I giocatori passano, le società restano. Quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase, che ormai risuona come un mantra per dimostrare la grandezza e il blasone dei club rispetto ai protagonisti che diventano parte della loro storia. Ma è davvero così? Sono le società a restare? Pensiamoci bene: quando un sodalizio sportivo fallisce, esso perde il titolo, lo stemma, i riconoscimenti ottenuti fino a quel momento e molto altro. C’è qualcosa però che non si disperde, rappresentando la base per l’avvenire, per la costituzione di una nuova realtà sportiva che possa farsi ereditiera del passato e vettore del presente: i colori sociali, che prendono vita manifestandosi in tutta la loro importanza attraverso iconografie materiali quali sono le maglie da gioco.

Già, le maglie, così cariche di simbologia e significato, tanto per chi le indossa quanto per chi le osserva. Idolatrate, oggetti di culto per qualcuno, nell’eterna lotta tra tradizionalisti e avanguardisti queste diventano tanto oggetti di scambio quanto assoluti cimeli museali, meritevoli d’esser visionati da ogni genere di pubblico: dai bambini di ieri, oggi divenuti maturi e colmi di ricordi, fino ai “Bambini di poi”, come direbbero i Matia Bazar, curiosi di scoprire le radici nelle quali la passione calcistica affonda i propri sedimenti e sentimenti.

Rosso come il sangue, simbolo d’amore e al contempo violenza; bianco come la luce, segno di purezza e opposizione chiara alle oscurità. Il Varese poggia il suo cromatico status quo su questi due colori così carichi di storia: ma è sempre stato così? La risposta la si trova nel suo atto di fondazione, articolo 1: “Il 22 marzo 1910, in Varese, si costituisce una Società per il giuoco del calcio, col nome di Varese Foot-Ball Club. Scopo della Società è lo sviluppo del gioco del calcio all’aria aperta. I colori sociali sono bianco e viola”. (nella foto a lato Bruno Limido con la maglia celebrativa in occasione del centenario).
L’accostamento dura solamente sedici anni, fino al 1926, giusto in tempo per assaporare il campionato di Seconda Divisione, corrispondente dell’attuale Serie B. In occasione della creazione della Varese-Sportiva, polisportiva nella quale viene racchiusa la sezione calcistica, le divise si dipingono di bianco e rosso, al fine di richiamare lo stemma della città e con l’intentò di creare un senso di continuità.

Il Varese vive in biancorosso i momenti più alti e più bassi della sua storia: dai gloriosi anni della Serie A fino alla discesa in Terza Categoria, le divise non hanno mai visto mutare il proprio marchio di fabbrica, assecondando alla tradizione cromatica lo stile dettato dalle mode e dai costumi attraverso le decadi. Inizialmente le divise sono semplicissime, prevedendo una divisa rossa per le partite in casa, bianca per quelle in trasferta e all-black per i portieri. È nell’immediato dopoguerra che si iniziano a vedere piccoli dettagli decorativi sulle maglie, nella fattispecie sul colletto e sul bordo delle maniche. A cavallo degli anni ’50 e ’60, ecco l’avvento incostante dello stemma, il cui richiamo principale è sempre rappresentato dalla lettera V. Il 1964 è l’anno della prima storica promozione in massima serie, alla quale i bosini approcciano con una elegante maglia rossa, sormontata da un grosso colletto bianco le cui ali si spingevano fin sopra le spalle. È il periodo in cui la società guidata dall’indimenticabile Giovanni Borghi delizia i tifosi con maglie distinte, volendo giocare con le particolarità al fine di entrare nell’immaginario collettivo dei supporters. Come nel 1965, quando la squadra scende in campo con una grossa V sul petto, la cui estremità si dipanava fin lungo l’addome.

