
Esperto di Judo con una lunga carriera alle spalle, il Maestro Paolo Malaguti è una figura di riferimento nel panorama marziale lombardo. Attivo tra Busto Arsizio, Varese, Nerviano e all’interno del Comitato Regionale Lombardo FIJLKAM, il Maestro approfondisce in questa intervista la seconda parte del Koshiki no Kata, l’Ura No Kata, analizzandone aspetti storici, filosofici e tecnici. Un percorso che lo ha condotto fino in Giappone, dove ha ricevuto importanti riconoscimenti dalla massima istituzione mondiale del Judo: il Kodokan di Tokyo.
Maestro Malaguti, cosa tratta la seconda parte del suo libro?
“In linea generale riguarda un kata del Judo, il Koshiki no Kata risalente circa al 1640, epoca del Giappone Feudale, epoca dei Samurai e Periodo Edo, formato da due parti, l’Omote No Kata e l’Ura No Kata; precisamente la seconda parte è dedicata proprio all’Ura No Kata. I kata del Judo si eseguono in coppia: la parte Omote comprende quattordici tecniche, mentre la parte Ura è composta da sette”.

Quali sono i riferimenti socio-culturali del suo libro?
“Il volume comprende un’ampia parte storica curata da Emanuele Bertolani, docente universitario studioso del Giappone e della lingua giapponese, nonché esperto di Kito ryu, ovvero la scuola che ha concepito il Koshiki no Kata come metodo di allenamento dei propri soldati (Samurai, ndr). Il Prof. Bertolani traduce anche antichi testi storici nipponici e conosce bene gli antichi ideogrammi giapponesi. Il mio riferimento per questo kata è stato il Maestro Toshiro Daigo, 10° Dan Kodokan, deceduto tre anni fa, che scrisse un libro di circa cinquecento pagine dal quale emerge l’aspetto filosofico, oltre a quello pratico, del Koshiki no Kata. Ciò che ho curato personalmente riguarda la parte tecnica, relativa allo svolgimento del kata”.
Come i Samurai concepivano i kata del Judo?
“Durante il Periodo Edo in Giappone, il Judo Kodokan non era ancora nato; Kano Jigoro Shihan, fondatore di questa arte marziale, ha codificato a partire dal 1882 alcune tecniche del Jujutsu che avevano come scopo originario consentire ai Samurai di sopravvivere in una situazione di combattimento senza l’uso delle armi”.
Secondo lei, quando occorre introdurre i judoka al kata?
“Dipende dal tipo di kata; ad esempio, per il conseguimento della cintura nera 1° Dan, sono previsti dei kata basilari (Randori no Kata, ndr) più affini a quella che è anche la pratica sportiva, mentre per ottenere i Dan successivi è necessario dimostrare la conoscenza dei kata successivi, sino a giungere ai kata superiori che, per complessità, comportano ulteriori difficoltà. Per arrivare a questi si deve aver già assimilato i kata precedenti”.
Avete anche dei judoka agonisti?
“Io insegno a Busto Arsizio, Varese, Nerviano e anche per il Comitato Regionale Lombardo; in tutti questi ambiti i judoka, oltre all’allenamento di routine, svolgono anche gare di Shiai (combattimenti di Judo sportivo, ndr) ma non competizioni di kata. Personalmente seguo un gruppo di studiosi che praticano esclusivamente Koshiki no Kata; ci soffermiamo sia sull’aspetto pratico, sia su quello teorico, perché i kata del Judo esprimono dei principi tecnici che non possono non prescindere da una conoscenza storica di ciò che si sta praticando”.

Prevede per caso un futuro risvolto sportivo del Koshiki no Kata?
“In generale alcune scuole di Judo partecipano a gare di kata, queste forme si eseguono in coppia; si tratta di una novità introdotta nel mondo del Judo dai primi anni duemila. La federazione giapponese è tuttora scettica in merito all’introduzione di Itsutsu e Koshiki no Kata nelle competizioni perché vanno dimostrati elementi difficilmente valutabili da una commissione; ciononostante, attualmente anche questi due kata sono oggetto di competizioni nazionali e internazionali. Personalmente ritengo che Itsutsu e Koshiki no Kata non siano facilmente valutabili, sia per la complessità delle esecuzioni, sia per l’oggettiva difficoltà di reperire la quantità necessaria di giudici che abbiano la capacità di valutare gli elementi interiori che devono necessariamente trasparire durante le esecuzioni di questi Kata”.
Quale nuovo titolo ha conquistato?
“Nel luglio 2025, durante il “Kata Contest” la commissione del Kodokan mi ha riconosciuto per la seconda volta (la prima nel luglio 2023, ndr) il diploma di Jukutatsu per la mia esecuzione del Koshiki no Kata, in coppia con un giovane judoka coreano che vive e studia nel Paese del Sol Levante. Questo diploma rappresenta il risultato più alto in assoluto ottenibile nello studio del Koshiki no Kata. Nel settembre 2025 il Kodokan di Tokyo ha ratificato l’esito dell’esame da me sostenuto nel luglio 2024, quindi, a distanza dei dodici anni previsti dopo l’ottenimento del 6° Dan, dopo la presentazione della domanda, la valutazione del curriculum e un lungo esame tecnico comprendente anche l’esecuzione dei kata previsti nei ruoli sia di Tori sia di Uke, mi è stato conferito il 7° Dan Kodokan”.
Nabil Morcos