Ma dove vai se il 3-5-2 non ce l’hai? Bastasse quello (forse), l’avrebbero fatto da un pezzo. Ma il successo scacciacrisi con il Seregno prescinde dalla sola rivoluzione sul campo. E affonda le radici nella resa dei conti seguita ai tre schiaffoni rimediati a Ponte San Pietro. Uno showdown a distanza (più o meno) ravvicinata tra proprietà e management che meglio (e prima) della svolta tattica ha impresso all’ambiente l’accelerazione necessaria. E Bonazzi, solo all’apparenza vaso di coccio tra vasi di ferro, ne è uscito paradossalmente rafforzato. Perché paradossalmente? Perché, in casi come questi, le vertenze tecnico/societarie presuppongono che sul piatto della disputa finisca spesso (se non sempre) la testa dell’allenatore. Non alla Pro Patria dove il prezzo concordato o, se preferite, il compromesso raggiunto, è stato il cambio di modulo. Un sistema di gioco non sappiamo quanto nelle corde del mister biancoblu, ma comunque utile a passare la nottata e (chissà) anche a svoltare la stagione.

Registrato che nelle ultime due settimane in tribuna si è notata l’assenza di Nazareno Tiburzi (Semplice coincidenza? Può darsi), il post Seregno fa nascere domanda più che spontanea. Quanto durerà l’idillio? Beh, l’auspicio è di non doversi più porre il problema. Ma, in tema di paradossi, va messa in conto un’ulteriore singolarità. Il ribaltone tattico è stato infatti innescato oltre che dall’emorragia di risultati anche dall’indisponibilità di esterni offensivi (Bonazzi dixit di sabato mattina). Ci fossero stati avremmo comunque visto la difesa a tre? Non lo sapremo mai. Anzi, lo scopriremo a partire da domenica quando il probabile rientro di Marito Santana (ieri baby sitter a contatto di ramata), scioglierà l’interrogativo. In realtà, i problemi muscolari di Cappai potrebbero rinviare la questione a dopo la Gumellese (per inciso, nove punti nelle ultime tre partite, tanti quanti il Monza), dirottando il capitano nello slot di seconda punta. Ma qui si rischia di correre troppo non valorizzando appieno il 2-1 contro il Seregno. Quindi marcia indietro. Con un’annotazione che è per metà contorno e per metà avviso ai naviganti. Il ripescaggio di Angioletti e Zaro certifica quanto allo “Speroni” la gerarchia sia come l’amore. Eterno, finché dura. Un copione che prevede in scena solo attori protagonisti. E nessun comprimario.

Giovanni Castiglioni