Con la chiusura delle frontiere calcistiche italiane, dal 1966 il Varese sceglie per diverse stagioni la via della sobrietà, optando verso kit maggiormente legati ai colori sociali che non allo stile e all’innovazione. Per vedere delle novità bisogna attendere la metà degli anni ’70: negli anni dell’ultimo saliscendi tra Serie B e Serie A, infatti, ecco l’arrivo della banda verticale, dapprima centrale dal colletto fino al petto e successivamente laterale lungo tutta la maglia. Siamo agli sgoccioli della rivoluzione stilistica, quella che porta le aziende finanziatrici esterne a occupare il proprio spazio sulle divise, divenendo non solo motivo di guadagno economico per le società ma anche un vero e proprio segnalibro temporale per i tifosi, capaci di associare ai ricordi delle stagioni sportive il relativo sponsor. I primi club italiani a tracciare la strada furono l’Udinese e il Perugia tra 1978 e ’79, facendo da apripista per tutte le restanti società.

Il Varese si adegua al cambiamento a partire dal 1980, facendo comparire dapprima il marchio tedesco Adidas come fornitore tecnico, successivamente con il primo sponsor ufficiale: la Hoonved, azienda di Venegono Superiore specializzata nella realizzazione di sistemi di lavaggio di vario genere. La ditta fondata da Erminio Dall’Oglio rimane sul petto dei biancorossi per tre stagioni, prima di essere sostituita da Antifurti Gemini. Nel quadriennio contraddistinto dall’azienda di Bodio Lomnago prima e da Latte Varese poi, Adidas esprime la moda degli anni ’80 regalando tanto ai giocatori quanto ai tifosi maglie memorabili, caratterizzate da bande orizzontali nell’84-85 e da sottili righe oblique fino al 1988, anno del primo fallimento societario.

Il sodalizio cambia nome in Varese F.C. e riparte dalla C2, affidandosi alla veneta Diadora per la fornitura delle divise e alla locale Tigros per la sponsorizzazione. Sono anni in cui la squadra viene affidata a personaggi come Claudio Milanese e Luigi Orrigoni per cercare di riconsolidarsi sotto tutti i punti di vista, da quelli economici a quelli sportivi. Si arriva così al 1993, anno spartiacque. La maglia griffata dall’inglese Umbro e da Merlett Tecnoplastic lascia le tipiche divise all-red e all-white per affidarsi ad una maglia bianca sormontata da una larga fascia verticale rossa, richiamando la celebre tenuta dell’Ajax di Amsterdam. Nonostante il nono posto conquistato in C2, la società decide volontariamente di ripartire dalla Serie D per rinsaldare la propria situazione economica. La scelta coraggiosa paga, poiché è tra i dilettanti che arriva il primo trofeo nazionale: la vittoria in Coppa Italia Dilettanti, condita dal primo posto ottenuto nel Campionato Nazionale Dilettanti, e seguita nella stagione successiva dal trionfo in Coppa Italia Serie C.

Gli anni novanta portano una novità oggi scontata, ovvero i nomi abbinati ai numeri sul retro delle maglie. Per il Varese la riforma è sancita dallo stemma, ora presente in pianta stabile sul lato sinistro rispetto al cuore. Le divise, tornate al classico rosso per i match casalinghi e bianco per le trasferte, sono semplici nella linea, ma vedono un susseguirsi di sponsor negli anni di assestamento in Serie C. Tra questi si ricordano nuovamente Tigros (’93-’94), Gandini Activ Group (’96-’97) e Si Viaggi Varese (’97-’99). Con l’avvento di Erreà come fornitore e Compagnia Italiana Turismo (CIT) come principale sostenitore, la squadra guidata da Paolo Binda in presidenza, Stefano Capozucca in direzione e Mario Beretta sul campo, sfiora nel 2000 l’ambito ritorno in Serie B, accontentandosi però del quarto posto finale. L’azienda parmense di abbigliamento sportivo propone divise rosse con interessanti motivi bianchi sia al centro che sulle spalle.

