Alviti e Brown, così non va.

Sono tante le considerazioni che si stanno facendo in casa Pallacanestro Varese dopo la sconfitta per 80-84 contro la Vanoli Cremona: la seconda della Valtellina Summer League dopo quella rimediata con Trento, la terza in totale su tre partite di questa pre-season.

Per carità, ogni giudizio e considerazione vanno racchiusi nel contesto della pre stagionalità e quindi con tutte le attenuanti fisiche, tecniche, tattiche e di approccio mentale del caso, però certamente un precampionato costituito in maniera così intelligente finora, composto da partite vere contro squadre che poi saranno avversarie di Varese nel corso della stagione, permette di fare qualche ragionamento su quello che è lo stato dell’arte in casa biancorossa.

Uno stato dell’arte che, al di là delle evidenti ed oggettive lacune che il caso Okeke ha creato nel reparto lunghi e del più ampio capitolo della doppia fase di gioco biancorossa (in netta difficoltà contro Cremona per 35′), si può incentrare sulle prestazioni fino ad ora messe in campo dalla coppia fulcro di questa squadra: Davide Alviti e Gabe Brown.

I due, sia contro Trento che contro Cremona, hanno incontrato molte difficoltà, giocando due gare insufficienti sotto tutti i punti di vista: abulici in attacco e per nulla concreti in difesa. Una condizione che, in maniera diretta, ha poi influenzato la prova generale di tutta la squadra che su loro due fa forte affidamento, anche in base alla struttura con cui è stato costruito questo gruppo.

Un gruppo che, senza un 4 vero di ruolo, ha scelto Brown e Alviti per avere versatilità, interscambiabilità e grande alternanza nel doppio ruolo di 3/4, non dando punti di riferimento alle difese avversarie grazie alla possibilità di abbinare due giocatori diversi ma capaci di dare le stesse cose ai biancorossi: punti, soprattutto nel tiro da oltre l’arco, atletismo e difesa.

Tutte cose che sono mancate clamorosamente in queste prime tre uscite e se per Alviti lo smarrimento nel nuovo sistema di gioco è stato talmente palese da far capire come al giocatore serva ancora tempo per integrarsi in un contesto di basket assolutamente differente da quello mai giocato (ed è normale sia così), per Brown le scuse stanno a zero, essendo uno dei pochi rimasti dalla passata stagione ed ormai più che integrato in quello che è il modo di fare basket a Varese.

Soprattutto la fase difensiva, al centro delle cronache biancorosse, è quella che è venuta meno: perché se Brown ed Alviti sono giocatori che hanno punti nelle mani e che li avranno anche in questa stagione, nella propria metà campo attitudine e voglia di sporcarsi le mani, di sudare e faticare sono indipendenti dal contesto di gioco. Negli occhi abbiamo ancora il canestro, poi annullato, di Nikolic che in 4 secondi batte Brown in palleggio a metà campo e va a schiacciare al ferro senza trovare opposizione.

Un esempio ma che racconta poi quello che dovrà essere il ruolo dei due, che dovranno fungere da frangiflutti soprattutto nei momenti in cui Akobundu-Ehiogu sarà in panchina in campionato per dare maggior copertura del pitturato ad una squadra che ad oggi viene troppe volte infilata con facilità nel mezzo.

Serve un cambio di marcia da parte loro per facilitare il lavoro di coach Mandole che ha bisogno che due giocatori come loro diano la spinta agli altri di fare quello sforzo difensivo in più, perché se questo non dovesse avvenire il rischio di risentire lo sfogo dell’allenatore argentino del post Trento anche in tante altre occasioni, diventerebbe quanto mai elevato.

Alessandro Burin
Foto Ossola

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