), la rosa biancoblu ha ancora troppi punti interrogativi per pensare ad un’immediata corsa di vertice. Al netto (sia chiaro) di infortuni e condizione atletica che, però, possono solo servire da alibi. Ma non aggiungono punti in classifica. E, in questa chiave di lettura, la differenza con il Monza è apparsa ieri più evidente di un risultato che poteva anche essere diverso.

In più, va messo in conto anche l’aspetto ambientale con quella guerra fredda con i tifosi che non giova a nessuno. E che sarebbe stato meglio non alimentare. Perchè mettere del sale sulle ferite, alla lunga, lascia solo cicatrici.

E poi c’è (o meglio, non c’è) la cazzimma. Nei panni di un contrasto perso, di una mancata copertura o di un calo di tensione. Questione di mentalità. Che non si improvvisa su due piedi e non si compra al supermercato. Ai tempi in cui allenava, Sir Alex Ferguson non amava i “buoni perdenti”. Voleva in squadra dei “pessimi perdenti” (in inglese, fucking losers rende più e meglio l’idea) che odiassero la sconfitta anche quando avevano dato tutto per evitarla. Ieri Bonazzi, nonostante il 2-1 sul groppone, ha promosso i suoi ragazzi assegnando alla prestazione una sufficienza piena. Davvero sicuro che (lui compreso) se la siano meritata?

Giovanni Castiglioni