A volte succede di fare delle scelte che sono non scelte, imbocchi una strada e prendi una direzione perché la vita ha quasi deciso per te, stai per fare un passo e tentenni, ti guardi indietro e “Ma davvero sto per lasciarmi alle spalle tutto questo?”, è la domanda che ti ripeti come un ossesso e a cui ti aggrappi cercando un senso, “Un senso a questa storia anche se un senso non ce l’ha”, per dirla alla Vasco Rossi.

Mister Basso D’Onofrio non è più il mister della Valceresio, questo lo sappiamo da qualche giorno, ma riuscire a sintetizzare in poche righe tutto quello che è stato, le emozioni, le spiegazioni, trovare un punto fermo e voltare pagina, è un altro paio di maniche.
Nel calcio succede che si incappi in un esonero o in dimissioni volontarie, separarsi quando tutto funziona è davvero paradossale. “È un po’ come se marito e moglie si lascino nonostante si amino, nonostante non ci siano stati tradimenti, discussioni, nulla, eppure sono costretti a lasciarsi lo stessoafferma l’ormai ex tecnico arcisatese. 

Per motivi di lavoro mia moglie e mio figlio torneranno al Sud, e la prima idea era che io rimanessi qui per fare anche quest’annata, ma una serie di circostanze hanno fatto sì che anche il mio trasferimento venisse anticipato e così…domenica contro la Sommese, è stata la mia ultima partita da allenatore della Valceresio. So che è il momento giusto per certi versi, se non lo facessi diventerebbe un rimpianto, ma dall’altro lato…”. 

La lettera che ho scritto racchiude tante coseprosegue il misterma tutto era impossibile. Sulla carta ho allenato questa squadra cinque anni, anche se poi le stagioni intere sono state due, nella prima sono subentrato, le altre ci ha pensato il covid a spezzarle, eppure questi cinque anni sono così pieni che è come se fossi qui da sempre. La Valceresio è stata la mia seconda famiglia, non avrei potuto chiedere di meglio sia dal punto di vista calcistico ma soprattutto dal punto di vista umano, ho dato tanto e ho ricevuto di più, non so nemmeno come spiegarlo…

È successo tutto molto velocemente nelle ultime settimane, ma come lo hai detto alla società e alla squadra?
Il direttore lo sapeva da qualche giorno, ai ragazzi avrei dovuto dirlo martedì all’ultimo allenamento ma non ce l’ho fatta, domenica dopo la partita con la Sommese sono scoppiato, è avvenuto in maniera spontanea ma non riuscivo più a tenermelo dentro, è stato tremendo, da lì in poi ho fatto 36 ore di pianto ininterrotto, poi martedì al campo ci siamo salutati ed ho chiuso il cerchio, mi è spiaciuto anche non chiudere con una vittoria ma mi sono assunto tutte le responsabilità di quel ko, non ho preparato la squadra nel modo giusto, ero vuoto, la mia testa era già altrove”.

Difficile citare un momento indelebile, ma se ti dovessi chiedere il tuo più grande orgoglio?
Risposta secca: aver portato alcuni Juniores in Prima Squadra ed averli aiutati ad essere un punto fermo. Facevano fatica, li ho cresciuti, spronati, li ho visti diventare uomini e conquistarsi una maglia da titolare: erano fuoriquota che facevo giocare anche con un pizzico di incoscienza, si sono presi il loro spazio in mezzo a quel rettangolo verde. Questa è la mia più grande soddisfazione”.

A proposito di Juniores, si interrompe anche questo rapporto visto che eri anche il loro allenatore…
Eh sì, duplice ruolo e duplice addio. Per la Juniores è un po’ diverso perché loro sono più abituati al cambiamento, ma ovviamente mi dispiace, avrò ancora un allenamento per salutarli e ringraziarli”.

Non per mettere il coltello nella piaga ma siete spesso arrivati lì lì, quasi a vincere. Poi i numeri, invece, raccontano di un playoff sfumato all’ultimo, di un playoff perso, ed un pugno di mosche in mano. Hai qualche rimpianto?
Ora posso anche dirlo: dopo la sconfitta con il Ferno mi sono chiesto se avessi ancora qualcosa da dare a questi ragazzi. Si cambia un po’, ci si aggiorna, ma alla fine resto sempre io. Qualche dubbio l’ho avuto; la società, invece, non ne ha avuti e, smaltita la delusione, sono partito più carico di prima perché è stata nuovamente costruita una squadra all’altezza e sarei tanto voluto arrivare in fondo visto che questa stagione prometteva bene. Non aver vinto con questa squadra mi lascia dell’amaro in bocca, sarei bugiardo se dicessi il contrario”.

Cosa auguri loro e cosa auguri a te stesso?
Io alla Valceresio auguro il meglio ed auguro di vincere, ma davvero lo dico, in tutto ciò credo che la mia partenza possa anche dare una scossa alla squadra. Faccio il mio più grande in bocca al lupo al nuovo mister (Andrea Tomasoni ndr) e chissà che questo non diventi davvero l’anno buono. A me stesso auguro due cose: di poter allenare anche altrove perché è una mia esigenza, senza non so stare, e spero che questo sia solo un arrivederci”.

Ultimissima. Era il 5 novembre 2017: a Cairate piove a dirotto, Tomè al 94esimo regala la prima vittoria alla Valceresio dopo un avvio disastrato e in panchina c’è un nuovo mister, sconosciuto a molti. Un certo Basso D’Onofrio. Il DS Marchesi dirà “Ho pescato un jolly”. Ti saresti mai aspettato tutto quello che c’è stato da quel giorno ad oggi? 
Mai, non avrei nemmeno potuto immaginarlo (sospira ndr), ora metto tutto in valigia e tolgo il disturbo, grazie Valceresio, grazie”. 

La storia tra D’Onofrio e la Valceresio finisce qui. È una storia che potrebbe avere mille risvolti e mille significati, o forse è solo la conferma che no, nel calcio non contano solo i numeri. Si può essere vincenti pur senza essere arrivati primi. 
Buona fortuna, mister.

Mariella Lamonica

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