Due anni mezzo. Il tempo che Matilde Zanoncini ha impiegato per debuttare nel mondo del calcio, crescere e prendersi un posto tra protagonista tra le grandi. Difensore di gamba (e personalità), la classe ’06 è arrivata in punta di piedi nel mondo biancorosso ma ha conquistato in fretta la fiducia di mister Bottarelli e delle compagne diventando titolare praticamente inamovibile del Varese femminile.

Dietro la tempra da giocatrice navigata, c’è però la semplicità di una ragazza di 17 anni che si divide tra la scuola (il liceo classico), il calcio (giocato e non) e la vita privata (nella sua Cantello). “Ammetto che avevo un filo di paura mista ad emozione nell’arrivare a giocare per il Varese – esordisce Zanoncini – perché in fondo non ho chissà quale esperienza e pensavo che avrei pagato il gap d’età con le compagne. Invece sono stata accolta al meglio, mi sono integrata subito e sto trovando parecchio spazio. Sono felicissima di essere qui”.

Visto che la passione per il calcio c’è sempre stata, perché a tua carriera è iniziata così tardi?
“Diciamo che ho fatto un po’ di tutto: dal karate al nuoto passando per il tennis e l’atletica. Mamma Katia non era convintissima del calcio, nonostante papà Oscar, da cui ho ereditato la passione e la fede interista, mi abbia sempre spronata. Alla fine sono riuscita a iniziare, superando il timore di non riuscire a far coincidere studio e sport, e mamma è forse ora la più contenta. Il gol contro il Parabiago è ovviamente dedicato a loro che mi seguono sempre, e anche alla mia sorellina Anastasia: lei, purtroppo, è juventina (ride, ndr) ma le voglio bene lo stesso. Con lei è sempre un derby, a maggior ragione adesso che ci avviciniamo a Inter-Juve… (ride ancora, ndr)”.

Già l’anno scorso ti eri avvicinata al Varese: come mai sei arrivata solo ora?
“È da due anni che sono in orbita biancorossa, sono anche venuta a vedere qualche partita, ma i contatti veri e propri sono iniziati alla fine della scorsa stagione. Prima di provare l’esperienza in Eccellenza volevo fare un altro anno di gavetta con la Juniores delle Azalee: è stata una scelta di crescita perché volevo arrivare il più pronta possibile ad una categoria decisamente impegnativa”.

E la stagione com’è andata?
“Dal punto di vista calcistico molto bene perché ho avuto modo di migliorare tanto e per questo ringrazio lo staff. A livello di gruppo quest’anno c’è invece stato un salto di qualità enorme: alle Azalee stavo bene, ma qui a Varese ho trovato un sostegno che non avrei mai pensato di trovare. Sono tra le più piccole e molte compagne mi hanno preso sotto la loro area protettiva, vedendomi un po’ come una sorellina; di questo le ringrazio e sono felice di come stiano andando le cose”.

Gavetta che ti è servita a ritagliarti un ruolo da protagonista, ma la strada da fare è ancora tanta…
“Ed è giusto che sia così. Nelle giovanili pensavo più che altro alla fase difensiva; in Eccellenza mi sono accorta che devo migliorare tanto soprattutto a livello offensivo. Il mister comunque si fida, crede in me, nella mia corsa e nella resistenza, forse le mie caratteristiche migliori, e mi sprona a salire sulla fascia per mettere cross e, perché no, entrare in area cercando la conclusione. Da buona interista diciamo che mi piacerebbe avere il mancino di Di Marco, anche se io adoro Lautaro”.

Passiamo all’attualità: dopo la prestazione monstre di due settimane fa, domenica cosa non ha funzionato?
“Sapevamo che sarebbe stato difficile riconfermarci e purtroppo abbiamo compiuto un passo indietro: siamo entrate in campo con voglia, ma è mancato quel pizzico di grinta che avrebbe potuto fare la differenza. Senza dubbio non è stata una gran partita, abbiamo sbagliato tanto, ma se non altro ci abbiamo provato fino alla fine. Quel gol concesso ci ha destabilizzate: dal campo noi abbiamo avuto la sensazione che la palla fosse fuori, l’arbitro non poteva vedere, ma la sua decisione va rispettata”.

Forse per dare il meglio vi serve un avversario più “forte”?
“Di sicuro affrontare squadre di livello dà stimoli maggiori, ma non credo sia quello il problema perché comunque riusciamo sempre ad esprimere un gran bel gioco. La nostra difficoltà sta nel concludere: portiamo troppo il possesso senza tirare e, viceversa, paghiamo ingenuità che ci costano care. La costante è che ci succede contro squadre particolarmente fisiche. Come ci si sblocca? Aiutandosi. Se non si segna non è colpa delle attaccanti, perché le responsabilità vanno spartite fra tutte noi: sappiamo di avere potenzialità che ad oggi non stanno uscendo, ma l’augurio è di trovare sempre più consapevolezza”.  

Domenica affronterete il Parabiago, una sfida “morbida” sulla carta; quali rischi nasconde un match del genere?
“A inizio mese abbiamo vinto 5-0 in Coppa Italia e dovremo essere brave a dimenticare quel match per ripartire da zero. Come ho detto prima sappiamo di essere al di sotto delle nostre possibilità perché abbiamo perso tanti punti che non dovevamo perdere; serve un cambio di mentalità, ma sappiamo di avere le carte in regola per arrivare lontano attraverso gli allenamenti e la fiducia del mister”.

E il tuo sogno?
“Sarò sincera: non ne ho uno. Voglio solo continuare la mia carriera al massimo delle mie possibilità e spero di poter arrivare davvero lontano”.

Matteo Carraro

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui