Senza dubbio è l’uomo del momento della Varese calcistica, ma Stefano Banfi sta vivendo il suo periodo d’oro in campo (6 dei 13 gol biancorossi sono suoi) con estrema naturalezza, spontaneità e umiltà. Caratteristiche che lo accompagnano tanto sul rettangolo verde quanto fuori e, con un sorriso al termine di un’intensa sessione di allenamento, l’attaccante classe ’00 conferma: “Qui a Varese vivo ogni giorno con lo stesso entusiasmo di quando sono arrivato: do il massimo in allenamento e in partita, consapevole di essere in un gruppo forte e qualitativo nel quale devo costantemente meritarmi l’opportunità di partire titolare”.

Doppietta contro il PDHAE e contro l’Albenga: in entrambi i casi un gol di destro e uno di sinistro. Il piede non fa differenza quando calci: è un dono o dietro c’è tanto allenamento?
“Sono stato abituato fin da piccolo a usare sia il destro che il sinistro e oggi ne raccolgo i frutti: se ho lo spazio, da qualsiasi posizione, il primo istinto è quello di calciare. Domenica mi è andata bene in occasione dell’1-0 grazie alla deviazione di un avversario, mentre nel secondo caso ammetto che è stato proprio un bel gol”.

Ad oggi sei tra i giocatori più amati della tifoseria…
“Se è davvero così non può che farmi piacere perché per un giocatore è sempre bello sentirsi apprezzato. Il fatto di segnare con regolarità sicuramente aiuta, ma dal mio punto di vista sono rimasto lo stesso delle prime giornate, quando il pallone non entrava. Ciò che conta è l’attitudine, le reti sono una conseguenza, ma è ovvio che per un attaccante segnare è sempre bello e spero di non fermarmi qui. Obiettivo? Segnare il più possibile. L’obiettivo della squadra non lo dico…”.

Il primo gol è arrivato quasi come una liberazione, ma fino ad allora hai sempre goduto della massima fiducia da parte di mister Cotta che, tra l’altro, avevi già avuto al Verbano; che rapporto hai con lui?
“Il mister ha fiducia in tutto il gruppo, non solo in me. Sicuramente il fatto di aver già lavorato con lui mi ha aiutato ad entrare più facilmente nei meccanismi di gioco, ma altrettanto ha fatto il resto della squadra. A livello personale c’è poco da dire: abbiamo un rapporto bellissimo, e non è retorica, fatto di fiducia e rispetto reciproco. Con Cotta le cose ce le si dice in faccia, com’è giusto che sia”.

Varesina a parte, hai girato praticamente tutti i “top team” della provincia. Castellanzese, Caronnese, Pro Patria e aggiungiamo anche il Legnano: cosa ti hanno lasciato queste esperienze?
“Ogni capitolo ha una storia a sé, con i suoi alti e i suoi bassi, ma ogni squadra mi ha dato e rafforzato un’unica grande consapevolezza: l’allenamento è lo specchio della partita. Poi ci sono le esperienze e i compagni di squadra, giocatori che sanno il significato del “giocare a calcio” e da cui bisogna prendere spunti. Non posso ricordarli tutti, ma ne ho trovati parecchi che mi hanno lasciato davvero tanto. Tra questi posso citare, non certo perché è qui adesso, Vitofrancesco: giocatore fenomenale e persona vera che dà tanto in campo e nello spogliatoio”.

E Varese cos’ha di diverso?
“La storia. Sembrerà banale, ma Varese ha una grande storia alle spalle, e non sono certo io a dirlo, che ti spinge a dare ancor di più in campo. Indossare questa maglia è uno stimolo costante”.

Complice l’infortunio, in Serie C con la Pro Patria hai trovato poco spazio. Sei pronto a tornare nel professionismo?
“Sarò schietto: ora sono a Varese e voglio solo pensare al Varese. L’infortunio mi ha complicato la stagione e mi auguro di potermi prendere la mia rivincita, magari proprio con la maglia del Varese, ma adesso ho solo una preoccupazione: la Sanremese. Poi sarà il Derthona e poi tutte le altre, fino alla fine della stagione”.

Colgo l’assist: che partita ti aspetti domenica a Sanremo?
“Una sfida complicatissima perché la Sanremese in casa è una squadra ben diversa dalla Sanremese fuori. Intendiamoci: parliamo sempre di una realtà importante, un gruppo solido e con individualità importanti, ma Sanremo ha un che di particolare. Diciamo ce è il loro fortino e là non ci sono mai partite facili; me ne sono accorto l’anno scorso con il Legnano. Detto questo, noi abbiamo solo un obiettivo: i tre punti”.

Si parla sempre di Varese come una squadra dalle potenzialità immense. Potenzialità che, fin qui, si sono viste solo a sprazzi: cosa serve per far scattare la scintilla?
“Dobbiamo acquisire maggior consapevolezza della nostra forza. Non dobbiamo farci spaventare dall’avversario di turno, ma entrare in campo consapevoli di essere noi quelli da battere”.

Abbiamo conosciuto e stiamo conoscendo il Banfi in campo. Il Banfi fuori dal terreno di gioco com’è?
“Un ragazzo tranquillo che conduce una vita normalissima. Devo dire grazie alla mia famiglia e alla mia fidanzata perché mi sono sempre stati vicini in qualsiasi decisione e mi hanno sempre sostenuto in qualsiasi ambito”.

Sei appassionato di fotografia: ci sono aspetti in comune con il calcio?
“In entrambi i casi c’è un lato artistico da tenere in considerazione: la fotografia è arte, così come una giocata spettacolare più essere definita artistica. L’aspetto più importante, comunque, è il saper cogliere l’attimo o per scattare la foto perfetta o per segnare”.

LA SCHEDA DI STEFANO BANFI

Data di nascita: 26 agosto 2000
Ruolo: attaccante
Piede: destro
Altezza: 1.84cm
Numero di maglia: 9

Pregio: umile
Difetto: non bevo (“A volte è un difetto”, ride ndr)

I PREFERITI
Squadra del cuore
: Inter
Giocatore: Cristiano Ronaldo
Auto dei sogni: una con quattro ruote
Film/Serie TV: Vikings
Cantante: Katy Perry
Animale: cane
Colore: arancione
Mare o montagna: montagna
Bionda o mora: bionda

Matteo Carraro

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