Tra le varie società che nelle ultime settimane hanno ripreso l’attività individuale, c’è l’Accademia Visconti che da più di tre settimane ha riaperto i cancelli e riaccolto tanti bambini e ragazzi dopo circa tre mesi di stop. A raccontare come sta andando la ripartenza è Flavio Santoianni, mister dei Giovanissimi Under 13.

Come Accademia Visconti avete ricominciato con gli allenamenti?
“Abbiamo ripreso il 13 febbraio e devo dire che la risposta è stata quella che mi aspettavo. Da quando ci siamo fermati ho ricevuto spesso messaggi di ragazzi e genitori che mi chiedevano se ci fossero novità sulla ripartenza, ma purtroppo non potevo fare altro che dare risposte negative cercando di rincuorarli dicendo che presto ci saremmo rivisti poiché avevo buone impressioni, un po’ perché lo speravo, un po’ perché credevo veramente che prima o poi qualcuno si sarebbe accorto dell’importanza di dare a questi ragazzi uno sfogo dal punto di vista sportivo e sociale. La società, che è molto attenta alla salute dei suoi tesserati, non ha voluto lasciare niente al caso e, dopo aver stabilito un protocollo adeguato, ha dato il via libera alla ripresa. Quando ho dato la comunicazione, le adesioni sono state tutte immediate, devo dire che l’entusiasmo non manca ai ragazzi anzi, arrivano al campo spinti da una grandissima voglia di fare. In attesa che le temperature si alzino, facciamo allenamento al sabato durante le ore più calde in modo tale da permettere ai ragazzi di tornare a casa tranquillamente senza dover utilizzare gli spogliatoi”.

Quali sono le tue impressioni sullo svolgimento degli allenamenti individuali?
“Questa domanda mi permette di esprimere una parte di quello che ho presentato nella tesi del corso da allenatore che ho iniziato prima dell’inizio della pandemia e terminato a causa di vari blocchi e chiusure dopo qualche mese. Si era ormai capito che la ripresa degli allenamenti nella sua totalità non fosse cosi immediata quindi, ho deciso di trattare all’interno di un concetto più ampio anche l’importanza del gioco.
Ovviamente parlare di allenamenti individuali nel calcio è un po’ strano, il calcio è uno sport fatto di contatto, di pubblico, di emozioni e non solo di rapporto col pallone. Ognuna di queste componenti forma il gioco e negli allenamenti che svolgiamo durante un anno normale dobbiamo allenare al gioco i nostri ragazzi, quello che in questo momento manca. Adesso senza contatto e distanziati, non stiamo facendo allenamenti di calcio ma almeno siamo tornati a inserire un po’ alla volta delle componenti. Speriamo di tornare un passo alla volta a poterci allenare in libertà attraverso il gioco”.

In prospettiva come pensi si possa chiudere la stagione?
“Penso che le condizioni per riprendere i campionati ormai è chiaro che non ci siano. L’avanzamento della stagione però dipenderà molto dalla curva dei contagi e la mia speranza è che prima di tutto si possa tornare a fare un allenamento completo, sarebbe già qualcosa, sfruttando magari amichevoli tra le varie annate. Successivamente, verso la fine della stagione, se i numeri dei contagi lo permetteranno, si potrebbe tornare ad organizzare qualche amichevole con altre società o qualche piccolo torneo. Questo permetterebbe ai ragazzi prima di tutto di tornare a vivere tutte le fasi del gioco del calcio e, quindi, di prendere confidenza con una nuova normalità che ci deve portare a settembre a riprendere a pieno ritmo. Non si può pensare di dormire fino a settembre e poi svegliarsi e partire. Cominciare un passo alla volta significa anche rendersi conto di cosa non va e sistemarlo prima che sia troppo tardi, altrimenti l’unica soluzione rimane chiudere di nuovo”.

Hai ottenuto il patentino di istruttore Uefa B a settembre, quali sono i tuoi stimoli dopo queste due annate compromesse dalla pandemia?
“Gli stimoli non mancano e se mancano uno se li inventa. Durante il periodo di chiusura delle attività l’obiettivo era quello di prepararmi al meglio per quando avrei rivisto i miei ragazzi e, ora che finalmente ci siamo ritrovati, voglio far loro capire che durante la chiusura ho continuato a lavorare per loro. Dal punto di vista personale, ho una continua voglia di migliorarmi e di crescere anche un gradino alla volta. Questa pandemia forse ha aumentato il numero dei gradini, ma di certo non mi ferma. Non è un patentino che fa la differenza ma la continua voglia di aggiornarsi, di migliorarsi, di confrontarsi con gli altri, di ampliare le proprie idee e non soffermarsi su un’idea precisa”.

Cosa comporterà ai ragazzi questo lungo periodo di stop?
“Dal punto di vista calcistico ovviamente si avranno ripercussioni sulla parte sia tecnica che tattica intesa come scelte. Tecnico, perché si vede in tutti i campi e in tutte le annate che qualche ragazzo, soprattutto chi è stato più fermo durante la pausa, ha difficolta nell’utilizzo dello strumento questo perché nel frattempo il corpo dei ragazzi è cambiato e di conseguenza è cambiato il modo di relazionarsi con la palla. Sotto questo punto di vista ci viene sicuramente in aiuto l’allenamento individuale che ci serve per recuperare questo aspetto. Tattico, perché nel periodo di stop è stato tolto tempo alla creazione di esperienze che sono la parte fondamentale per fare in modo che il ragazzo prenda una scelta in campo o fuori nella vita di tutti i giorni. Dal punto di vista psicologico, infine, le ripercussioni possono essere ancora più gravi. Stiamo sentendo ultimamente di ragazzi che cadono in depressione perché non possono gareggiare e coltivare la loro passione e non possiamo permettere che questo accada poichè la componente sociale e psicologica nella vita è importante tanto quanto quella della salute e, spesso, sono strettamente collegate. Noto che in qualcuno inizia a essere presente la paura del contatto e questa è una sconfitta. Le informazioni vanno dosate soprattutto quando si parla con i giovani”.

Ilario Maiolo

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