Il nuovo fallimento societario decretato nel 2004, porta la società alla rifondazione sotto il nome di Associazione Sportiva Varese 1910, la cui storia durerà una decina d’anni. La rinascita porta un cambio radicale: la prima maglia si veste di bianco, lasciando al rosso il compito di accompagnare la squadra in trasferta. Erminio Dall’Oglio, vecchia conoscenza dell’Ossola, si affida a uomini di fiducia quali Maroso, Belluzzo e Sogliano per ripartire dall’Eccellenza, accompagnati nuovamente da Umbro e da Malpensa Logistica Europa (MLE) sul petto. La sponsorhip porta bene, perché i biancorossi riescono a centrare una doppia promozione fino alla terza serie, coronata nel 2006.

Si giunge al 2008 per il cambio di proprietà: ecco l’avvento dell’imprenditore Antonio Rosati assieme all’A.D. Enzo Montemurro. L’impatto è sorprendente, riuscendo a vincere il campionato di Seconda Divisione al primo anno e centrando la promozione in B al secondo. Per l’esordio in cadetteria dopo ben venticinque anni dall’ultima apparizione, Varese sfoggia un’elegante maglia bianca con inserti rossi fornita dalla calabrese Onze e patrocinata dalle ditte Oro In Euro e Ing. Claudio Salini. La positiva stagione si conclude con la sconfitta ai playoff contro il Padova, ma genera aspettative importanti per l’annata 2011-2012. Assieme ad un mercato ambizioso, ecco il ritorno di Adidas e l’introduzione di una terza divisa completamente nera con inserti rossi. La rosa guidata da Rolando Maran in panchina sfiora nuovamente la promozione verso la A, lanciando il Varese verso una nuova notorietà a livello nazionale. Adidas e Oro in Euro rimangono sulle semplici ma accurate divise, ma gli obiettivi stagionali vengono disillusi dai risultati: i biancorossi rimangono fuori dalla zona playoff.

L’estate 2013 si rivela ricca di cambiamenti all’ombra del Sacro Monte. In primis, Antonio Rosati lascia la società in mano a Nicola Laurenza, proprietario del main sponsor Oro In Euro; la fornitura è affidata alla campana Zeus Sport, che propone una bella maglia bianca coperta da una croce rossa su tutto l’anteriore. Sarà purtroppo l’inizio della fine, poiché nel giro di due anni scarsi il Varese conoscerà nuovamente l’oblio del fallimento, dovendo ricominciare la propria storia dall’Eccellenza.

Il rosso torna ad essere predominante con la bolognese Macron e le aziende Life e Gagà Milano, che detengono anche alcune delle quote societarie. La squadra vince subito il campionato e si presenta in Serie D mantenendo il template previsto sulle maglie anche per le stagioni successive. A cambiare saranno però le gerarchie all’interno della presidenza, con un andirivieni di proprietari e dirigenti che si concluderà con la liquidazione del 2019. Il neonato Città di Varese, prosecutore della tradizione calcistica cittadina, riparte dalla Terza Categoria ma è solo una situazione temporanea. Già, perché l’estate 2020 porta con sé il nuovo avvicendamento in Serie D grazie all’acquisizione dei diritti sportivi del Busto 81. La società guidata da Stefano Amirante, partita inizialmente con la calabrese Ready, sfoggia da due stagioni un’elegante divisa firmata da Kappa, libera da grosse sponsorizzazioni sulla maglia, così da mettere in risalto i gloriosi colori che contraddistinguono da un secolo il blasone sportivo del Varese.

Questo sarà il 113° anno di tradizione calcistica a Varese, una storia a tratti tormentata ma capace di regalare emozioni profonde attraverso risultati memorabili, nel segno di quella divisa biancorossa che ha segnato le generazioni passate e scandirà i tempi di quelle future. Tante se ne sono viste, tante altre se ne vedranno, con la speranza univoca conservata dai tifosi che le maglie possano sempre essere onorate, nella buona e nella cattiva sorte. Perché chi ama il Varese, ama il calcio e con i sentimenti non si scherza.

E allora tanti auguri Varese, nell’auspicio possano esserci altri 113 di questi anni, ricchi di soddisfazioni e con un unico comune denominatore cromatico: il biancorosso!

Dario Primerano

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui